Ore plangamo de lu Siniore a Bominaco

Va in scena nella suggestiva Chiesa di S Maria Assunta di Bominaco, domenica 14 agosto alle ore 22.00, ingresso libero, nell’ambito del Festival Internazionale di Musica “Pietre che cantano”, il nuovo allestimento del Teatro Stabile d’Abruzzo  «Ore plangamo de lu Siniore», una Passione giullaresca aquilana dal Codice di Celestino V,  ricostruzione musicale e drammaturgia di […]

Va in scena nella suggestiva Chiesa di S Maria Assunta di Bominaco, domenica 14 agosto alle ore 22.00, ingresso libero, nell’ambito del Festival Internazionale di Musica “Pietre che cantano”, il nuovo allestimento del Teatro Stabile d’Abruzzo  «Ore plangamo de lu Siniore», una Passione giullaresca aquilana dal Codice di Celestino V,  ricostruzione musicale e drammaturgia di Francesco Zimei, con Lucilla Galeazzi, Marta Ricci, Nora Tigges, Goffredo Degli Esposti, Luca Della Casa, Gabriele Russo, Enea Sorini, scultura scenica di Paolo Iacomino, costumi di Giovanna Di Matteo ed i movimenti scenici di  Lorenzo D’Amico.Lo spettacolo, che sarà preceduto da un incontro con Francesco Zimei e Giovanna Di Matteo alle ore 21.00  presso il vicino Oratorio di S. Pellegrino, è una coproduzione fra Teatro Stabile d’Abruzzo, I Solisti Aquilani, l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila,  l’Istituto Abruzzese di Storia Musicale, con il patrocinio della Curia Metropolitana dell’Aquila. “Ore plangamo de lu Siniore” ha la durata di circa un’ora ed ha una geometria di tipo cruciforme: aperto e concluso da una processione – recante, nella scena finale, il feretro del Cristo morto, con la partecipazione del pubblico –, sfruttando dunque la navata centrale in senso longitudinale, sarà ambientato, secondo il tipico anacronismo medievale, davanti all’altare centrale, avendo come fulcro il Crocifisso e gli altri personaggi disposti ai suoi lati, sempre secondo l’iconografia del periodo.Alcuni mesi or sono il musicologo Francesco Zimei ha identificato – riuscendo anche a decifrarla – la melodia che accompagna il frammentario planctus volgare della Passione di Montecassino, databile alla metà del XII secolo. Si tratta della più antica intonazione di un testo in lingua italiana. La scoperta, già annunciata in un convegno internazionale, ha permesso di ricostruire, con la musica originale, la sua versione integrale, pervenuta sotto il titolo di Lamentatio beate Marie de filio in un codice dell’ultimo quarto del Duecento appartenuto a Pietro del Morrone e attualmente conservato con la segnatura manoscritto 1 nell’Archivio Capitolare dell’Aquila. Il testo, un componimento strofico di carattere giullaresco in quartine monrime di doppi quinari, perfettamente interpretato dagli attori/musicisti della Compagnia Hora Decima, narra gli episodi che vanno dall’arresto di Cristo alla sua sepoltura ed è sostanzialmente ripartito tra voci narranti e la Vergine, mentre l’esiguo ruolo assegnato al Protagonista (un solo verso dalla cattura alla morte oltre al racconto, pur in prima persona, della sua discesa agli inferi) suggerisce che all’epoca – considerando anche il fatto che l’esecuzione era affidata a dei giullari – non si facesse ricorso a un attore vero e proprio, ma a un Crocifisso con le braccia snodabili adattabile alle posture richieste dai vari momenti della Settimana Santa, come testimoniato da numerose sculture prodotte nell’Italia Centrale fra XIII e XIV secolo. Si tratta anche, probabilmente, del primo spettacolo in tempi moderni a recuperare l’uso di un crocifisso snodabile nelle sue valenze sceniche originarie, per l’occasione realizzato dallo scultore Paolo Iacomino, docente all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, su modello aquilano del XIII secolo.La stessa coerenza storica è applicata ai costumi, realizzati da Giovanna Di Matteo sui modelli del ciclo di affreschi dell’oratorio di San Pellegrino a Bominaco, ai gesti e alle movenze dei personaggi, ugualmente ricavati dall’iconografia e da antiche tradizioni popolari (come il lamento delle prèfiche per le Pie Donne o l’incedere della processione conclusiva con il passo “a cunnulella”) e perfino all’uso di alcuni strumenti musicali, la cui presenza – del tutto estranea ai Vangeli – appare suggestivamente documentata nelle scene della trecentesca Via Crucis della chiesa di Santo Stefano a Castelnuovo, per le quali l’anonimo pittore locale dovette ispirarsi a una sacra rappresentazione cui aveva personalmente assistito.  Lo spettacolo nasce nell’ambito di “Progetto Abruzzo”, la nuova attività che vede il TSA promotore ed incubatore delle più vitali iniziative culturali del nostro territorio in collaborazione con le Amministrazioni Provinciali di L’Aquila, Chieti, Pescara e Teramo.

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