In Rai arriva Lei

E’ la prima donna a ricoprire il ruolo di direttore generale della Rai ed ha già una grana in corso: la non approvazione, da parte della Commissione di Vigilanza, del Regolamento sui referendum del 12 e 13 giugno. Lorenza Lei sostituisce Masi, divenuto Amministratore Delegato della Consob (promeveatur ut amovatur), eletta all’unanimità e con profonda […]

E’ la prima donna a ricoprire il ruolo di direttore generale della Rai ed ha già una grana in corso: la non approvazione, da parte della Commissione di Vigilanza, del Regolamento sui referendum del 12 e 13 giugno. Lorenza Lei sostituisce Masi, divenuto Amministratore Delegato della Consob (promeveatur ut amovatur), eletta all’unanimità e con profonda soddisfazione degli ambienti cattolici, cui è sempre stata molto vicina. Per il presidente della Rai, Paolo Garimberti, la nuova “direttora” sarà senza dubbio personaggio di garanzia, mentre Sergio Zavoli,  presidente della Vigilanza,  “apprezza senza riserve” la scelta di un direttore generale donna. “Il servizio pubblico non passa solo per le notizie di un Tg o gli approfondimenti di un talk show: ha dei doveri che attraversano e permeano ogni aspetto della sua comunicazione. Auspico – ha continuato Zavoli – che la politica colga l’occasione per un significativo cambiamento di rotta e che il nuovo direttore giustifichi la ragionevole richiesta di una reale autonomia”. L’Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai, dichiara in una nota che:  “l’unanimità che per la prima volta premia una donna deve diventare la regola per le decisioni a partire dalla nomina dei direttori di testata, superando una divisione che per troppo tempo ha paralizzato la Rai”. Tra le varie reazioni, da segnalare quella dei francescani di Assisi: la Lei, “da sempre attenta ai valori cristiani e francescani, con la sua competenza e la sua sensibilità darà spessore e qualità a sorella Rai”. Classe 1960, sposata con un figlio, Lorenza Lei è entrata in Rai nel 1997, attraversando, con una continua crescita, ambiti e ruoli aziendali: da dirigente della struttura Marketing e Progetti Speciali a Rai Giubileo;  responsabile dell’unità organizzativa Programmazione mezzi di Produzione di Rai1 (2000-2002) e direttore della Direzione Staff di vari direttori generali (2002-2006). Infine direttore delle Risorse Televisive e vicedirettore generale per l’Area produttiva e gestionale, fino a questa nuova nomina. La neo-direttora è competente ed instancabile,  ma si profila per lei un cammino difficile, con una Rai che deve recuperare competitività e credibilità. Cattolica, ma non UDC – scriveva l’Espresso il 30 aprile 2009 -,  sopravvissuta indenne a diversi direttori generali, la Lei ha sempre fatto la scelta del basso profilo: niente apparizioni pubbliche, niente eccessi. Con Masi, avrebbe lavorato a braccetto e, sempre secondo l’Espresso, avrebbe appianato le divergenze fra il Vaticano e l’ex-d.g. La sua assunzione venne caldeggiata da un esponente dell’allora Ppi. Secondo i più informati avrebbe la benevolenza di Gianni Letta e della Lega, sarebbe vicina a Guido Bertolaso, con cui condivise l’esperienza del Giubileo del 2000 e  fa parte della Fondazione Magna Carta, che persegue finalità culturali attraverso la promozione e la realizzazione di iniziative di studio e di ricerca nell’area del diritto, della storia, dei valori etici, dell’economia e della finanza, della sicurezza sociale, della geopolitica e della politologia e il cui Presidente è Gaetano Quagliariello, presidente vicario dei senatori del Pdl al Senato. “E’ la figura più autorevole”: ha detto di lei il consigliere del Pd Giorgio Merlo. “E’ una dirigente che stimo”: sono state le parole di Rizzo Nervo (sempre in quota Pd).  Sembra, pertanto,  tipo (almeno apparentemente) da consenso bipartisan e d’altronde non è un caso che  sia passata indenne, come detto, a ben quattro direttori generali (Agostino Saccà, Flavio Cattaneo, Alfredo Meocci e per ultimo Masi). Una donna, quindi,  di potere e vicina al potere, che comunque si è sempre dimostrata molto indipendente dalle pressioni politiche, tanto che, pare, non fosse proprio del tutto gradita a Berlusconi. Ma, alla fine, le perplessità del Cav. circa l’indipendenza dimostrata in più occasioni dalla Lei, che poco o nulla hanno a che fare con la malleabilità (ma anche con le scarse capacità) di Masi, sono cadute a causa delle preoccupazioni di operare un ulteriore strappo con il Vaticano, principale “sponsor” della nomina.  