La ricostruzione parte dal sociale: inaugurata la casa del Volontariato e dell’Associazionismo

Nella città delle case che non ci sono, del conflitto perenne tra aquilani e studenti per un tetto sotto cui stare, delle C.A.S.E che hanno ridisegnato in negativo il profilo urbanistico e sociale, è nata una nuova casa, anzi due: la Casa del Volontariato e dell’Associazionismo. Nato nell’anno del volontariato, il  complesso di 1400 metri […]

Nella città delle case che non ci sono, del conflitto perenne tra aquilani e studenti per un tetto sotto cui stare, delle C.A.S.E che hanno ridisegnato in negativo il profilo urbanistico e sociale, è nata una nuova casa, anzi due: la Casa del Volontariato e dell’Associazionismo. Nato nell’anno del volontariato, il  complesso di 1400 metri quadrati posto in Via Sagarat (località Campo di Pile), sarà aperto al pubblico a partire da lunedì 22 agosto. La nuova struttura sociale, inaugurata questa mattina, è costata fino ad ora circa 1,8 milioni di euro. 733 mila euro sono le risorse necessarie per il completamento, su cui tutti sono fiduciosi, considerato il grande contributo finanziario che istituti di crediti, enti e cittadini hanno riversato in questa iniziativa. Nasce, così, un centro per tutta la cittadinanza soprattutto quella giovane, un luogo di aggregazione e d’incontro fondato sui valori di partecipazione, coesione sociale e solidarietà: i principi della società del futuro che i protagonisti della Casa sognano. Grazie al lavoro e alla tenacia del CSVAQ (Centro di Servizio per il Volontariato dell’Aquila e del CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio del Volontariato), il progetto nato nel freddo inverno del 2010, in pochissimo tempo è giunto a compimento. Ospiterà non solo la nuova sede del CSV della provincia dell’Aquila, ma anche dieci enti associativi di terzo settore: Arci, Auser, Avulss, Banca Etica, 180 Amici, Centro Studi Gioacchino Volpe, L’Impronta, Nuova Acropoli, Percorsi, Volontari Abruzzesi Sangue. La città oggi è più ricca non solo sotto il profilo urbanistico, che si sta impoverendo sempre più con edifici abusivi localizzati in maniera irrazionale, ma soprattutto sotto quello culturale. L’insediamento materiale di queste realtà, tutte insieme in un unico luogo è prima di tutto in contrasto con la logica della delocalizzazione, della dispersione che ha costituito un duro colpo per la città post sisma, molto più forte di quello prodotto dalle delocalizzazioni delle aziende per l’economia italiana. Ciò che si deve evitare nella città del futuro è appunto la creazione di realtà lontane e sconnesse tra di loro. Al contrario, la scelta di inserirle un un unico complesso significa creare una relazione interconnessa tra di esse che costituisce la vera opportunità offerta da questo terremoto, in un contesto in cui nel pre terremoto il dialogo tra le stesse non esisteva. Importante in tal senso è stato il richiamo alle altre realtà dell’associazionismo nate nell’Aquila del post 6 aprile riunite in Piazza d’Arti. La nuova casa ha più volte teso la mano all’associazionismo di Via Ficara, nell’auspicio che il collegamento tra le due si rafforzi. Per questa ragione, l’Arci ha deciso di essere presente in entrambi i poli dell’associazionismo, per evitare le difficoltà di “una città sparpagliata e smembrata”, ha detto Paolo Beni, Consigliere delegato Forum Terzo Settore e Presidente Arci. “Una città che genera perdita di memoria dei luoghi, senso di smarrimento e distruzione dei luoghi di socialità”, ha aggiunto.

Collegare, unire, stringere legami: sono questi i verbi che hanno caratterizzato l’incontro. La rete promossa dalla nuova Casa non va solo oltre la dispersione imperante, ma anche la più semplice e illusoria connessione del XXI secolo, cioè internet. Nella Casa del Volontariato e dell’Associazionismo si è percepito che ciò che davvero connette e unisce più di ogni altra cosa sono le relazioni umane, possibili solo in un luogo in cui le persone fisicamente si incontrano, “si guardano negli occhi e scoprono l’unico linguaggio, quello dell’amore”, come ha detto Mons. Giovanni D’Ercole.

“Le case si possono ricostruire, ma ricostruire il senso d’appartenenza di una socialità è molto difficile e non è detto che ci si riesca” – ha detto Paolo Beni – La ricostruzione sociale non può venire dopo, anzi è precondizione per avere la forza di ricostruire materialmente una città”. Per questo è ancora attuale lo slogan del terremoto del Friuli: “Prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese”, come ha ricordato Franco Bagnarola della Consulta del Volontariato presso il Forum del Terzo Settore.

La ricostruzione presuppone non solo mattoni, non solo calcestruzzo, non solo calcoli ingegneristici. “L’Aquila potrà rinascere dalle scorie della guerra solo attraverso un percorso di cultura e di confronto”, ha detto Stefano Cencioni, riprendendo le parole del nonno pittore aquilano le cui opere sono state oggi esposte nella sala. Le tele, recuperate dalla macerie del terremoto, raccolgono con colori squillanti e fortemente contrastanti con la realtà circostante di una città ancora polverosa e grigia, tutta la speranza e la grinta di un’Italia, quella del dopo guerra, che aveva voglia di ripartire da zero. L’Aquila, vittima della guerra della natura può essere salvata dalla stessa voglia di ripartire e dalla solidarietà. Una solidarietà che “non può essere di qualcuno, l’eccezione ma la regola”, ha detto Roberto Museo, responsabile del progetto e Direttore Coordinamento Nazionale CSV, riprendendo le parole di Don Luigi Ciotti. E ha aggiunto: “Finito il tempo della spettacolarizzazione della solidarietà, dopo lo spettacolo resta quello che di più duraturo è nei nostri cuori”.

“La casa è anche un’occasione per proporre un percorso condiviso, la nascita e lo sviluppo di una Fondazione di Comunità nella provincia dell’Aquila”, ha detto Gianvito Pappalepore, Presidente  Centro di Servizio per il volontariato della Provincia dell’Aquila. La fondazione agirebbe per Pappalepore come “strumento filantropico che raccoglie, gestisce e redistribuisce le donazioni e i lasciti”. La strada da intraprendere sarebbe quella del “superamento della logica che prevede solo interventi sociali, ma la scelta di più ampi interventi verso la società garantiti anche attraverso un’alleanza con la politica e le istituzioni”, ha specificato Pappalepore. “La politica sia attenta al volontariato, aiutandolo e sostenendolo nella sua autonomia”, ha aggiunto Marco Granelli, Presidente coordinamento Nazionale CSV, ora Assessore al Comune di Milano. Il rapporto tra politica, società e volontariato è particolarmente attuale nell’Italia della manovra economica “che penalizza le fasce più deboli creando un aumento improprio del lavoro del volontariato”, ha detto Nicola Zaccardi, Auser-L’Aquila. La condizione in cui il volontariato si trova ad operare è sempre più emergenziale considerato che, come ha ricordato Zaccardi, “le risorse per le politiche sociali sono scese da 215 miliardi del 2008 a 538 milioni del 2011. Tuttavia noi non dobbiamo sostituirci alle istituzioni – ha aggiunto – ma fare un lavoro sussidiario”.

L’inaugurazione della nuova struttura è non solo un atto materiale, ma simbolico “di come dev’essere ricostruita la città, cioè decidendo noi come, cosa e dove ricostruire”, ha detto il Sindaco Massimo Cialente. Chiaro è il riferimento a una ricostruzione in cui il potere decisionale del Comune è ridotto e per questo Cialente ha parlato di una “spettacolarizzazione della ricostruzione che non c’è”. Dalla Casa del Volontariato e dell’Associazionismo si può ricostruire la società “dal punto di vista culturale e della giustizia sociale di quelle persone ritenute ‘invisibili’”, ha concluso il Sindaco.

Lisa D’Ignazio

 

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