Ribaltamenti

L’Italia si scopre sola nella emergenza migranti ed invece di capirne i motivi, dichiara, ai più alti livelli (Maroni e Berlusconi) che forse sarebbe meglio uscire dall’Europa. L’opposizione tuona contro il ministro e contro il collega di partito Roberto Caldoroli, per il quale “ora diventa obbligatorio e urgente predisporre un blocco navale assoluto a difesa […]

L’Italia si scopre sola nella emergenza migranti ed invece di capirne i motivi, dichiara, ai più alti livelli (Maroni e Berlusconi) che forse sarebbe meglio uscire dall’Europa. L’opposizione tuona contro il ministro e contro il collega di partito Roberto Caldoroli, per il quale “ora diventa obbligatorio e urgente predisporre un blocco navale assoluto a difesa delle nostre acque e dei nostri confini”. Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd del Senato, replica dicendo: “Altro che fuori dall’Unione europea, è evidente che la Lega è fuori di testa”. “Sarebbe folle dire che, se l’Unione Europea non fa quello che dice l’Italia, noi ce ne andiamo dall’Unione Europea” commenta il presidente della Camera, Gianfranco Fini e qualche bemolle alle posizioni di Maroni arriva anche dalla maggioranza: “Non è in discussione la permanenza dell’Italia nell’Ue” assicura il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. Nel nostro Paese sono giunti in totale poco più di 5.000 disperati e già si è gridato all’allarme, senza tener conto che la Germania, senza battere ciglio, ne ha assorbiti 430.000 dopo la crisi albanese ed il numero di stranieri in Spagna e Francia e molto superiore a quello di casa nostra. Lo stesso Egitto, povero ed in crisi, ha saputo accogliere 15.000 migranti provenienti dalla Tunisia e noi crolliamo e chiediamo aiuto, pur considerandoci un Paese grande e civile, per una cifra di tre volte minore. Preoccupato della deriva assunta dalla vicenda dopo le dichiarazioni, da Lussemburgo, dell’incauto ministro Maroni, è soprattutto il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che segue con ambascia crescente l’escalation del problema. Al Colle i collaboratori di Napolitano pongono l’accento sull’impegno, anche diretto e personale, che il Capo dello Stato ha profuso in sede europea nelle ultime settimane sul tema caldo dell’immigrazione. Giovedì scorso ha anche apprezzato l’intesa raggiunta tra governo e autonomie locali, dandone pubblicamente atto agli stessi Berlusconi e Maroni. Poi a Budapest ha posto nuovamente l’accento sulla necessità che l’Europa batta un colpo. La netta opposizione di Francia e Germania ai permessi temporanei, fatta l’altro ieri dal vertice dei ministri europei dell’Interno, mostra che la strada è in salita. Ma, come ha osservato sabato scorso nel corso del suo intervento all’incontro multilaterale dei Capi di Stato “Uniti per l’Europa”, sulle politiche per l’immigrazione il vecchio continente si gioca una parte del suo futuro. Come il cardinal Bagnasco, Napolitano chiede a L’Europa di essere attenta e all’Italia di non minacciare strappi o gesti inconsulti, capaci solo di acuire il problema. Come Scrive Barbara Spinelli su Repubblica, fra le molte falsità e contraddizioni, quella dei migrati è la questione su cui, più di tutte, ogni stato mente. Il 5 febbraio, in una conferenza a Monaco sulla sicurezza, il premier britannico Cameron ha decretato la sconfitta di trent’anni di dottrina multiculturale. Il fatto è che il multiculturalismo non è una dottrina, né un’opinione. È un mero dato di fatto: in nazioni da tempo multietniche come Francia Inghilterra o Germania e adesso anche in Italia e nei paesi scandinavi. Ora, se i governi ed i loro leader fossero veritieri e in buona fede e non spronati da un crescente populismo destrorso e reazionario, si innesterebbe una operazione verità consistente non nel proclamare fallito il multiculturalismo, ma nel dire che esso è un dato di fatto, che c’è già e che i vari stati si sono dimostrati incapaci di governarlo. Inoltre (i dati parlano chiaro anche in Italia), i migrati servono per quei lavori che i nativi non vogliono più fare. Pertanto urge cominciare a dire quanti immigrati saranno necessari nei prossimi 20 anni e quali risorse dovranno esser mobilitate: sia per mitigare gli arrivi cooperando con i paesi africani o arabi, sia edificando politiche di inclusione per gli immigrati economici e per i profughi (la frontiera spesso è labile: la povertà inflitta è una forma di guerra). Ma nessuno dei paesi Europei si sente in grado di portare avanti questa politica vera e complessa e, in Italia, il governo preferisce cavalcare l’enfatizzazione degli arrivi, le difficoltà degli smistamenti e gli impedimenti offerti dall’Europa. Avanti