Suicidi eccellenti

Avevo deciso di portare con me, sotto l’ombrellone, “Le cene eleganti” di Piero Colaprico, racconto dal vero di un vecchio uomo che si ostina a vedersi immortale e si manifesta con una satiriasi ossessiva e di una minorenne adultizzata, convinta di essere furba ed invece vittima di una violenza colossale;  ma anche resoconto di una […]

Avevo deciso di portare con me, sotto l’ombrellone, “Le cene eleganti” di Piero Colaprico, racconto dal vero di un vecchio uomo che si ostina a vedersi immortale e si manifesta con una satiriasi ossessiva e di una minorenne adultizzata, convinta di essere furba ed invece vittima di una violenza colossale;  ma anche resoconto di una città, Milano e di una Nazione, la Nostra, che stanno cambiando e non certo in senso migliore. Mi ero già prefigurato il gusto di leggere un romanziere in veste di cronista,  interessato a fare chiarezza sulle “cene eleganti” ad Arcore, tra le papy-girls, il presidente Berlusconi e altri pochi illustri invitati, sullo sfondo di una Milano non più “da bere”, ma che ormai sembra aver perso completamente tutto ciò che la rendeva speciale.  Ma, dopo il nuovo crollo in borsa, dopo gli ultimi dati ISTAT che ci dicono essere in 8 milioni gli italiani a rischio povertà, con due milioni più poveri dei poveri e lo stesso numero di giovani senza lavoro e senza studio, quindi senza alcun futuro né prospettiva, ho deciso di portarmi in spiaggia due classici: “La Peste” di Camus e “L’Antigone” di Euripede, perché ormai sono convinto che la peste sia tornata a far morire, come topi, abitanti costretti a sembrare felici e, soprattutto perché sono in pochi coloro che ancora sanno trovare in loro un guizzo di umana, dignitosa, indignata ribellione. Fra questi, certamente, quel Mario Cal, vice di Don Verzè, che era stato solo sentito lo scorso 29 giugno come persona informata sui fatti dal sostituto procuratore Luigi Orsi, nell’inchiesta orientata a far luce sulla situazione finanziaria del San Raffaele e che, ieri, ha dato un ultimo sguardo al giardino pensile al di là delle vetrate, ai piedi dell’arcangelo tutelare costato due anni fa 2,5 milioni di euro, scaramantico per i giovani prima delle prove d’esame e poi si è sparato un colpo in testa.  Subito dopo la tragedia, gli uomini della guardia di finanza, coordinati dai pm Luigi Orsi e Laura Pedio, hanno acquisito la documentazione ancora presente nell’ufficio di Cal, che aveva già liberato le stanze nei giorni scorsi, dopo il cambio del cda di mercoledì scorso. L’arrivo alla vicepresidenza di Giuseppe Profiti, anche al vertice del Bambin Gesù di Roma, con l’azzeramento dei poteri di don Verzè, rimasto presidente onorario, avevano sancito anche la sua definitiva uscita di scena. Non avrebbe retto di nuovo a quanto gli era già accaduto nel 1994, quando finì in manette per una mazzetta per una mazzetta da trenta milioni di lire pagata agli ispettori dell’Ufficio imposte. All’epoca, l’inchiesta sulle tangenti fiscali aveva decimato gli organici delle Fiamme Gialle milanesi, con decine di arresti e azzerato la sede dell’Ufficio Imposte, dove fu necessario mandare rimpiazzi da altre città per sostituire gli inquisiti. L’indagine condotta personalmente da Antonio Di Pietro puntava però al cuore delle finanze del San Raffaele, che incassava dalla Regione Lombardia quasi 400 miliardi di lire l’anno per l’assistenza convenzionata. In quel periodo, la Fondazione stava conducendo una grande fase di espansione internazionale: Algeria, Polonia, Cile, Filippine, India ed era addirittura consulente dell’Autorità palestinese di Arafat per la creazione del servizio sanitario nei Territori. Così, convinto di un prossimo linciaggio mediatico, convinto della sua integrità, ma anche di quanto fango avrebbe dovuto sopportare, Il 72enne Mario Cal è uscito di scena, in modo diretto, drammatico, definitivo e senza appello. Ora il suo suicidio pare riportare alla stagione della grande crisi istituzionale. Il periodo di “Mani Pulite” fu chiamato “il terrore”, rievocando la fase più sanguinaria della rivoluzione francese. Un parlamento di inquisiti preoccupati più della loro difesa che della situazione del Paese, una tempesta economica profonda che nel settembre 1992 aveva incenerito il valore della lira, il peso del debito pubblico che schiacciava le casse dello Stato, la disoccupazione e l’impoverimento generalizzato, le stragi di mafia con misteriose complicità che avevano persino spento i telefoni di Palazzo Chigi nella notte del triplice attentato e i suicidi eccellenti di personaggi come Raul Gardini. La carriera lavorativa di Cal a Milano inizia nel ciclismo, alla Bianchi Colnago, come manager sportivo. Successivamente