L’Abruzzo come la Germania, la mafia c’è ma non la si vuole vedere

“Riflettere sulla Germania aiuta a riflettere sull’Abruzzo”. Cosa avranno in comune queste due terre tanto lontane? Secondo il Senatore, membro della Commissione Parlamentare Antimafia Giuseppe Lumia, quando dopo la caduta del muro di Berlino la ‘Ndrangheta si è infiltrata “nella potente, civile e attrezzata Germania, il problema non si è posto. Solo con la strage […]

“Riflettere sulla Germania aiuta a riflettere sull’Abruzzo”. Cosa avranno in comune queste due terre tanto lontane? Secondo il Senatore, membro della Commissione Parlamentare Antimafia Giuseppe Lumia, quando dopo la caduta del muro di Berlino la ‘Ndrangheta si è infiltrata “nella potente, civile e attrezzata Germania, il problema non si è posto. Solo con la strage di Duisburg e quindi con il sangue versato ci si è svegliati”. In modo simile “in Abruzzo da anni sono arrivati i soldi della mafia e si è fatto lo stesso errore della Germania”. A parlare di mafia e di antimafia ad Onna presso la Casa Onna Onlus, ieri pomeriggio si sono incontrati due calabresi, Emiliano Morrone, giornalista e scrittore “la Voce di Fiore”, Orfeo Notaristefano, giornalista e scrittore, una napoletana, Antonietta Picardi, Sostituto Procuratore della Repubblica de L’Aquila, e un siciliano, Giuseppe Lumia, per parlare agli abruzzesi di un libro: “L’Aquila. Per tornare a volare” (Edizioni Ponte Sisto 2011) di Giuseppe Lumia e Orfeo Notaristefano. Il libro che è stato distribuito gratuitamente ad Onna e all’Aquila, ma è, invece, in vendita in tutte le parti d’Italia, per ricordare “Onna come luogo simbolo della tragedia”, ha detto Notaristefano.

La mafia esiste in Abruzzo, ma questa verità non piace a nessuno. Non piace ai politici e nemmeno alla società. “Non si crede che la mafia possa infiltrarsi nelle realtà tranquille”, ha detto Antonietta Picardi. Invece siamo di fronte ad “una presenza non occasionale ma strutturale”, ha tenuto a precisare Lumia.

Il libro non descrive solo attraverso quali forme il fenomeno mafioso si manifesta sul territorio, ma anche quali sono le regioni per cui questa sorta di pestilenza ha colpito anche l’Abruzzo. La spiegazione più limpida la fornisce Notaristefano. “Le mafie in Abruzzo hanno trovato terreno di coltura nella mala politica, nella corruzione trasversale di oltre vent’anni” – ha spiegato il giornalista. “Tale situazione consente al mafioso ‘ndranghetista di fare accordi con la politica che non aspetta altro”. La classe dirigente descritta non sarebbe mai cambiata nel territorio abruzzese, perché  tuttora essa “sul rapporto legalità e sviluppo non è preparata”, ha denunciato Lumia.

Con il terremoto la classe dirigente ha perso la forza per portare avanti una militanza antimafiosa. “Stordita e sconvolta com’è la classe dirigente rischia di incorrere ancora una volta nell’errore della sottovalutazione”. “Nemmeno la società civile è attrezzata ad affrontare questi fenomeni” – ha detto Angelo Venti, Giornalista, referente di ‘Libera’, L’Aquila – “Non la chiamano mafia perché non spara?”. Il dato fondamentale che è emerso è, infatti, una negazione del problema da parte di tutti, che il terremoto ha semplicemente mostratocon maggiore chiarezza.

Il terremoto, infatti, “ha messo a nudo cos’è l’Italia e cos’è l’Abruzzo nel bene e nel male”, ha detto Lumia. Il terremoto “ha anche moltiplicato la presenza delle organizzazioni mafiose che già c’erano. Le organizzazioni mafiose che esistono in Italia sono arrivate tutte in Abruzzo”. Nella nostra Regione, quindi, non ci sarebbero le imprese della mafia ma le filiali, legate alla impresa madre da “una rete di relazioni con politici, imprenditori e tecnici, costruita nel pre-terremoto”, ma divenuta particolarmente appetibile nel post-terremoto. La rete funziona soprattutto attraverso il traffico degli stupefacenti, la prostituzione, il gioco d’azzardo e il riciclaggio, di cui è una sentinella d’allarme “la sproporzione fra numero di abitanti e supermercati spesso luoghi di riciclaggio”, ha spiegato Venti.

“L’Italia ha la migliore legislazione antimafia”, ha riconosciuto Notaristefano. Tuttavia, nonostante sia fondamentale il controllo fatto da forze dell’ordine e magistratura, è necessario “creare una rete di associazioni e individui che formino un’unica struttura antimafia”, ha detto Venti. L’opinione condivisa da tutti è che non si può demandare solo alle Istituzioni un lavoro di controllo del territorio e della condotta antimafiosa che dev’essere l’imperativo categorico di ogni cittadino italiano.

In Abruzzo, in un territorio in cui la mafia ancora non spara, l’attenzione deve rimanere alta soprattutto all’indomani del terremoto. “Noi non vi abbandoneremo mai. Noi torneremo e quello che c’è da fare lo faremo” – ha detto Notaristefano – “Bisogna rimanere uniti, di fronte alla strategia disgregatrice del progetto C.A.S.E, perché per noi dire ‘Ammazzateci tutti’ (slogan antimafioso, ndr) è come dire ‘Siamo tutti aquilani’”.

Lisa D’Ignazio

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