In Rai servono urgenti risposte circa l’evasione del canone e la governance, così come è necessario un intervento legislativo che consenta all’ente di non essere equiparata ad una Pubblica amministrazione per avere maggiore libertà di manovra. Ciò che la Lei dovrà risolvere sono i molti problemi di un’azienda che si trova “ingessata” da due sentenze della Cassazione che la assimilano ad una pubblica amministrazione, costretta a indire una gara pubblica anche per materiali di cancelleria. Un indebitamento che cresce, soprattutto per gli investimenti richiesti dal digitale terrestre. Un nuovo contratto di servizio che comporterà nuovi oneri e costringerà un’azienda sul mercato a pubblicare su un sito i compensi dei propri conduttori ed artisti. Un Piano industriale attuato a metà e per alcuni aspetti controverso, come per la decisione di incorporare società come RaiNet e RaiTrade, più adatte della Corporation centrale,  a operare su mercati in quotidiana evoluzione. Un’operazione, come la cessione delle “torri” di RaiWay, che diventa rischiosa dopo l’intesa raggiunta tra DMT e Mediaset , per la messa in comune delle proprie torri. Una raccolta pubblicitaria che non riesce a far fruttare i successi di ascolto – indiscutibili – dei canali digitali del servizio pubblico. Resta poi aperta la questione dei contratti dei conduttori di Raitre che riscuotono i maggiori successi di ascolto della rete. In questo caso Lorenza Lei, dovrà rapidamente risolvere la questione in pochi giorni. Senza parlare della credibilità dei Tg Rai – mai, forse, così bassa – e dei programmi del servizio pubblico, che peraltro nessuno “misura” all’interno del Paese. A soli 51 anni d’età e dopo una carriera progressiva e sempre in ascesa, la direttora, oltre agli altri, deve affrontare anche il problema, recentissimo, di una class action lanciata dall’associazione Altroconsumo nei giorni scorsi, secondo cui gli abbonati della tv pubblica “hanno subìto la cancellazione del proprio diritto, costituzionalmente garantito, a un’informazione libera e plurale”, con prima udienza l’1 giugno, allo scopo di ottenere un risarcimento di 500 euro per chiunque ne faccia richiesta.  Secondo Altroconsuma, lo scorso anno, durante la campagna elettorale per il voto amministrativo di marzo, “la Rai ha cancellato dal proprio palinsesto televisivo i principali programmi di informazione e approfondimento politico, come Ballarò, Porta a Porta, Anno Zero, Ultima Parola, vendo così  meno  ad “uno dei compiti principali del servizio pubblico radiotelevisivo che è quello di consentire la formazione consapevole da parte di ciascun cittadino della propria volontà politica”. Ma non è tutto. Nello stesso periodo la Rai “ha riconosciuto ad alcuni partiti spazi enormemente superiori rispetto a quelli accordati alle altre formazioni politiche che pure hanno preso parte alla consultazione elettorale. Comportamento sanzionato ripetutamente dall’Agcom”. Da qui la decisione della class action a cui hanno aderito sinora più di 11mila persone. Alla class action si fa riferimento anche nel numero di maggio della rivista Altroconsumo, dove viene pubblicata un’inchiesta sull’uso che fanno della televisione gli italiani. Un popolo, che nonostante il successo di internet, è ancora di teledipendenti. Visto che, secondo l’associazione dei consumatori, quattro persone su cinque hanno l’abitudine di guardare la tv almeno una volta al giorno. E negli ultimi anni, un terzo delle famiglie si è abbonato a una pay tv. Dopo Masi certamente ci si attende una discontinuità sulla informazione e sui contenuti culturali, ma anche radicali cambiamenti in un’azienda con una governance che non aiuta né l’efficienza né la competitività,  un direttore generale che può solo proporre al Cda, un Cda che può decidere solo sulle proposte del direttore generale. Un presidente che ha la rappresentanza dell’azienda, ma che – per i suoi stessi criteri di nomina (deve avere l’ok dei due terzi della Vigilanza) – rischia di trovarsi spesso nelle vesti di consigliere aggiunto di minoranza. Un Cda che non riesce a varare una nomina dallo scorso luglio, con due consiglieri sui quali pende una sanzione della Corte dei Conti per il caso Meocci, con canali televisivi e strutture editoriali senza un direttore o con un direttore a interim. Ma noi nutriamo grande fiducia nelle donne e nella loro vera capacità di governance. Al’inizio di marzo, Renè Obermann,  Ceo dell’operatore tedesco Deutsche Telekom, aveva lanciato una proposta da molti considerata una provocazione: far sì che entro il 2015 il 15% dei posti dirigenziali della compagnia sia assegnato a donne. La Commissione europea ha preso molto sul serio questo proposito e ha presentato una relazione dal titolo “More women in senior positions – key to economic stability and growth”, che sarà seguita dall’elaborazione di una nuova strategia per l’uguaglianza di genere che sarà adottata nei mesi a venire. Anche se ci solletica l’idea di immaginare le donne al comando come illogiche ed incapaci, come fece secoli fa Aristofane e se i nostri occhi e le nostre orecchie sono colmi di notizie su escort, veline più o meno vestite che girano al braccio di divi del cinema dichiarando finti fidanzamenti, quanto basta per tener vivo l’interesse sulle scemenze e distrarci dagli sfaceli veri e propri; è evidente che la risposta rosa all’incapicità di gestione maschile è urgente e, in molti casi, già efficacemente verificata. Sono ormai 17 le donne al comando dei propri paesi, colossi come Germania, India, Australia, pronte ad agire più che a parlare. In un celebre discorso Margaret Thatcher, primo ministro inglese dal 1979 al 1990, esordì affermando: “In politica se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi a un uomo. Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi a una donna”. Credo davvero, senza voler essere “donnista” ad ogni costo, che questo sia vero in molti altri campi.

Carlo Di Stanislao

 

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