I Casalesi nel basso Lazio, sequestro da 100 milioni

Beni per oltre 100 milioni di euro, riconducibili a un clan contiguo ai ‘Casalesi’ sono stati sequestrati oggi nel corso di un’operazione, denominata ‘Verde Bottiglia’, condotta dalla DIA di Napoli nel basso Lazio. L’operazione prende il nome dal colore di una Jaguar regalata da Gennaro De Angelis, fondatore del gruppo criminale, al boss dei Casalesi […]

Beni per oltre 100 milioni di euro, riconducibili a un clan contiguo ai ‘Casalesi’ sono stati sequestrati oggi nel corso di un’operazione, denominata ‘Verde Bottiglia’, condotta dalla DIA di Napoli nel basso Lazio. L’operazione prende il nome dal colore di una Jaguar regalata da Gennaro De Angelis, fondatore del gruppo criminale, al boss dei Casalesi Francesco Schiavone, detto “Sandokan”. Si tratta di un duro colpo nei confronti di un’importante propaggine dei Casalesi tanto che il ministro della Giustizia Angelino Alfano l’ha definita “il più ingente sequestro di beni illecitamente accumulati al di fuori della Campania”. Di duro colpo al cuore dei Casalesi, invece, parla il ministro degli Interno Roberto Maroni: “Oggi il clan viene pesantemente colpito al cuore dei propri interessi patrimoniali, anche al di fuori del territorio campano”. Per il titolare del Viminale, l’aggressione ai patrimoni mafiosi “é un elemento caratterizzante e punto di forza della politica della sicurezza del governo”. E, infatti, al gruppo del “boss imprenditore” De Angelis sono state sottratte 17 società, 2 ditte individuali, 31 fabbricati, 14 terreni, 16 autovetture e 118 rapporti finanziari individuati a Castrocielo, Cassino, Aquino, Frosinone, Formia, Gaeta, Roma e l’Aquila. I componenti dell’organizzazione – Gennaro De Angelis, 67enne di Casal di Principe (Caserta), Aladino Saidi, 33 anni, di Sora (Frosinone) ed Antonio Di Gabriele, 67enne di Crispano (Napoli) – sono attualmente in attesa di giudizio, dopo essere stati arrestati tre anni fa dalla DDA di Roma. Il provvedimento della DIA – adottato dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Frosinone su richiesta del direttore della DIA, Antonio Girone e del pm presso la Procura di Frosinone, Tonino Di Bona – dispone per loro la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni. Dalle indagini è emerso il ruolo di alto profilo svolto da Gennaro De Angelis, dal 1970 punto di riferimento dei “Casalesi”, prima con il capo Antonio Bardellino e, dopo la scissione, con Francesco Schiavone, del quale è parente. Il gruppo si occupava di estorsioni, truffe, riciclaggio, ricettazione e, soprattutto, importazione da altri Paesi dell’Unione Europea di autovetture, evadendo l’Iva. Tra gli altri compiti procacciava e forniva armi in particolare durante la guerra intestina tra i Casalesi di “Sandokan” e i “bardelliniani”. De Angelis indicava al clan gli obiettivi economici del Sud Pontino su cui focalizzare le richieste estorsive e grazie alla sue capacità imprenditoriali e di intermediazione bancaria, investiva i capitali illecitamente accumulati sia in Italia che all’estero. Aladino Saidi si occupava invece delle frodi all’Erario: gli viene contestato il trasferimento fraudolento di valori, aggravato dai reati connessi ad attività mafiose e per associazione a delinquere finalizzata alle truffe ed altri reati contro il patrimonio. Antonio Di Gabriele, uomo di fiducia e prestanome di De Angelis, ha precedenti per reati di natura associativa, trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante prevista per i reati connessi ad attività mafiose, fittizie intestazioni di beni, nonché reati contro la persona, il patrimonio, in materia di armi ed altro.

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