Se respiri muori

Che l’aria inquinata abbia un effetto nocivo sulla salute è cosa risaputa, tuttavia solo negli ultimi tempi le istituzioni sembrano avere preso effettiva consapevolezza del problema iniziando una campagna di sensibilizzazione su di una tematica che provoca con paurosa regolarità malattie, decessi e spese farmaceutiche non indifferenti. Secondo studi condotti dal gruppo CAFE (Clear Air […]

Che l’aria inquinata abbia un effetto nocivo sulla salute è cosa risaputa, tuttavia solo negli ultimi tempi le istituzioni sembrano avere preso effettiva consapevolezza del problema iniziando una campagna di sensibilizzazione su di una tematica che provoca con paurosa regolarità malattie, decessi e spese farmaceutiche non indifferenti. Secondo studi condotti dal gruppo CAFE (Clear Air For Europe), operante presso la Commissione Europea, ogni anno nel vecchio continente morirebbero circa 300.000 persone per cause legate all’inquinamento atmosferico, mentre in Italia i decessi di questo tipo si aggirerebbero intorno alle 55.000 unità, di cui 50.000 causati da malattie croniche (tumori polmonari su tutti) e 5000 da infarti, ictus e crisi respiratorie acute. Siamo in presenza, a ben vedere, di un autentico bollettino di guerra, di cui fino a questo momento non sembra essersi presa effettiva  consapevolezza; da un lato infatti le campagne di informazione sono poco convincenti e gestite con una certa superficialità, dall’altro gli stessi cittadini si dimostrano poco disposti a modificare determinati comportamenti condannati esplicitamente dalla realtà dei fatti; un esempio clamoroso è costituito al riguardo dall’altissimo tasso di motorizzazione del nostro paese, secondo solo a quello degli Stati Uniti, che vede una media di oltre 60 automobili ogni cento abitanti, contro una percentuale europea di appena 52 auto ma, fatto ancora più deplorevole, l’impressione è che la nostra opinione pubblica sia scarsamente interessata ai programmi di risanamento ambientale in quanto tali, di cui non sembra afferrare l’effettiva importanza. Certo, l’attenzione dedicata al problema sarebbe maggiore, se solo si riflettesse per un momento che l’inquinamento atmosferico si traduce in concreto in un cocktail micidiale di polveri sottili contenenti diossine, metalli ed idrocarburi, capaci di innescare svariate patologie e, a differenza del fumo, di avere un impatto negativo generale, tale da attentare alla salute di tutti. Recenti ricerche condotte da alcune università americane hanno dimostrato in particolare come le polveri sottili, che ciascuno di noi inala quotidianamente a pieni polmoni, sono una delle cause principali di malattie cardiovascolari quali ictus ed infarti, stante la loro riconosciuta capacità di favorire i processi infiammatori e di incidere sulla coagulazione del sangue, facilitando in tal modo la formazione di trombi; una indagine svolta su un campione di 50.000 donne in svariate città americane ha stabilito nello specifico come gli eventi cardiovascolari suaccennati abbiano una incidenza più marcata nelle località in cui l’aria è maggiormente inquinata e il tutto indipendentemente da altri fattori di rischio quali fumo e colesterolo. Là dove la concentrazione di polveri sottili è superiore il rischio di ammalarsi di cuore è quindi maggiore, il che consente di stabilire un chiaro rapporto di causa-effetto tra inquinamento e patologie di riferimento: ma in cosa consistono le polveri sottili? Il termine indica un variegato complesso di inquinanti quali le polveri totali sospese, il pulviscolo atmosferico, il particolato, il particolato sospeso e le polveri sottili comunemente dette (PM 10, PM 5, PM 2,5), un insieme di sostanze sospese in aria ed il cui contenuto è costituito da fibre, inquinanti liquidi o solidi, particelle carboniose ecc. . Gli elementi che concorrono alla formazione di questi aggregati sono a loro volta numerosi e comprendono sia fattori naturali che antropici, ovvero imputabili alla presenza ed all’azione dell’uomo; questi ultimi, ovviamente, sono quelli che ci interessano maggiormente, data la diffusione ad ampio spettro e la riconducibilità diretta ai più comuni fattori di inquinamento, non a caso tra essi spiccano le emissioni di lavorazioni meccaniche, cementifici, raffinerie e cantieri, le emissioni da riscaldamento domestico e, soprattutto, quelle derivanti dalla combustione di motori a scoppio, dunque da collegare ad automobili, autocarri e mezzi di trasporto aereo. E’ interessante notare come la relazione tra fattori naturali e fattori antropici varia notevolmente a seconda dei luoghi, tuttavia questi ultimi prevalgono nettamente nelle aree urbane dove sono il traffico stradale, il riscaldamento e gli impianti industriali (tipo altiforni, centrali a carbone, inceneritori e simili) a costituire l’elemento preponderante; secondo lo Scenihr, Comitato Scientifico istituito presso la Commissione Ue per lo studio dei rischi per la salute, i motori a gasolio e le auto con catalizzatori freddi o danneggiati sarebbero i principali responsabili della produzione di polveri totali sospese, mentre i ricercatori dello Scher, altro comitato Ue con funzioni sostanzialmente analoghe, hanno affermato che le principali emissioni di polveri sottili derivano dagli scarichi di veicoli, dalla combustione di carbone e legna e dai processi industriali. Queste conclusioni collimano di fatto con i dati forniti dall’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente), giusta i quali la produzione di polveri sottili in Italia è riconducibile per oltre il 50% ai trasporti e per un buon 30% alla attività industriale, mentre una interessante indagine dell’Automobil Club Italiano ha statuito che il 30% circa di emissioni di polveri sottili deriverebbe dagli autoveicoli a gasolio. Quel che è peggio, tali sostanze sono altamente nocive per la salute, e non a caso le patologie e i disturbi associati all’inquinamento dell’aria sono un nemico subdolo in grado di colpire chiunque con affezioni sia di tipo acuto che cronico; queste ultime, indubbiamente le più radicate, sono caratterizzate da una significativa riduzione della funzionalità cardiaca e respiratoria, e conducono spesso alla morte attraverso bronchiti croniche, ictus, infarti e neoplasie. Abbattere l’inquinamento deve diventare dunque una priorità di sanità pubblica, come attestato non solo dai milioni di morti e dall’enorme dispendio di risorse economiche profuse al riguardo, ma anche dagli allarmi lanciati ripetutamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, se è vero che la media europea della vita bruciata dall’inquinamento è di 8,6 mesi pro capite e che solo una riduzione significativa delle emissioni di gas da parte delle industrie, un contenimento del traffico (il che equivale in primis a meno automobili in circolazione) ed una revisione convinta dei nostri stili di vita potranno consentirci una inversione, sia pur minima, di una situazione per più versi catastrofica.

Giuseppe Di Braccio

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