Rese pubbliche le graduatorie del progetto C.A.S.E, ma il Comune chiede la gestione dell’assistenza

“Un atto simbolico, ma anche un gesto concreto di trasparenza”: così ha definito stamane l’Assessore all’Assistenza alla Popolazione Fabio Pelini l’accesso al pubblico delle graduatorie del Progetto C.A.S.E, nate dal censimento dell’agosto del 2009 e a breve consultabili anche sul sito del Comune. I documenti, che sono stati resi pubblici dopo un lungo braccio di […]

“Un atto simbolico, ma anche un gesto concreto di trasparenza”: così ha definito stamane l’Assessore all’Assistenza alla Popolazione Fabio Pelini l’accesso al pubblico delle graduatorie del Progetto C.A.S.E, nate dal censimento dell’agosto del 2009 e a breve consultabili anche sul sito del Comune. I documenti, che sono stati resi pubblici dopo un lungo braccio di ferro tra Protezione Civile e Comune durato quasi due anni, riguardano circa 7000 nuclei familiari che scelsero immediatamente dopo il sisma come prima opzione il progetto C.A.S.E.

La classificazione degli assegnatari, di cui non sono riportati i dati personali vincolati dalla privacy, è stata fatta, come si legge dai documenti, attraverso alcuni criteri base. Tra questi di primaria importanza sono: la numerosità del nucleo familiare, il numero delle persone non deambulanti o con handicap gravi o invalide, gli iscritti a scuola, i lavoratori, e infine l’età.

Ma ha precisato Pelini: “In realtà non si tratterebbe di una vera e propria graduatoria, in quanto vi sono inseriti elementi discussi in Consiglio (comunale, ndr) e recepiti dall’Ordinanza sindacale 11/88 e altri criteri decisi in maniera autocratica dalla Protezione Civile, come il criterio di territorialità”. Quest’ultimo prevede che a parità d punteggio si faccia una distinzione tra persone che vivevano in aree vincolate, quelle in cui è sorto il Progetto C.A.S.E, e altre che vivevano in aree non vincolate, quelle in cui non sono state costruite le C.A.S.E. In base a questa discriminante, i primi sarebbero stati avvantaggiati rispetto ai secondi.

Tutto ciò ha prodotto “una guerra tra poveri” – ha detto Pelini – “tra chi la casa ce l’ha e chi no, a causa di un errore clamoroso fatto da chi ha pianificato il Progetto C.A.S.E, assegnate a solo un quarto di coloro che ne avevano bisogno”.

 

Tuttavia, le questioni illustrate oggi e che risalgono all’agosto del 2009 non sembrano essere state risolte, considerati i nuovi problemi di dialogo e gestione dei poteri tra Sge e Comune.

La mancata comprensione tra le due strutture nasce dalla direttiva presentata il 18 maggio scorso dallo stesso Ass. Pelini, attraverso la quale si cercava di allargare i benefici dell’assistenza alla popolazione per condizioni fino ad allora non contemplate.

Tra queste ricordiamo quelllo che Pelini ha definito “il grande risultato che introduce un concetto di progresso della civiltà giuridica”, il diritto per le coppie di fatto di avere garantita l’assistenza per entrambi i coniugi, nel caso di abbandono di uno dei due dell’abitazione assegnata.

La direttiva, inoltre, andava nella direzione di assegnare prima le abitazioni e poi di verificare i requisiti per snellire le procedure e accorciare i tempi.

La proposta è stata approvata dall’Sge dopo 22 giorni, il 3 giugno, ciò significa che “se il CAS che spetta ad un cittadino dev’essere erogato a partire dalla direttiva, si ha già un ritardo di 20 giorni per la consegna dello stesso”, ha precisato Pelini.

Inoltre, la direttiva è stata modificata prima di essere approvata, in quanto il vice Commissario alla ricostruzione Antonio Cicchetti ha eliminato il principio di retroattività, indicato nel documento. A proposito di questa decisione, che il consigliere comunale di Sinistra per L’Aquila Giuseppe Bernardi ha definito una “sveltina”, Pelini ha affermato: “Se si è verificata un’ingiustizia e la saniamo solo ora, perché non è retroattiva?”.

 

Il problema di fondo resta il rapporto tra Comune e Sge. Avverte Pelini che “o prendiamo come Comune tutto il pezzo del sistema assistenza oppure non possiamo continuare a fare il parafulmine della Sge. Non accettiamo una soluzione ibrida per la quale noi gestiamo il rapporto con i cittadini e loro fanno le ordinanze”.

Per il consigliere Enrico Perilli (Prc), il Comune dovrebbe riprendere in mano la gestione del problema assistenza “come già avviene nei comuni di Fossa e Pizzoli con i MAP e la Sge deve andare via dalla città”. Un chiaro segno in questa direzione è la proposta che Perilli ha lanciato al Sindaco. La richiesta al primo cittadino è di “ritirare i dipendenti comunali presso la Sge”.

A margine della conferenza i rappresentanti del Comune hanno assicurato che ci sono a disposizione 4 milioni di euro che nei prossimi giorni verranno distribuiti ai cittadini che hanno diritto al CAS, per il pagamento della rata di aprile.

Lisa D’Ignazio

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