Due fotoreporter uccisi a Misurata, urge corridoio umanitario

Due fotoreporter, il britannico Tim Hetherington e lo statunitense Chris Hondros sono stati uccisi ieri nella città libica di Misurata durante i combattimenti che hanno coinvolto altri due reporter, Michael Brown e Guy Martin, entrambi britannici, che sono rimasti feriti – riportano le agenzie di stampa. I quattro reporter si trovavano in gruppo sulla via […]

Due fotoreporter, il britannico Tim Hetherington e lo statunitense Chris Hondros sono stati uccisi ieri nella città libica di Misurata durante i combattimenti che hanno coinvolto altri due reporter, Michael Brown e Guy Martin, entrambi britannici, che sono rimasti feriti – riportano le agenzie di stampa. I quattro reporter si trovavano in gruppo sulla via Tripoli, la principale arteria di Misurata, la città a circa 200 chilometri ad est della capitale assediata da quasi due mesi dalle forze fedeli a Gheddafi. L’arteria è l’epicentro dei combattimenti fra governativi e insorti. Il gruppo sarebbe stato raggiunto da un colpo di mortaio. Nel suo ultimo tweet di ieri alle 12.46 Hetherington scriveva: “Nella città assediata di Misurata. Bombardamenti indiscriminati delle forze di Gheddafi. Nessun segno della Nato”.

Nei giorni scorsi Amnesty International ha chiesto alla comunità internazionale di incrementare immediatamente gli aiuti umanitari a Misurata, città che è ormai l’epicentro di una crisi umanitaria. “Mentre il colonnello Gheddafi prometteva pubblicamente che avrebbe permesso l’ingresso degli aiuti umanitari, le sue forze non hanno smesso un attimo di bombardare l’area portuale con armi indiscriminate che hanno accresciuto il numero delle vittime civili. L’assalto alla città prosegue e ai civili non è dato modo di fuggire. Un team delle Nazioni Unite ha ottenuto l’autorizzazione a entrare in città per verificare la situazione, ma ci metterà giorni e noi sappiamo quanto disperata sia quella condizione già ora” – ha dichiarato Malcolm Smart, direttore per il Nord Africa e il Medio Oriente di Amnesty International.

Le autorità libiche hanno tagliato tutte le reti di comunicazione, isolando gli abitanti di Misurata gli uni dagli altri e dal mondo esterno. In città si formano lunghe code per il pane e la benzina, mentre le riserve scarseggiano. “I combattimenti in corso stanno ostacolando l’ingresso di cibo e medicinali e impedendo l’evacuazione in sicurezza dei feriti e delle migliaia di lavoratori stranieri bloccati al porto” – riporta Amnesty International. L’associazione ha chiesto a tutte le parti in conflitto, compresa la Nato, di “prendere ogni misura necessaria per istituire un effettivo corridoio umanitario e sollecita il governo locale che guida l’opposizione al colonnello Gheddafi a rendere prioritaria l’evacuazione dei feriti civili”.

Nella notte di venerdì 15 aprile, Medici Senza Frontiere è riuscita ad evacuare 99 persone, tra cui 64 feriti di guerra e 35 accompagnatori, via nave da Misurata a Zarzis in Tunisia. L’operazione è avvenuta due settimane dopo la prima evacuazione, sempre via nave, grazie alla quale 71 feriti erano stati trasferiti da Misurata in Tunisia e sei tonnellate di materiale medico d’emergenza erano state donate all’ospedale di Misurata. Il team di MSF ha potuto anche effettuare una valutazione delle strutture mediche presenti a Misurata, dove gli scontri in corso hanno tagliato fuori la popolazione dall’assistenza esterna, mentre l’ospedale e le cliniche cittadine sono sommerse dai feriti.

“Da settimane, le strutture mediche stanno facendo il massimo per gestire l’afflusso di pazienti, nonostante la carenza di attrezzature mediche e personale per curare i feriti e i malati affetti da patologie croniche” – ha affermato il dottor Morten Rostrup, medico di MSF a bordo della nave. “Con gli ultimi pesanti bombardamenti su Misurata, la situazione sta peggiorando e gli ospedali sono costretti a dimettere i pazienti prima che le cure siano completate per poter dare assistenza ai nuovi feriti. Molti di essi non possono accedere a strutture mediche senza mettere a repentaglio le proprie vite”. MSF ha rinnovato il suo appello alle parti belligeranti per consentire accesso illimitato all’assistenza medica per tutte le persone che in Libia subiscono le violenze in corso e ha chiesto inoltre il rispetto delle strutture mediche, del personale e dei veicoli che trasportano i pazienti.

L’unico team internazionale operante di medici e infermieri è dal quello di Emergency che è arrivata a Misurata lo scorso 10 aprile dove un team di sei italiani e una infermiera greca ha iniziato a lavorare all’ospedale di riferimento in città per feriti di guerra, soprattutto da bombe e da pallottole. “Da una settimana stiamo assistendo a un crescente massacro di civili per l’intensificarsi dei combattimenti sempre più vicini alla zona in cui si trova l’ospedale Hikmat, presso il quale lavoriamo. La situazione è di estremo pericolo anche per il nostro personale sanitario che rischia di non potere più essere in grado di assistere i feriti” – riporta una nota di Emergency di lunedì scorso. L’associazione denuncia che, nonostante le convenzioni internazionali, “ancora oggi nella città di Misurata non esiste alcuna forma di protezione per la popolazione”.

Nel ribadire il proprio ruolo “neutrale e puramente umanitario nel conflitto in corso” l’associazione italiana conferma la propria disponibilità “a inviare team chirurgici per la cura dei feriti anche nelle zone sotto controllo governativo, come già comunicato in forma ufficiale alle autorità libiche dall’inizio del conflitto”. Emergency infine chiede “con urgenza a tutte le parti coinvolte nel conflitto di negoziare un immediato cessate il fuoco, di rispettare la neutralità e l’inviolabilità degli ospedali e di aprire un corridoio umanitario a Misurata per garantire la possibilità di curare i civili in modo tempestivo e in condizioni di sicurezza”. [GB-Unimondo]

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