La casa ci avvelena lentamente…le piante mangiasmog purificano l’aria

L’aria di casa puo essere più inquinata di quella esterna. A lanciare l’allarme è stato l’Ente americano per la protezione dell’ambiente. Mobili, tappeti, tessuti, giornali: tutte possibili fonti di incremento dell’inquinamento dell’aria già inquinata che facciamo entrare dalla finestra. Che fare? Oltre a lottare contro l’inquinamento outdoor (esterno) occorre fare molta attenzione a quello indoor (interno), […]

L’aria di casa puo essere più inquinata di quella esterna. A lanciare l’allarme è stato l’Ente americano per la protezione dell’ambiente. Mobili, tappeti, tessuti, giornali: tutte possibili fonti di incremento dell’inquinamento dell’aria già inquinata che facciamo entrare dalla finestra. Che fare?

Oltre a lottare contro l’inquinamento outdoor (esterno) occorre fare molta attenzione a quello indoor (interno), evitando di introdurre oggetti impregnati di sostanze nocive. Altro rimedio: cambiare spesso l’aria. Ma vi è anche la “strategia verde” delle piante che possono contribuire ad assorbire le sostanze tossiche presenti negli arredi casalinghi (formaldeide ad esempio). Le più efficaci sono: dracena, filodendro, spatifillo, aloe, begonia, gerbera e stella di Natale. Anche la dieffenbachia fa parte di quella categoria di piante che aiutano a rimuovere gli inquinanti atmosferici. La pianta ha questo nome in onore a J.P Dieffenbach, amministratore dei giardini del palazzo reale Schönbrun di Vienna. Ci sono circa cinquanta piante d’appartamento che, secondo l’Istituto di biometeorologia del Cnr di Bologna, sono in grado di assorbire le sostanze tossiche.

Più nello specifico lo spartifillo aiuta ad eliminare dall’aria sostanze tossiche come alcol metilico, tricloroetilene, acetone e, come detto prima, formaldeide. La dracena marginata “mangia” xilene e tricloroetilene. Il cactus di Natale libera ossigeno e incamera anidride carbonica.
Vediamo più da vicino alcune delle sostanze assorbite da queste piante. Il tricloroetilene è praticamente la vecchia trielina, ed è un sospetto cancerogeno e infatti il simbolo del suo rischio chimico è un teschio su sfondo arancione. Anche quando non uccide, può provocare vuoti di memoria e anche momentanee allucinazioni.

E passiamo allo xilene. E’ un neurotossico. Non ha come simbolo il teschio ma le sue controindicazioni sono moltissime. Lo xilene danneggia il cervello, può causare mal di testa, cambiamenti di umore, irritazione al sistema respiratorio, agli occhi, perdita della memoria, danni a reni e fegato.
Uno dei più invadenti inquinanti indoor è la formaldeide (teschio su sfondo arancione).
Vi è un largo impiego di resine derivate dalla formaldeide. Tale sostanza è correlata alle produzioni di mobili, rivestimenti e schiume isolanti. E queste cose tendono a rilasciare nel tempo molecole di formaldeide nell’ambiente per cui la formaldeide è uno dei più diffusi inquinanti di interni.

Dal 2004 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha inserito la formaldeide nell’elenco delle sostanze considerate certamente cancerogene per l’uomo.
E’ veramente sconcertante che, dopo la fabbrica, sia proprio la casa il luogo dove si concentrano a volte le maggiori insidie per la salute. Eppure nella casa ci rifugiamo per trovare protezione e sicurezza e ci attenderemmo di tenere fuori dalla porta e dalle finestre lo “smog esterno”.

C’è un sito web (http://www.indoor.apat.gov.it) di informazione scientifica istituzionale sull’inquinamento indoor. Fra le varie cose interessanti vi è una presentazione multimediale sul radon, insidioso cancerogeno casalingo. Viene al secondo posto dopo il fumo per vittime mietute. E’ presente nel suolo e in diversi materiali di costruzione di origine vulcanica come il tufo e i graniti. Si accumula nei locali chiusi (come le cantine) e lì diventa pericoloso. E’ importante pertanto cambiare spesso l’aria. Il Lazio, la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia e la Campania sono le regioni che hanno maggiore presenza di radon. L’Italia ha una concentrazione di radon quasi doppia rispetto al resto del mondo e il Lazio, per fare un esempio, ha una concentrazione media di radon circa cinque volte superiore rispetto alla Sicilia.  Non sembrano esserci “piante mangiaradon”.

Alessandro Marescotti

 

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