gestisce anche un impianto sportivo, l’Accademia del Tennis di Milano, insieme ad alcune altre piccole iniziative imprenditoriali. È in questo periodo che conosce don Verzè, e ne diventa il contraltare: “Se don Luigi è più riflessivo, Cal era gioviale e spontaneo, capace di far sorridere persone anche nei momenti di difficoltà”, scrissero a quel tempo. Chi lo ha frequentato lo descrive come “un grande mediatore, anche a livello dei consigli di amministrazione; riusciva a ‘portare a casa’ il massimo dalle situazioni complesse, a volte addirittura l’insperato”. Ma era anche visto come “una persona gioviale, di ottima compagnia; abitava in una zona centralissima di Milano, e fino a poco tempo fa si concedeva una pausa pranzo di un’ora e mezza in cui andava sempre in un’osteria dietro la Rai, a mangiare qualcosa e fare partita a briscola con vecchi amici di sempre, per poi tornare al lavoro fino alle 20”.  Ieri il nuovo Cda della Monte Tabor ha espresso “sgomento e dolore per un gesto grave e imprevedibile”, ma, credo, sono stati in molti a tirare un respiro di sollievo, per l’uscita di scena di un uomo che ancora avvertiva il pericolo della peste e conservava la capacità di indignarsi. Qualcosa di simile deve aver mosso anche Sean Hoare, ex giornalista del tabloid di Murdoch, che è stato trovato morto nella sua casa di Watford,  suicida per un insostenibile conato di amara indignazione, di fronte ad un sistema che non si ferma davanti a nulla e il cui unico compito è dare la notizia, soprattutto se infamante e scandalosa. Era stato lui a sollevare il polverone sullo scandalo, a rivelare che Andy Coulson, l’ex direttore del tabloid e poi direttore della comunicazione del premier David Cameron, era a conoscenza delle intercettazioni illegali. Il giornalista aveva dichiarato al Guardian “Mi pagavano per drogarmi con le star, per ubriacarmi con loro, prendere pillole con loro, farmi di cocaina con loro. Era una gara. Devi andare oltre il normale dovere e fare cose che nessun uomo sano di mente farebbe.  Perché alla fine eri  solo una macchina”. Ieri notte, gli hacker di LulzSec, che poi hanno rivendicato la loro azione su Twitter, hanno diramato sul “Sun” la falsa notizia della morte per suicidio (con il costosissimo palladio) di Rupert Murdoch, solo per ribadire che, nonostante tutto, certi squali non avrebbero mai la dignità di farla finita, in nessun caso. Ora, pensando a questo clima da  “cadaveri eccellenti”, mi figuro Don Verzè, alle prese con la sua coscienza. Me lo figuro, come in un racconto noir di Chandler, riflettere sul suo passato, quando, nel 1960, fonda un centro per anziani e nel ‘71 il primo nucleo del progetto a cui dedichera’ tutta la vita: l’ospedale san Raffaele. Don Verze’ e’ un sacerdote vulcanico, in giacca e cravatta che una volta si e’ descritto cosi’: ‘un santo sicuramente no, ma neppure un delinquente. Se proprio devo cercare una definizione di me stesso, mi sento un prete-medico”. Certamente un medico che è stato affianco al potere e sin da subito: la frequentazione di Giovanni Calabria e del cardinal Schuster fu determinante, all’inizio della sua carriera,  nel dirigere le sue scelte successive, che si orientarono da subito alla realizzazione a Milano di un progetto di ampia portata, ”una grande opera che fara’ parlare di se tutta l’Europa”. Fecero scalpore i suoi attacchi nel 1999 all’allora ministro della sanita’ Rosy Bindi che accuso’ di ”sovietismo statalista” per aver osteggiato il progetto di usare il San Raffaele di Roma per l’Universita’. Nello stesso anno aveva avuto anche a che dire con l’allora procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli, dopo l’arresto di cinque professori del suo Istituto. Quando Craxi era morente in Tunisia guido’ una equipe per farlo operare, ma il tutto risultò inutile.  Ha scritto diversi libri don Verzè, tra cui ‘Pelle per pelle’ del 2004 e ‘Io e Cristo’ del 2007, ma io, certamente, quei libri non me li porto con me sotto l’ombrellone. Ma mi poeterò invece, con Camus ed Euripide, un libro di un anno fa, di Mario Almerighi: “Tre suicidi eccellenti”, che ripercorrendo la fine di Sergio Castellari, direttore delle Partecipazioni Statali, Gabriele Cagliari, Presidente dell’Eni e il già ricordato Raul Gardini, il più importante industriale della chimica italiana, negli anni di “Tangentopoli”, ci dice  che  “sistema” uccide chi, all’improvviso, per qualche motivo, diventa inaffidabile, soprattutto quando, come ora, i confini tra il lecito e l’illecito, tra la verità e la menzogna, tra il bene e il male, sono talmente sottili da essere invisibili.

Carlo Di Stanislao

 

 

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