Emergenza divisa

Riunione di emergenza ieri a Roma, tra il Ministro dell’Interno Roberto Maroni e i rappresentanti delle regioni, dell’Upi (Unione province italiane) e dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani), per trovare un modo per gestire la situazione di Lampedusa, divenuta critica da febbraio, con i numerosi sbarchi di migranti provenienti quasi sempre (ma non solo) dalla Tunisia. […]

Riunione di emergenza ieri a Roma, tra il Ministro dell’Interno Roberto Maroni e i rappresentanti delle regioni, dell’Upi (Unione province italiane) e dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani), per trovare un modo per gestire la situazione di Lampedusa, divenuta critica da febbraio, con i numerosi sbarchi di migranti provenienti quasi sempre (ma non solo) dalla Tunisia. Al termine della riunione, il Ministro ha annunciato che verrà elaborato un piano che permetterà di “assorbire” sul territorio italiano fino a 50 mila migranti senza problemi, con una divisione che verrà fatta, fra regioni, province e comuni, in proporzione alla popolazione esistente, sia pure con qualche attenuante per quelle regioni che già hanno una forte componente di immigrazione, come la Sicilia e la Calabria, o quei casi particolari come l’Abruzzo, che deve scontare i guai della ricostruzione. Chi ha posto poletti sin dall’inizio è stato il Leghista Luca Ziaia, governatore del Veneto, che ha dichiarato, attraverso Rainews, la volontà da parte della sua regione ad accogliere i profughi libici, “a patto che non si tratti di clandestini”. Per l’esponente leghista lo statuto di rifugiato non deve essere “esteso alle persone provenienti da tutto il Magreb ma solo ai libici”. Minimizza il sottosegretario Alfredo Mantovano su Radio 24, che rispondendo ad una domanda sulle dichiarazioni di Zaia ha detto: “”Io ho partecipato all’incontro con Regioni, comuni e province. Questa linea di condivisione e ripartizione degli oneri è condivisa senza riserve da tutti al tavolo istituzionale, poi al di fuori ognuno dichiara ciò che ritiene”. A questo punto è palese la spaccatura nel governo fra Leghisti e Pdl e anche l’atteggiamento ondivago circa l’intera gestione della questione libica, sottolinea Massimo franco sul Corriere, rende ancora più debole e criticabile la posizione italiana. In circostanze come questa ritrovare un simulacro di unità nazionale sulla politica estera, significherebbe scoraggiare scarti e ripensamenti e dare un’immagine del Paese meno sgualcita della presente. Certo sarebbe stato molto meglio (ed anzi doveroso) che vi fosse lo stesso Berlusconi oggi in Parlamento, per spiegare l’intervento complessivo in Libia, ma, forse, la sua assenza è il segno più evidente di una difficoltà e di una situazione in bilico: anche per le incognite pesanti dell’immigrazione dal Maghreb. L’appello italiano alla Ue affinché ne condivida i costi può preludere a tensioni non solo interne, tanto che, dicono in molti, se non sarà governato, il problema dei profughi promette di diventare un fattore di debolezza e discordia in un momento in cui l’Europa dovrebbe mostrarsi unita: anche se non lo è. Di fatto, in Italia, stiamo assistendo alla formazione di schieramenti trasversali che si collocano su due posizioni ben precise: c’è chi è d’accordo con l’intervento e chi invece contesta aspramente la decisione assunta dal vertice di Parigi. Ciò che stupisce però è che forze politiche fino a ieri agli antipodi, oggi si ritrovino – sia chiaro, per motivi diversi – unite da termini come “neo-colonialismo” o “attacco alla Costituzione”, in funzione di opposizione alla collaborazione che il Governo ha garantito all’Onu. L’oggetto del contendere, del quale però è bene analizzare singolarmente le motivazioni, è rappresentato da due aspetti fondamentali: il rispetto dell’art. 11 della Costituzione, che recita “L’Italia rifiuta la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e, pur volendo ammettere l’utilità dell’intervento, la necessità di una discussione parlamentare. La prima crepa l’ha aperta, nel governo, Umberto Bossi che, subito dopo il primo attacco contro Gheddafi ha dichiarato: E’ un intervento che porterà altre migliaia di clandestini sulle coste di Lampedusa, dovevamo starne fuori”; con un rafforzamento di Calderoli che ha bollato l’attacco a Gheddafi come un’operazione di neo-colonialismo. Anche La Destra, compagine ormai allinterno della maggioranza e il presidente della regione Lombardia,e Formigoni, due giorni fa, si sono dichiarati contrari all’intervento, con un disperato tentativo del portavoce Gasparri che prima ha tentato di minimizzare, ma poi si è trovato costretto a dichiarare che, dopo l’adesione alla missione, si evidenzi la tutela degli interessi dell’Italia”. Insomma, anche se la maggioranza cerca di compattarsi intorno allintervento dellItalia, finisce per rendere ancora più netta la separazione tra chi benedice lintervento e chi auspica soluzioni diverse. Sicchè sono in molti ad avere facile destro nello scrivere che il nostro è davvero (e spudoratamente), un governo bifronte (per non dire di peggio), che partecipa alla coalizione internazionale per impedire al colonnello Gheddafi di fare pulizia dei suoi nemici, ammazzandoli come cani, ma che allo stesso tempo non crede che la sollevazione di popolo abbia un fondamento e che il “raìs “usi le armi per sedare la rivolta. E sulla stampa sia nazionale che internazionale, sono evidenti i commenti che fanno dell’Italia il ventre molle della coalizione, per le sue ambiguità ed i numerosi e variegati distinguo. Le priorità leghiste sono gli sbarchi di clandestini e gli interessi delle aziende italiane da tutelare, vogliono che la flotta navale internazionale al largo della Libia faccia anche l’embargo di esseri umani che scappano dalla guerra e dalla fame, respingendo i barconi e riportandoli indietro. Una risposta impossibile, così come è impossibile fare uno screening fra profughi e non. Inoltre, mentre l’Onu decideva di portare alla sbarra Gheddafi per giudicarlo delle sue malefatte, in Italia il Premier riferiva di non avere voluto disturbare il Colonnello in un momento difficile. In quelle giornate, l’Italia avrebbe potuto svolgere un compito di mediazione per comporre pacificamente lo scontro che minacciava di trasformarsi in guerra civile, ma ciò non è avvenuto perché Gheddafi non ha voluto prendere in considerazione alcuna possibilità di lasciare il potere e il nostro governo non ha voluto rischiare di “infastidirlo”. E, ancora, mentre si chiede all’Europa di darci una mano con i profughi (che sono tanti, ma comunque 5000 e con le centinaia di migliaia paventati da La Russa e dai leghisti), il governatore Zaia non vuole che in Veneto arrivi un solo di essi immigrato, anche soltanto temporaneamente. Ieri, Carlo Costantini dell’Idv, ha ricordato che il suo partito ha ritenuto necessario accogliere l’appello di solidarietà lanciato dal Presidente Napolitano nei confronti dei profughi del Nord Africa approdati a Lampedusa. E si è detto certo che “l’Abruzzo farà la sua parte, nonostante le condizioni drammatiche in cui versa dopo il terremoto che ha colpito L’Aquila e l’alluvione che ha piegato il Teramano” Ma anche aggiunto che proprio per questo occorre chiedere al “Ministro Maroni di individuare i criteri, ma anche le modalità di accoglienza dei profughi, modalità che devono tener conto delle difficoltà economiche e sociali del nostro territorio in questo periodo”. ”E nello stilare il piano del governo ed i relativi correttivi necessari per la nostra regione, per le Marche, anch’essa colpita drammaticamente dall’alluvione, e per le regioni che già hanno strutture piene di extracomunitari – ha poi ammonito – non si faccia influenzare dagli egoismi dei suoi amici di partito, come il presidente Zaia, che ha gia’ oggi dichiarato l’indisponibilita’ del Veneto ad accogliere i libici che sono arrivati a Lampedusa”. ”Al Ministro ed al Governo ricordiamo, con l’occasione – ha infine sottolineato – che il Veneto, in seguito all’alluvione, ha visto stanziati dal Governo immediatamente 300 milioni di euro, mentre all’Abruzzo ed alle Marche, anch’esse pesantemente colpite dai recenti nubifragi, e’ stato comunicato che dovranno arrangiarsi con le risorse dei propri bilanci. In tarda mattinata il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto ha descritto la risoluzione sulla Libia sulla quale Pdl e Lega hanno trovato un’intesa in vista del voto di oggi al Senato, come un linea condivisa che”tutela l’Italia sia dal punto di vista economico sia nella gestione equilibrata dei flussi migratori in base ai testi europei”. Il Pd diffida e diffidano anche i terpolisti, ma solo in tarda serata sapremo come si sono davvero composte le cose e come il nostro Paese avrà saputo rispondere, in concreto, a problemi che lo riguardano del tutto direttamente.

Carlo Di Stanislao

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