Ambientalisti: addio ai vecchi stabilimenti balneari, pericolo centri commerciali

Addio ai tradizionali stabilimenti e ai nostalgici chioschetti per fare posto a centri commerciali proprio sulla spiaggia, alberghi in riva al mare, centri fitness. Questo lo scenario a rischio per le spiagge italiane, secondo Legambiente, con le norme contenute nel Dl Sviluppo che introduce un diritto di superficie di 90 anni e “la possibilità di […]

Addio ai tradizionali stabilimenti e ai nostalgici chioschetti per fare posto a centri commerciali proprio sulla spiaggia, alberghi in riva al mare, centri fitness. Questo lo scenario a rischio per le spiagge italiane, secondo Legambiente, con le norme contenute nel Dl Sviluppo che introduce un diritto di superficie di 90 anni e “la possibilità di costruire sui 300 metri dal mare” aggirando le tutele sui beni paesaggistici e ambientali. Un allarme cemento che ha fatto scattare l’appello al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da parte di Wwf e Fondo ambiente italiano (Fai). Anche il Presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, ha inviato una memoria a Napolitano avanzando l’ incostituzionalità del provvedimento. Il modello Versilia in Toscana, e quello di Ostia, il mare di Roma “sono un’anteprima di quello che accadrà in giro per l’ Italia”, afferma Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente secondo il quale “a rischio sono le spiagge di Friuli, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Toscana”. Una vera e propria “industrializzazione del bagnasciuga dove il mare e la spiaggia – dice Venneri – sono l’ultimo dei problemi”. Questo si sviluppa e si giustifica con un bacino di utenza alle spalle che consente di stare aperti tutto l’anno. Per quanto riguarda invece le regioni più tradizionalmente marine, secondo Venneri, “rischiano il cemento con la trasformazione delle cabine in bungalow e poi in piccoli villaggi vacanze”. Ma la Versilia, così come la Romagna, risponde il presidente nazionale dei balneari di Confesercenti, Vincenzo Lardinelli, proprietario di uno dei più grandi e attrezzati stabilimenti di Viareggio, hanno “inventato il turismo balneare e questo è un modello unico, apprezzato in tutto il mondo”. “Dove ci sono gli stabilimenti non c’é stata speculazione edilizia – dice – anzi noi abbiamo contribuito, in qualche modo, a proteggere il territorio”. E aggiunge: “Nel mio stabilimento dai due dipendenti stagionali di un tempo, oggi siamo passati a 50 dipendenti invernali e 70 nella stagione estiva. Il decreto ha il chiaro obiettivo di rilanciare un settore come il turismo che é strategico per il nostro paese e la Ue, prima di esprimersi, farebbe meglio a leggere bene il decreto”. Sul fronte opposto il presidente del Parco dell’Arcipelago Toscano, Mario Tozzi: “I balneari difendono il loro di territorio perché un metro quadrato di battigia frutta migliaia di euro all’anno. In Versilia – aggiunge Tozzi – hanno occupato già tutto con ombrelloni fissi, casotti e piscine. Potrebbe accadere anche altrove. Questo decreto è una vera jattura per le coste italiane”. Per quanto riguarda il ‘modello’ Ostia, Legambiente Lazio parla di “lungomuro” e non lungomare mentre i balneari del Lazio, con molti associati a Ostia, e la Confcommercio ritengono che le polemiche siano solo strumentali per fini politici. E sulle costruzioni entro i 300 metri interviene il presidente del sindacato balneari (Sib) di Confcommercio, Riccardo Borgo: “Se ci sono zone vergini dove è possibile produrre economia, ben venga ma per costruire entro i 300 metri occorre avere molta attenzione, serve molta cautela. Per quanto ci riguarda noi non ne abbiamo bisogno”.

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