Bocciatura per L’Italia

Finisce al bando dell’Unione europea, bollata come norma incompatibile con la direttiva rimpatri dei 27, il reato di clandestinità, creato dal governo nel pacchetto sicurezza del 2009. A leggere, di buon mattino, la sentenza è un giudice italiano: il presidente di sezione Antonio Tizzano, il quale ha spiegato che c’è un problema di fondo nel […]

Finisce al bando dell’Unione europea, bollata come norma incompatibile con la direttiva rimpatri dei 27, il reato di clandestinità, creato dal governo nel pacchetto sicurezza del 2009. A leggere, di buon mattino, la sentenza è un giudice italiano: il presidente di sezione Antonio Tizzano, il quale ha spiegato che c’è un problema di fondo nel delegare al magistrato penale e con sanzioni pesantissime (fino a 5 anni), la buona riuscita di quello che in fondo è un procedimento amministrativo. Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, non è sorpresa. “La sentenza è coerente e in armonia con quanto già espresso dai giudici italiani – afferma all’Ansa -. La Corte costituzionale e la Cassazione avevano già rilevato come punire con la detenzione il mancato allontanamento del migrante fosse una misura sproporzionata e inutile”. Ora l’Unhcr “auspica che la direttiva Ue sui rimpatri venga quanto prima recepita, poiché stabilisce in modo chiaro le modalità di allontanamento dei migranti irregolari e ribadisce anche l’inderogabilità del principio del non respingimento per richiedenti asilo e rifugiati”. Anche Oliviero Forti, responsabile nazionale immigrazione della Caritas, si aspetta “che venga recepita la direttiva dell’Unione europea sui rimpatri e sia rispettata la sentenza europea”. Naturalmente, invece, Maroni si dice “insoddisfatto”, perché la sentenza “rende assolutamente inefficace le politiche di contrasto all’immigrazione clandestina” e tuttavia l’Italia incassa l’ennesima bocciatura da parte dell’Ue, anche se ora Berlusconi dirà certamente che le toghe rosse sono infiltrate in tutto il Continente. Anche Gaspare dice che la corte sbaglia quando sostiene che la direttiva rimpatri non è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano e ricordando al distratto nostro governo che, “in questi casi, i singoli sono legittimati ad invocare, contro lo Stato membro inadempiente, le disposizioni di una direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise”. Luca Zaia, governatore leghista del Veneto, parla di una sentenza “destabilizzante”, che “cancella, in fatto e in diritto, il concetto di confine”, una “scellerata visione giuridica e culturale dalle ricadute gravissime”. “Innanzi tutto – spiega Zaia -, ricordo le centinaia di miglia di persone che si stanno muovendo ai nostri confini. Ma, ancora, ricordo che politicamente si cancella una legge votata da un Parlamento sovrano di uno stato fondatore dell’Ue. Culturalmente si vuole minare l’identità di una nazione e, dunque, della nostra stessa esistenza come popolo”.In una nota Rosy Bindi, presidente dell’assemblea nazionale del Pd, ha spiegato che la Corte di Giustizia europea, ”mette a nudo le violazioni dei diritti umani, l’approssimazione e i ritardi di norme approvate solo per fare propaganda, dimostrando un’efficacia che alla prova dei fatti pari a zero. Del resto – continua – cosa aspettarsi da un governo prigioniero delle parole d’ordine della Lega e incapace di affrontare con serietà e giustizia il fenomeno globale e inedito dell’immigrazione?”. Per il leader di Sinistra Ecologia Libertà, Nichi Vendola, “alla fine, come era facilmente prevedibile da chi pensa che il diritto non sia un optional, per l’Europa è un reato la legge italiana e non la clandestinità”. “La Corte – ha proseguito Vendola – ha ribadito in modo ufficiale ciò che da sempre avevamo detto e che tutti sapevano: non esiste e non può esistere il reato di clandestinità. Un reato che puzzava di Medioevo, una forma odiosa di criminalizzazione della povertà. La legge italiana che lo ha introdotto non va solo contro i diritti dell’uomo ma contro il diritto e le leggi europee. La sua nullità è evidente ed è tale da subito. Vanno ristabilite quindi immediatamente in Italia la legalità e il rispetto del diritto e dei diritti delle persone”. “Siamo di fronte -ha concluso il leader di Sel – ad un altro atto di un governo incapace di affrontare i grandi drammi dell’umanità, se non con la rozza propaganda populista. Questa sentenza può diventare l’occasione per riflettere per come occorra ripensare del tutto la politica italiana ed europea verso i migranti con l’introduzione di un permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro”. Di là dalle dichiarazioni dei politici, ciò che la sentenza ribadisce è che gli Stati membri non possano applicare regole più severe di quelle previste dalle procedure della direttiva Ue che prevede una procedura divisa in più fasi: la prima consiste nell’adozione di una “decisione di rimpatrio”, nell’ambito della quale va accordata priorità, “a una possibile partenza volontaria, per la quale all’interessato è di regola impartito un termine compreso tra sette e trenta giorni” e, nel caso in cui la partenza volontaria non sia avvenuta entro il termine stabilito, “la direttiva impone allo Stato membro di procedere all’allontanamento coattivo, prendendo le misure meno coercitive possibili”. Lo Stato può procedere al fermo soltanto “qualora l’allontanamento rischi di essere compromesso dal comportamento dell’interessato”. Il trattenimento deve avere “durata quanto più breve possibile”, essere “riesaminato a intervalli ragionevoli”, deve cessare “appena risulti che non esiste più una prospettiva ragionevole di allontanamento” e la sua durata “non può oltrepassare i 18 mesi”. Inoltre, ricorda la Corte di Giustizia, “gli interessati devono essere collocati in un centro apposito e, in ogni caso, separati dai detenuti di diritto comune”. Secondo il sindaco di Roma Gianni Alemanno, me la sentenza Ue “non cancella il reato di clandestinità, ma la pena di reclusione”, per questo “è ancora più urgente un decreto legge del governo che metta in ordine i meccanismi legati all’immigrazione extracomunitaria e neocomunitaria”. “Abbiamo necessità – sostiene Alemanno, che ne ha parlato con il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano – di avere uno strumento forte per regolare i flussi per accogliere coloro che vengono a lavorare e a convivere nella nostra città e poter espellere chi commette reati”. Certamente ha ragione l’erede dei “cesari”, ma solo nel rispetto dei diritti generali sanciti dall’Europa che, ancora, da lezioni di civiltà al Nostro Paese. Oggi a Londra si scommette su tutto: dal colore del cappello della regina Elisabetta (il giallo è il più accreditato) al lancio del bouquet, alle condizioni metereologiche, alla durata del matrimonio regale. Ma, forse, i bookmaker londinesi farebbero meglio a scommettere sul numero di brutte figuri internazionali che il governo accumulerà fino al 2013, argomento certamente più vario, ricco e amaramente divertente, che puntare su chi tirerà fuori il fazzoletto durante la cerimonia a Westmister o se al momento del sì Kate omaggerà Diana, indossando la sua tiara. Dalla sua tomba di marmo Guglielmo I d’Inghilterra guarderà severamente al matrimonio e penserà quanta distanza separi l’attuale corona da ciò che lui volle come deterrente al potere dei Baroni e della Chiesa. Certo non gli giungerà notizia, nella grande cattedrale, dell’illogicità reazionaria dei decreti italiani; ma se ciò accadesse ricorderebbe che non a lui ma ad altri (ed italiani) il Papa dovrebbero dare l’appellativo di “Bastard”.

Carlo Di Stanislao

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