Sempre piu’ divorzi a causa delle scommesse

“Sempre più spesso le scommesse determinano disgregazione familiare”. E’ l’allarme degli avvocati matrimonialisti (Ami) che segnalano anche come il 6%-8% delle separazioni sono causate dai debiti del coniuge. Il tutto in relazione all’inchiesta sulle scommesse che ha coinvolto insospettabili protagonisti del calcio italiano; ciò ripropone in “tutta la sua drammaticità il crescente e pauroso aumento […]

“Sempre più spesso le scommesse determinano disgregazione familiare”. E’ l’allarme degli avvocati matrimonialisti (Ami) che segnalano anche come il 6%-8% delle separazioni sono causate dai debiti del coniuge. Il tutto in relazione all’inchiesta sulle scommesse che ha coinvolto insospettabili protagonisti del calcio italiano; ciò ripropone in “tutta la sua drammaticità il crescente e pauroso aumento del gioco d’azzardo (lecito e clandestino) che in Italia oramai produce fatturato miliardari”. Il nostro Paese, infatti, si colloca al secondo posto in Europa dopo la Finlandia per spesa pro capite per il gioco d’azzardo (mediamente 600 euro all’anno). Situazione che sta producendo seri danni all’economia di un numero crescente di famiglie italiane sempre più indebitate e schiave dell’usura. Il fenomeno è trasversale, coinvolge senza distinzioni di età, sesso, ceto sociale e collocazione geografica. “L’illusione di far quadrare i conti attraverso il gioco d’azzardo – Gian Ettore Gassani, presidente Nazionale Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani – sta diventando una malattia nazionale. Inevitabilmente questa corsa al rischio per diventare ricchi sta determinando preoccupanti riflessi sulla tenuta di molte coppie di coniugi e conviventi. Il centro studi Ami calcola che tra il 6%-8% separazioni e divorzi siano causati dagli insostenibili debiti di gioco dell’uno o dell’ altro coniuge”. Secondo Gassani, quindi, “alla crisi economica del Paese quindi si aggiunge quella, tutta intrafamiliare, causata dai debiti di gioco. E’ sempre più frequente il caso di persone unite in matrimonio o conviventi more uxorio affette da dipendenze da gioco d’azzardo che vendono di nascosto i beni di famiglia o prosciugano i risparmi di una vita per giocare o pagare i debiti contratti. Si tratta di vere e proprie tragedie familiari che vedono interi nuclei ridotti sul lastrico. Sovente la disperazione per la sopraggiunta miseria economica produce violenze intrafamiliari di ogni tipo (percosse, lesioni, sottrazione e vendita dei gioielli del coniuge, dei mobili di famiglia, dei regali di nozze, dell’autovettura e finanche oggetti dei figli). Insomma i costi sociali di questo fenomeno, che andrebbe immediatamente contenuto, rischiano di dare la spallata finale ad una istituzione, il matrimonio, che sta già attraversando un preoccupante periodo di crisi. Al danno della fine di molti matrimoni e di intere famiglie costrette ad una improvvisa indigenza si aggiunge la beffa di non poter ottenere dal coniuge giocatore d’azzardo nemmeno l’assegno di mantenimento o l’assegnazione della casa coniugale atteso che quest’ultimo quasi sempre è diventato un nullatenente, incapace di badare a se stesso ed ai propri familiari. L’impazzimento generale di molte famiglie è provato anche dall’episodio di ieri in cui due coniugi (moglie italiana, marito egiziano), presi da un momento di follia da gioco ed attratti dalle slot machine, hanno abbandonato due dei tre figli minori nell’auto sotto il sole”. Per Gassani “occorre sanzionare penalmente i comportamenti legati al gioco d’azzardo, anche quello lecito, che possono compromettere irrimediabilmente soprattutto i diritti economici e sociali dei minori. A fronte di tale emergenza sociale lo Stato deve rivedere le proprie posizioni in ordine ad una indiscriminata liberalizzazione del gioco d’azzardo che sta trasformando il popolo italiano, da sempre parsimonioso e risparmiatore (con grande vantaggio per l’economia nazionale) in un popolo disperato sul piano economico, personale, professionale e soprattutto familiare. Occorre trovare misure per individuare un tetto massimo di giocata pro capite, anche attraverso l’esibizione di documenti di identità. Vi sono casi infatti di lavoratori dipendenti che già dopo la prima settimana del mese hanno dilapidato lo stipendio a causa delle proprie scommesse”.

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