La Cina è vicina (alla penisola dei cassintegrati)

Nel frattempo che l’Italia discute fra necessità di scatti d’orgoglio e la possibilità, ventilata da economisti di sinistra, di non pagare interessi sul debito, in modo da bloccare la crisi nell’eurozona periferica e non far peggiorare  le stime sull’andamento dell’intera economia europea; insomma mentre si cercano strategie per far si che gli Stati non siano […]

Nel frattempo che l’Italia discute fra necessità di scatti d’orgoglio e la possibilità, ventilata da economisti di sinistra, di non pagare interessi sul debito, in modo da bloccare la crisi nell’eurozona periferica e non far peggiorare  le stime sull’andamento dell’intera economia europea; insomma mentre si cercano strategie per far si che gli Stati non siano più governati solo dalla finanza e si possa immaginare una unità politica di portata sovranazionale ed anzi interamente europea; da alcuni giorni sono circolate con insistenza voci che ci dicono che la Cina sta seriamente valutando di comprare il debito pubblico italiano, applicando la regola d’oro di ogni borsa: comprare quanto tutti vendono. Lo scorso 3 agosto, mentre la speculazione già colpiva i titoli di Stato italiani e le azioni delle banche nazionali, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli era volato in Asia per incontrare investitori istituzionali e banche centrali.  Una fonte governativa aveva spiegato che il continente asiatico è, per il debito italiano, il secondo mercato dopo l’Europa e che il viaggio era programmato da tempo. Recentemente, passata volutamente in sordina, tra la manovra in eterno cantiere e le tempeste della politica, è avvenuta la visita (potremmo dire strategica), del ceo della China Investment Corporation (Cic), Low Jiwei, che pare abbia gettato solide basi per un consolidamento dei rapporti economici e istituzionali tra i due paesi e, si dice, non solo.  Jiwei, la scorsa settimana,  ha incontrato il ministro dell’Economia e quello degli Esteri a cui ha aggiunto colloqui ai massimi livelli anche in Banca d’Italia, oltre ai vertici della Cassa Depositi e Prestiti: il presidente Franco Bassanini e l’amministratore delegato, Giovanni Gorno Tempini. Ricorda poi Carlo Marrone del Sole 24 Ore, che tre settimane fa, una delegazione di funzionari italiani ha effettuato una missione a Pechino proprio per discutere di possibili collaborazioni, e in agosto lo stesso direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, ha incontrato investitori cinesi. Pur essendo un Fondo relativamente giovane, istituito da meno di quattro anni fa, conta già importanti partecipazioni estere, tra le quali il 9,4% di Blackstone Group, per un valore di 3 miliardi di dollari, ed il 9,9% di Morgan Stanley, per un valore di 5,6 miliardi di dollari. Le previsioni che vedevano Cic superare in breve tempo il principale Fondo emiratino (Adia), alla guida della ranking list mondiale dei Fondi Sovrani sono state disattese anche a causa delle ingenti perdite legate agli investimenti in Blackstone e Morgan Stanley del 2008. I due viaggi, quello italiano e quello cinese, secondo il Financial Times, per definire gli accordi affinchè sia la Cina a comperare i nostri titoli di Stato e quote importanti di aziende che potrebbero essere privatizzate, a partire da Eni e Enel. Il  China daily riporta l’articolo del Financial Times, senza aggiungere particolari, mentre l’interesse cinese per l’Italia è confermato, con ricchezza di dettagli,  da un altro autorevole quotidiano economico internazionale: il Wall Street journal. La Cina crede che l’Italia sia una nazione in lento, inesorabile declino, ma investe perché ha ancora risorse e possibilità nel campo industriale e manifatturiero e possedendo beni immobili per vari miliardi di euro, oltre a banche solide ed una solida economia familiare, è lontana dal default o da situazioni come quella di Grecia e Portogallo. Intanto stamani è salito ancora a a livelli record il differenziale di rendimento tra titoli italiani e tedeschi a 5 anni, in attesa dell’asta del nuovo Btp 5 anni italiano. Secondo dati Tradeweb, lo spread Btp/Bund a 5 anni si è allargato fino a 461 punti base, livello record dall’introduzione dell’euro, dai 440 della chiusura di ieri. In allargamento anche lo spread Btp/Bund a 10 anni, salito fino a 406 punti base, nuovo massimo dall’avvio dell’intervento della Bce lunedì 8 agosto. Il differenziale si avvicina così al picco dall’introduzione dell’euro, toccato venerdì 5 agosto, quando aveva segnato 416 punti base. Il rendimento del decennale italiano sale al 5,74% dal 5,57 della chiusura di ieri. E che la situazione sia grave, gravissima, lo dimostra anche il solo fatto che l’Italia ha una  ratio del 120% in rapporto al Pil:  il livello di debito più alto dell’intera zona euro dopo la Grecia. Stamani un quotidiano italiano ha riportato la notizia  che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sarebbe pronto ad acquistare di tasca propria 100 milioni di euro di titoli di debito pubblico italiani, ma sia questa iniziativa che il sostegno (che comunque si chiuderà fra qualche settimana) della Bce, non possono risolvere la questione. Questo fatto come anche il dato, pubblicato da Morgan e Stanley, che gli investitori stranieri detengono il 44% dei titoli di Stato italiani, 694 mld in tutto, di cui “probabilmente” oltre 95 mld in mano agli asiatici, Cina in testa; ha convinto molti ad augurarsi l’intervento cinese in Italia. Altri invece sostengono che, anche quando la Bce smetterà di aiutarci, dopo una breve “fibrillazione”, i mercati si stabilizzeranno poiché gli speculatori non hanno sufficienti risorse per mettere sotto scacco la settima potenziale industriale del mondo, con riserve auree da 1000 miliardi di Euro ed un capitale immobiliare di otto volte superiore. Dopo l’incontro a Bruxelles con il presidente del Consiglio Ue, Herman van Rompuy, Berlusconi, che per questo non è stato potuto sentire dai giudici di Napoli su caso Tarantini, ha detto con sicumera certezza: “la manovra andrà domani alla Camera con il voto di fiducia. Il risultato sarà di saldi superiori a quelli concordati con la Bce”. Ma sa benissimo che anche se questa manovra sarà approvata in tempo record (e con voto di fiducia), anche dalla camera, garantisce solo di tamponare l’immediato, senza individuare risorse per la crescita, l’investimento e il lavoro. Di là dalle singole lamentele di destra e sinistra, infatti, questa manovra nasce con un peccato originale: aumenta le entrate ma non taglia le uscite, tanto che, fin da ieri, Alfano ha comunicato a dire che, una volta approvata la manovra, anche senza la Lega (e con maggiore da comporre), occorrerà mettere mano alle riforme strutturali: pensioni, tagli alla politica, riassetto dei tribunali, ritocco della’Iva, patrimoniale, ecc. