L’Aquila: studenti accusano preside sul crollo Convitto nazionale

Alcuni ragazzi scampati miracolosamente alla morte dal crollo del convitto nazionale il 6 aprile 2009 ed alcuni genitori hanno accusato il preside, Livio Bearzi, per non essere intervenuto alla luce delle precarie condizioni dell’immobile e, soprattutto, per non evacuato la struttura; stessi rilievi sono stati fatti anche da alcuni genitori di giovani che si sono […]

Alcuni ragazzi scampati miracolosamente alla morte dal crollo del convitto nazionale il 6 aprile 2009 ed alcuni genitori hanno accusato il preside, Livio Bearzi, per non essere intervenuto alla luce delle precarie condizioni dell’immobile e, soprattutto, per non evacuato la struttura; stessi rilievi sono stati fatti anche da alcuni genitori di giovani che si sono salvati. E’ quanto emerso dall’odierna udienza del processo sul crollo del Convitto nazionale, incentrata sulle testimonianze dei giovani che si sono salvati e dal alcuni genitori. Nel crollo persero la vita tre minori, Luigi Cellini, 15 anni, di Trasacco (L’Aquila) e due stranieri Ondreiy Nouzovsky, (17) e Marta Zelena (16). L’udienza si è conclusa nella tarda mattinata con il rinvio al 29 novembre. Gli imputati, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni, sono il preside del Convitto, Livio Bearzi e Vincenzo Mazzotta, dirigente della Provincia dell’Aquila, ente proprietaria della struttura. I ragazzi ascoltati hanno raccontato che l’edificio fosse già prima del terremoto in precarie condizioni: si è parlato di lesioni sparse, intonaci che cadevano a terra, secchi sparsi un po’ ovunque all’interno del Convitto sistemati per raccogliere l’acqua piovana ed addirittura una intera camerata lasciata vuota in quanto era caduto un grosso pezzo di cemento. Passando alle ore che hanno anticipato il crollo del Convitto, i ragazzi hanno raccontato che il rettore Bearzi e l’educatore Fortunato Pelliccione, nonostante la forte scossa delle 23.30 avessero impedito ai ragazzi minorenni di poter uscire dall’edificio, nel rispetto del regolamento, dando la facoltà solo ai maggiorenni di poter andare via.

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