e indietro tra Roma, Lampedusa e Tunisi per far credere che con un accordo fermerà gli sbarchi di immigrati;  questa è stata la prima mossa mediatica di Berlusconi, seguita dall’annuncio, poi ritirato, dell’acquisto di una villa e, infine, dalle minacce di uscita dall’Europa, ancora più risibili se si tiene conto che noi, per l’Ue, siamo una palla al piede. Insomma, come nella prima udienza del processo Ruby, Berlusconi gioca al ribaltamento: non frequentatore di prostitute minorenni,  ma redentore delle stesse,  con lasciti consistenti per strappare una giovane dal marciapiede. E, in politica estera, non errori stratificati, ma opposizione preconcetta e becera da parete degli altri governi. In effetti la pessima figura davanti al Maghreb e all’Europa non è dovuta soltanto alle promesse fantasiose del presidente del Consiglio, ma ad una strategia voluta dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che ha riempito il Sud Italia di immigrati irregolari. E ha portato alla crisi i rapporti tra la Lega e Berlusconi in persona. Il primo sintomo risale a qualche giorno fa: le dimissioni del sottosegretario al ministero dell’Interno, Alfredo Mantovano, che con Umberto Bossi e Gianfranco Fini ha firmato l’omonima legge sull’immigrazione.  Ma l’apparente vittoria di Bossi, che ha ottenuto che i centri di accoglienza sorgessero solo nelle regioni meridionali impedendo così che gli immigrati arrivassero al nord, è solo un contentino, dal momento che dai quei centri si riesce tranquillamente a fuggire. Inoltre,  con il governo che si orienta a dare a gran parte degli immigrati quel permesso di soggiorno temporaneo che consente loro di uscire dai centri e di poter liberamente circolare in Italia e in Europa, per Bossi è una sconfitta, perché,  per la prima, volta non può dire alla sua base di aver fermato gli stranieri. Ritanna Armeni, oggi sul Riformista, sostiene (come altri suoi colleghi dal Manifesto), che Lega e Pdl hanno cavalcato la paura di molti, e anche, l’insicurezza, il senso di solitudine, il timore della sopraffazione, della perdita di identità, per costruire un vero e proprio apparato ideologico che – non nascondiamolo – ha fatto presa su tanta parte della popolazione italiana, soprattutto nelle regioni settentrionali, ma non solo. E trovatisi, alla fine,  a mal partito, ora scaricano tutta le responsabilità della loro inettitudine programmatica sull’Europa. E, a partire da domani, il doversi concentrare sul processo breve e sul superamento dei 190 emendamenti presentati dall’opposizione, toglierà ancora più attenzione alla vessata ed irrisolta questione, che rischia di isolarci sempre più, in un panorama internazionale già molto compromesso. Nonostante i numeri parlino chiaro (340 a favore e 290 contrari), da domani continuerà l’opposizione a oltranza e il ministro della Giustizia Angelino Alfano, finora silente sui banchi del Governo, sarà sempre nel mirino; come nel mirino della maggioranza sarà il Presidente Fini. Secondo TMNnews, il mandato che i parlamentari di centrodestra hanno ricevuto dal presidente del Consiglio e dalla odierna lettera di Cicchitto è quello di non rispondere alle provocazioni: prima Ignazio La Russa e poi Massimo Corsaro, a turno protagonisti della bagarre alla Camera, hanno dovuto subire le reprimende del presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha raccomandato silenzio e profilo basso a tutti i suoi, racconta chi ci ha parlato, in modo da incassare al più presto e con meno clamore possibile il risultato dell’approvazione della nuova legge (che dovrà ripassare dal Senato prima di poter dispiegare i suoi effetti, a partire dal processo Mills nel quale il premier è imputato per corruzione). Pare che ieri il premier abbia avuto un colloquio telefonico con Barroso, in procinto di partire per Tunisi e, in una nota di Palazzo Chigi, pare che i due abbiano “ribadito il punto di vista comune sulla necessità di un approccio europeo all’emergenza migratoria”. Ma Barroso è un Presidente debole e le cose non cambiano davvero dopo questa dichiarazione. Durante il suo viaggio a Tunisi, rivela la nota stampa di Palazzo Chigi, Barroso “appoggerà la linea italiana nei confronti delle Autorità tunisine”, ma, come è evidente, questo conterà davvero molto poco. Tuttavia, ancora una volta, Berlusconi ed il suo governo, giocherà al ribaltamento, dicendo che è il presidente Ue e non l’Italia a non avere più alcun peso. Così si potrà di nuovo e più decisamente cavalcare la brillante idea di Maroni e dire che non solo non vale la pena esserci, ma che la stessa Ue a non avere più senso. Si dirà certamente che senza una politica di difesa ed estera comune, ossia un