Libia: intervista al generale Camporini, prima fase di attacco tornado italiani ideali

Il ruolo dell’Italia nell’eventuale, imminente, attacco aereo in Libia, sarebbe “determinante, in particolare nella fase iniziale: nessun altro in Europa – a parte la Germania, che però si è tirata fuori – ha le stesse capacità di distruzione delle difese antiaeree dei nostri Tornado”. A parlare è il generale Vincenzo Camporini, un pilota di grande […]

Il ruolo dell’Italia nell’eventuale, imminente, attacco aereo in Libia, sarebbe “determinante, in particolare nella fase iniziale: nessun altro in Europa – a parte la Germania, che però si è tirata fuori – ha le stesse capacità di distruzione delle difese antiaeree dei nostri Tornado”. A parlare è il generale Vincenzo Camporini, un pilota di grande esperienza, che è stato capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e, fino allo scorso 18 gennaio, della Difesa. “Un’operazione di questo tipo – spiega Camporini all’ANSA – prevede una prima fase in cui è necessario zittire le batterie missilistiche avversarie e neutralizzare i radar. Le disponibilità libiche di artiglieria contraerea non sono irrilevanti, al contrario: la Libia è dotata di efficaci sistemi missilistici di fabbricazione sovietica SA-6 e SA-8 e missili ‘Crotale’ francesi, questi ultimi sparati a vista, mentre i primi hanno bisogno di radar per essere guidati. Proprio in questo consiste la loro vulnerabilità, perché possono essere neutralizzati sia con emissioni elettroniche (soft kill) sia con missili che si autoguidano sulle sorgenti elettromagnetiche (hard kill). I nostri Tornado Ecr, dotati di missili Harm, hanno queste capacità: né la Francia, né la Gran Bretagna hanno sistemi d’arma comparabili”. Proprio i velivoli italiani, dunque, insieme a quelli statunitensi, potrebbero avere un ruolo di primo piano in questa fase, “preparatoria di attività aeree successive”. Ma “nessuna operazione – avverte il generale – si fa mai in isolamento, serve un complesso di forze integrato: velivoli di attacco, di difesa aerea, velivoli radar tipo Awacs per il controllo della battaglia aerea, velivoli per il rifornimento in volo, elicotteri ‘Combat sar’, per il recupero di equipaggi che dovessero essere abbattuti”. Ma l’Italia, secondo l’ex capo di Stato maggiore della Difesa, può mettere a disposizione “diversi altri assetti e mezzi aerei”. Tra i velivoli cita “gli Eurofighter, ideali per attuare una ‘no fly zone’ grazie all’ottima autonomia, e i caccia F16”, mentre tra gli aeroporti militari messi a disposizione – tutti “essenziali” per la logistica e il rischieramento degli aerei degli altri Paesi – Camporini ricorda “Trapani, importante come base di Awacs, e Sigonella, che ospita l’aereo spia americano Global Hawk”. Riguardo ai rischi dell’operazione militare sulla Libia, Camporini spiega che “le capacità operative dell’Aeronautica libica sono abbastanza modeste, sia per addestramento dei piloti che per efficienza dei mezzi, mentre non deve essere sottovalutato l’aspetto missilistico”. Ci dobbiamo aspettare il lancio di missili verso l’Italia? “Ne sarei estremamente sorpreso”, risponde il generale.

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