Scontro fra populismi

Una distanza infinita, ben superiore agli effettivi tre secoli di storia, separa la Francia di oggi da quella generata dalla prima delle rivoluzioni liberali. Come, un anno fa, scrisse Nicaolau Merker in “Filosofia del populismo” , uscito per i tipi di Laterza, la recente affermazione del Tea Party negli Stati Uniti e le ricorrenti ondate […]

Una distanza infinita, ben superiore agli effettivi tre secoli di storia, separa la Francia di oggi da quella generata dalla prima delle rivoluzioni liberali. Come, un anno fa, scrisse Nicaolau Merker in “Filosofia del populismo” , uscito per i tipi di Laterza, la recente affermazione del Tea Party negli Stati Uniti e le ricorrenti ondate anti-immigrati, anti-islamici e anti-rom che scuotono il mondo conservatore europeo, mettendo seriamente in discussione la stessa idea che esista una “destra normale”,  non tentata dalle sirene e dai toni violenti dei “tribuni della plebe” e ponendo nuovamente al centro del dibattito internazionale il tema del “populismo”. E ferocemente populista e fortemente reazionario è l’atteggiamento assunto dal governo francese circa l’attuale emergenza migranti dal Nord-Africa, con blocchi a Ventimiglia e ferocie minacce al nostro governo. E guerra a questa Francia, dopo una prima fase di netta contrarietà all’accoglienza, la fa anche la Lega, con retromarcia sui permessi temporanei, sostegno all’operato di Berlusconi, che ieri ha firmato i permessi ai circa 25mila nordafricani,  arrivati in Italia dal primo gennaio al 5 aprile e muso duntro contro i francesi. Parigi ha risposto con uno stile simile a quello del Carroccio: il ministro degli Interni Gueant, che oggi vedrà Maroni a Milano , non ha detto “fora da i ball” mai ci è andato vicino, affermando: “Non accetteremo un’ ondata di immigrati dall’Italia “ e fornendo così,  come nota oggi l’Unità, al traballante Maroni, un assist importante ed un invitante capo espiatorio.  “Da Parigi c’è stato un atteggiamento di ostilità”, ha tuonato il ministro dell’Interno durante la sua relazione al Senato,  ringalluzzito dall’insperato autogoal francese e, in serata,  ha rincarato: “A meno che non esca da Schengen o sospenda il trattato, la Francia non potrà fermare la libera circolazione dei tunisini, già sbarcati in Italia”. Ma, intanto, in Aula, con un giro di parole, ha spiegato che i permessi “saranno concessi a chi ha manifestato l’intenzione di andare in un altro Paese europeo”. Piccola dimenticanza: i tunisini che intendono restare in Italia e che ugualmente avranno il permesso, per i quali sarà allestita l’accoglienza dalla Protezione civile e dalla Regioni, dovranno essere assistiti dal nostro Paese, come precisa l’accordo governo-Regioni, siglato mercoledì sera e illustrato ieri al presidente Napolitano. “Come mai Maroni si è dimenticato di dire che gli immigrati vanno assistiti anche se rimangono in Italia?”, si è domandato ieri Bersani, concludendo che: “Probabilmente non ha voluto dire quello che la Lega non vuol sentire”. Populismo, come si vede, sempre populismo, comunque lo si guardi. Ernesto Laclau in La ragione populista (Laterza, 2008), fa coincidere con la forma stessa della cosiddetta politica recente l’affermarsi diffuso del populismo. In altre parole, il problema centrale con cui si è costretti a misurarsi quando si parla del populismo è a quali domande si proponga di rispondere e quali sfide metta in campo, più che il suo appartenere esplicitamente a una precisa “tradizione politica”. In questa prospettiva il sociologo tedesco Ulrich Beck legge, ad esempio, fin dalle prime pagine di Potere e contropotere nell’età globale, dello scorso anno, la crescita della nuove destre populiste alla luce della sua visione del mondo globalizzato: “Il successo del populismo di destra in Europa (e in altre parti del mondo) va inteso come reazione all’assenza di qualsiasi prospettiva in un mondo le cui le frontiere e i cui fondamenti sono venuti meno. L’incapacità delle istituzioni e delle élites dominanti di percepire questa nuova realtà sociale e di trarne profitto dipende dalla funzione originaria e dalla storia di queste istituzioni. Esse furono create in un mondo nel quale erano ancora pienamente valide le idee di piena occupazione, di predominio della politica nazional-statale sull’economia nazionale, di frontiere funzionanti, di chiare sovarnità e identità territoriali”. E’ in questa ottica va vista la crisi fra i due governi di destra, l’italiano ed il francese. Con queste premesse l’incontro odierno tra il Ministro dell’interno Maroni e il collega francese Gueant si preannuncia rovente. Maroni ha già anticipato cosa dirà al Ministro francese dell’Interno e cioè: “che i tunisini cui concederemo il permesso di soggiorno temporaneo hanno diritto a circolare. C’è un solo modo per impedirlo: che la Francia esca da Schengen o sospenda il trattato”. Il collega Gueant invece sembra avere le idee piuttosto chiare sul tema: “La Francia non ha alcuna intenzione di subire un’ondata di immigrati provenienti dall’Italia.  Per circolare liberamente al’interno dello Spazio Schengen non è sufficiente avere un’autorizzazione di soggiorno rilasciata da uno degli Stati Membri. Bisogna avere dei documenti d’identità e soprattutto dimostrare di possedere risorse finanziarie adeguate. In caso contrario la Francia ha diritto di riaccompagnare gli immigrati in Italia. Ed è quello che farà”. E ancora più arroventato dai reciproci populismo, sarà l’incontro fra Berlusconi e Sarkozy, il 26 aprile prossimo. In queste ore è stata anche ufficializzata la creazione di un gruppo di contatto interministeriale con l’obiettivo di monitorare l’applicazione degli accordi ratificati dal ministro degli Interni, Roberto Maroni, con il primo ministro tunisino, Beji Caid Essebsi, per cercare di controllare all’origine l’immigrazione sul suolo italiano. Nonostante per diversi giorni si sia tentennato nell’esporsi a dichiarazioni forti, alla fine si è deciso di far parte di quelli che si sono ribattezzati come i ‘volenterosi. Tuttavia, anche dopo aver stigmatizzato le azioni del rais e aver appoggiato, non solo a parole, le missioni militari sui cieli libici, l’Italia sembra essere rimasta nelle retrovie del gruppo che ha preso la conduzione delle operazioni. Già nei giorni scorsi il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha cercato di togliersi dall’imbarazzo rispondendo a chi gli chiedeva come mai l’Italia non fosse stata invitata in una videoconferenza a cui hanno partecipato Barack Obama, Nicolas Sarkozy, James Cameron e pure Angela Merkel, cancelliere di quella Germania che fino a oggi è rimasta ad assistere alle azioni degli alleati. E’ dunque da inquadrare in questa cornice diplomatica, l’incontro organizzato a Roma per il prossimo 26 aprile tra Italia e Francia, un modo per dire: ehi, ci siamo anche noi, condizione indispensabile per ogni tipo do populismo. Sono lontanissimi i tempi dei sorrisi fra i  due leader della destra populista, quelli del febbraio 2009 e dell’accordo tra l’italiana Enel e la francese Edf, per la costruzione di quattro centrali nucleari nel nostro Paese, con  tanto di approvazione  alla Camera del ddl delll’allora ministro dello Sviluppo Scajola,  in cui veniva istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare in un Paese denuclearizzato come l’Italia.  Ora i due populismi si affrontano su un tema scottante e se lo rimpallano, senza intezione di superarlo o risolverlo, ma col solo scopo di non scontentare i propri elettori. Tre giorni fa l’assessore della regione Liguria alle politiche dell’immigrazione  Enrico Vesco, sul Secolo XIX,  si era augurato che almeno i due “non parlino di donne”, poiché, pare “sia argomento che appassiona entrambi”; ma  trovino una soluzione per un problema che ambascia Lampedusa e Ventimiglia e a cui urge dare una seria risposta.

Carlo Di Stanislao

 

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