esercito UE  e un Ministro degli Esteri con pieni poteri (non l’ennesimo burattino senza un reale potere decisionale), l’Unione Europea deve essere messa in discussione. E si dirà anche (con l’aiuto dei vari “Vespa di turno”) che vecchi rancori e nuove smanie di protagonismo hanno ucciso il sogno europeo: la grandeur Francese che infastidisce la Germania,  padrona assoluta dell’Euro;  la Gran Bretagna  –  vero freno dell’Unione Europea Politica –  che si conferma  interlocutore diretto degli Stati Uniti;  l’Italia,  sotto assedio politico ed economico francese, condizionata dalla politica monetaria tedesca e che riesce, suo malgrado a giocarsi la posizione strategica nel Mediterraneo. Si dirà che la colpa e degli altri, di quelli che guardano solo agli interessi del nord e dimenticano ogni tipo di sud ed ogni istanza di meridione. E si troverà anche il modo, spingendo sempre più sul federalismo, di placare la Lega ed il suo elettorato. Questo risulterà più semplice e congeniale ad un governo basato su infingimenti e rovesciamenti di fronti e responsabilità, invece che la più intelligente, ma difficile, inversione di politica, tutta rivolta alla vera presa in carico delle responsabilità e delle scelte. In questo modo Berlusconi, con al seguito Maroni e gran parte dei leghisti di primo piano, ha già trovato la sua exit-strategy, dal momento che per lui, oltre a quelli penali, esistono consistenti problemi politici, legati alla questione immigrati. Primo, perché il delicatissimo dossier finirà per avere ricadute non indifferenti sullo score del Pdl alle amministrative (le ultime rilevazioni compulsate a Palazzo Grazioli già certificano questa tendenza). Secondo, perché gli stessi fedelissimi del premier, quando sono lontani da microfoni e taccuini, riconoscono che i già difficili rapporti di Palazzo Chigi con le cancellerie europee possono ulteriormente deteriorarsi. Così, per uscire dall’angolo, il premier sposa ancora l’adagio secondo cui “la miglior difesa è l’attacco”, invertendo le parti. Così, sfruttando il palcoscenico di Palazzo Chigi durante la premiazione dei vincitori del Campus mentis organizzato dal ministero dei Giovani, torna alla carica anche contro gli ex alleati Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, leader di “partiti che ogni volta stavano dalla parte dei privilegi dei giudici” e che gli hanno impedito, a suo dire, “di fare la riforma della giustizia”. E soprattutto contro il Quirinale e la Corte costituzionale. Anche in questo caso si tratta di un evergreen. “È necessaria una riforma dell’architettura costituzionale perché il governo non ha il potere di decidere, al massimo può suggerire al Parlamento un provvedimento”, ha scandito il presidente del Consiglio. E “questo provvedimento – ha aggiunto – deve piacere al capo dello Stato. Inoltre, se non piace ai giudici della sinistra, una legge viene impugnata davanti alla Corte costituzionale che, poiché è composta per la maggior parte da giudici della sinistra, la rende nulla”. Questo è il suo modo di mestare, intorbidare, invertire e ribaltare le cose. Lo stesso che ha anche applicato per bloccare l’ascesa del suo temibile alleato Tremonti verso Palazzo Chigi, ascesa tornata sulla bocca di tutti con l’uscita di scena di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali, principale sponda di Berlusconi e di Letta nel salone economico-finanziaro e nemico giurato del ministro delle finanze che ha piazzato in quel luogo uno dei suoi. E’ per questo che Berlusconi guarda con soddisfazione gli incontri dei suoi vari ministri che cercano motivi e strategie per “diminuire” Tremonti, anche perché, se perdesse alle amministrative, trovare il modo per ridimensionarne le pretese, sarebbe davvero molto difficile. Le notti di Berlusconi, come quelle di Faust, sono agitate e pieni di incubi: i processi, la riforma della giustizia, i rapporti internazionali, la riorganizzazione del partito, la riaffermazione della sua leadership.  Ma come scrive Francesco M. Guaccio, famoso demonologo, nel suo  Compendium maleficarum, (editrice Einaudi), esistono persone che, rovesciando le parti, se la cavano sempre, riuscendo anche a beffare  lo stesso demonio. D’altra parte già nel 2005, in Privo di titolo, Andrea Camilleri ci aveva narrato come siano mistificazione, invenzione, ribaltamento della realtà, le armi con cui qualsiasi regime tenta di ingannare la buona fede popolare, compito reso più semplice se la gente da imbrogliare è ignorante e povera (come oggi sempre più sta divenendo l’Italia) e quindi con meno anticorpi da opporre a velenose cucchiaiate di verità precostituite.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *