Salvare il re

Gli USA e gli altri paesi occidentali cercano di uscire dignitosamente dalla crisi libica, manifestando sostegno agli insorti, ma, allo stesso tempo, adoperandosi per trovare una scappatoia per Gheddafi, leader certo insostenibile ma, contemporaneamente,  con grande possibilità di ricatto ad ampio raggio. Palese l’imbarazzo di Frattini ieri sera a La 7, fra le domande di […]

Gli USA e gli altri paesi occidentali cercano di uscire dignitosamente dalla crisi libica, manifestando sostegno agli insorti, ma, allo stesso tempo, adoperandosi per trovare una scappatoia per Gheddafi, leader certo insostenibile ma, contemporaneamente,  con grande possibilità di ricatto ad ampio raggio. Palese l’imbarazzo di Frattini ieri sera a La 7, fra le domande di Lilli Gruber e Vittorio Zucconi, circa i rapporti privilegiati fra Berlusconi ed il “rais” e nell’evidenza di “segreti” inconffessabili che legano lo stesso agli Usa e alla Gran Bretagna. Al contempo, da noi, la maggioranza passa all’azione e solleva il conflitto di attribuzione sul dossier Rubygate, per cercare un salvataggio nei confronti di Berlusconi, ad un passo, ormai, dalla prima udienza fissata per il 6 aprile. In una lettera al presidente della Camera Fini i capigruppo di Pdl, Lega e Responsabili mettono la questione sul tavolo dell’Ufficio di presidenza nella convinzione che all’assemblea parlamentare non può essere “sottratta una propria autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria, nè tanto meno – ove non condivida la conclusione negativa espressa dal Tribunale dei ministri – la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale,  assumendo di essere stata menomata, per effetto della decisione giudiziaria, della potestà riconosciutale dall’articolo 96 della Costituzione”, come spiega il documento firmato da Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli,  secondo i quali il punto è tutelare la correttezza e la dialettica tra poteri dello Stato.  La Lega fa quadrato attorno al Cavaliere nel giorno in cui viene deciso di mettere la fiducia sul federalismo municipale. Fiducia chiesta e ottenuta da Bossi, il quale ha spiegato di non volere sorprese oggi in aula, nonostante il centrodestra abbia una maggioranza sicura. Teme agguati da parte dei deputati del gruppo dei Responsabili,  in fibrillazione perché non stanno incassando le nomine promesse dal premier. Quanto al leader del Pd Bersani, ha facile destro per gridare che questo è “federalismo salva processi”, anche se dovrebbe tacere dopo il do ut des, pubblicato da Il Giornale, in base al quale la Lombardia riesce ad approvare la legge sui 150 anni dell’Unità d’Italia, ma per firmare l’armistizio deve barattare con la Lega l’istituzione di una Festa e una bandiera regionale ed in cambio, i “lumbard” aiutano il Pd nell’ottenere fondi per l’Unità. Il leader dell’IdV Di Pietro commenta:” Come al solito l’ignoranza e l’arroganza si sommano in Parlamento pur di assicurare, a tutti i costi, l’impunità a Berlusconi”. “Confidiamo che la Corte Costituzionale dichiari immediatamente inammissibile una richiesta del genere”. La richiesta è stata recapitata nel tardo pomeriggio di ieri al presidente Gianfranco Fini e, secondo quanto prevede il protocollo,  Fini dovrebbe ora inviare la missiva alla giunta per le autorizzazioni a procedere per un parere, sulla base del quale l’ufficio di presidenza della Camera deciderà se trasmetterla all’aula per il voto. Come scrive Lucia Bigozzi su l’Occidentale, ora sarà interessante vedere come agirà Fini, se cioè deciderà di votare oppure di astenersi. Particolare non irrilevante visti i numeri nell’Ufficio di presidenza e il ruolo di terzietà al quale la terza carica dello Stato è chiamata. In molti nelle file della maggioranza non nascondono che questo passaggio servirà anche a verificare – una volta per tutte – se l’inquilino di Montecitorio è davvero super partes. Insomma, una mossa per mettere alla prova Fini che alla fine – è il convincimento di molti deputati – rinvierà la pratica all’esame dell’Aula dopo il pronunciamento della Giunta per il regolamento alla quale il presidente della Camera ha già annunciato di volersi rivolgere dal momento che non esistono precedenti specifici. . D’altra parte, occorrerà un’analisi attenta per vagliare i venti ‘allegati’ alla lettera di tre pagine inviata dai capigruppo dei partiti che sostengono l’esecutivo. Insomma, i tempi potrebbero non essere brevissimi. E nel frattempo nella maggioranza potrebbe maturare, forse entro la prossima settimana, quella novità di cui si vocifera da un po’, ossia la nascita dei gruppi di Forza Sud a trazione Gianfranco Micciché. Tra i parlamentari meridionali sta crescendo infatti il malumore per il provvedimento sulle energie rinnovabili che penalizzerebbe eolico e fotovoltaico. Secondo chi sta seguendo l’operazione alla Camera i ‘simpatizzanti’ sarebbero già 11. Per arrivare a quota 20 si punterebbe dunque a ‘conquistare’ alcuni deputati del Sud ancora ‘in bilico’ come per esempio Misiti, Commercio e altri siciliani. In definitiva la questione ruota attorno a tre punti fondamentali: sul piano politico potrebbe essere il redde rationem tra maggioranza e finiani, sul piano giuridico è un’azione finalizzata a tutelare le prerogative della Camera da quelle che appaiono ingerenze dei pm milanesi, sul piano processuale un modo per rivendicare un procedimento dinanzi al giudice naturale e, soprattutto, far guadagnare tempo a Berlusconi.  Ma c’è anche un’altra questione in ballo e che riguarda il Capo dello Stato Giorgio Napolitano,  che ha cercato in tutti i modi di evitare che scoppiasse un conflitto istituzionale e a più riprese chiesto al premier di presentarsi a giudizio, convinto che il processo “si svolgerà e concluderà secondo giustizia”. Ma, forse, è proprio questo che si teme da parte del re e della sua milizia.

Carlo Di Stanislao

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