Fukushima, il rischio che corriamo

Massimo Zucchetti è docente di Impianti nucleari al Politecnico di Torino. Gli abbiamo chiesto di commentare e valutare il rischio cui è esposta la centrale nucleare di Fukushima. Professor Zucchetti, come giudica la situazione a Fukushima? Premettiamo che, rispetto a quello che è successo intorno alla centrale, bisogna obiettivamente dire che è molto meno grave […]

Massimo Zucchetti è docente di Impianti nucleari al Politecnico di Torino. Gli abbiamo chiesto di commentare e valutare il rischio cui è esposta la centrale nucleare di Fukushima.

Professor Zucchetti, come giudica la situazione a Fukushima?

Premettiamo che, rispetto a quello che è successo intorno alla centrale, bisogna obiettivamente dire che è molto meno grave a livello di conseguenze, di vittime, o anche solo di persone coinvolte. Dal punto di vista generale io trovo peculiare che tutte le prime pagine dei giornali italiani parlino di allarme nucleare in Giappone e solo dopo sei-sette pagine si parli dell’incertezza che ancora circonda il bilancio delle migliaia di vittime. Mi sembra che i morti, anche se non sono radioattivi, abbiano diritto a un minimo di rispetto in più. Riflettiamo su un dato: gli operatori della centrale di Fukushima erano divisi in due turni. Quelli che avevano il turno nella centrale si sono salvati. Quelli che erano a casa sono morti sotto lo tsunami.

Relativamente all’incidente, ciò che sta succedendo all’impianto è sicuramente un problema. Tecnicamente come stanno le cose?

Sappiamo che le centrali nucleari, anche da spente, continuano a rilasciare energia a causa della radioattività che hanno al loro interno. A causa dell’alimentazione elettrica che mancava, le pompe di emergenza in tilt, i motori diesel distrutti dallo tsunami, non c’era modo gestire il cosiddetto ‘calore di decadimento’. La temperatura cresce come in una pentola a pressione in cui ci sia un arrosto che cuoce. Per smaltire il calore ci sono due modi: o si usano sfiati, valvole, emissioni di calore caldo, oppure si cerca di portare dentro acqua, in questo caso acqua di mare. Il reattore è talmente danneggiato che non ha nessuna importanza se l’acqua è pulita o meno. L’aumento di temperatura è fastidioso perché il nocciolo fonde, rilasciando radioattività nel contenitore primario, e quando il nocciolo fonde diventa difficilmente refrigerabile, composto com’è da un elaborato sistema di canali di raffreddamento che, se ostruiti, formano un’unica massa fusa compatta che contiene combustibile e altro. Se si butta sopra acqua l’interno continua comunque a generare calore. Salendo la temperatura, le guaine del combustibile che sono a base di una lega di zirconio, reagiscono con l’acqua, liberando idrogeno, gas esplosivo che nell’aria calda del contenitore genera esplosioni.

A cosa si va incontro se la situazione dovesse peggiorare in Giappone?

A Fukushima sono avvenute esplosioni chimiche. Il contenitore di cemento tiene, nonostante le esplosioni. La lotta è per evitare che il contenitore ceda, o si fessuri. A quel punto si passerebbe da un incidente tipo quello di Three Mile Island, con il reattore da buttare ma rilasci limitatissimi, a un incidente tipo Chernobyl, con il reattore da buttare, il nocciolo esposto, fumi caldi contenenti radioattività che prendono l’ascensore dell’aria calda e si disperdono nella troposfera. A questo punto l’incidente non sarebbe più limitato localmente, di livello 4, ma diventerebbe 6, secondo la scala Ines (International nuclear and radiological event scale), acquisendo portata nazionale, se non continentale. Il manufatto di Fukushima è molto robusto, ha tuttavia subito un terremoto sei volte più potente di quello per cui era stato dimensionato, e la situazione è obiettivamente preoccupante. Bisogna sperare che gli operatori riescano a raffreddare gli impianti, ma quando si è costretti a sperare le cose non vanno tanto bene.

La struttura di Fukushima era ‘vecchia’?

Non si tratta di una centrale vecchia, ma di un evento eccezionale. Fukushima ha superato tutte le prove di sicurezza, le revisioni, i test. E’ una centrale della seconda generazione, come lo era quella di Caorso. Le nuove centrali sono invece di terza generazione. Avranno il doppio contenimento e sistema di sicurezza passivo, ovvero basato su un raffreddamento a circolazione naturale. Non più esterno, ma concepito come un termosifone, con l’acqua calda che va verso l’alto e quella fredda verso il basso. A Fukushima è stato lo tsunami a invalidare gli strumenti di emergenza attivi (cioè i motori diesel), e non il terremoto. Non dico che un reattore di terza generazione si sarebbe comportato perfettamente. Di sicuro meglio, ma credo che da nessuna parte nel mondo una centrale avrebbe resistito intatta a un evento simile.

Come prevede che si svilupperà il dibattito sul nucleare in vista del referendum?

Da docente di impianti nucleari sono favorevole all’energia nucleare. Sarò probabilmente uno dei pochissimi che voteranno contro l’abolizione del programma nucleare al prossimo referendum. Dopodiché penso che un governo – se fosse un governo decente – dovrebbe tener conto della volontà popolare. Se la maggioranza degli italiani, per motivi suoi, non vuole il nucleare, allora tale volontà va rispettata. Inoltre, perché non si sente più parlare di una Conferenza nazionale sull’energia che metta a confronto gli esperti sul problema? Perché non si sentono le opinioni di chi è pro, di chi è contro, di chi propone soluzioni alternative? Negli anni Ottanta si era fatto così: dobbiamo forse rimpiangere Craxi?

Luca Galassi
PeaceReporter

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *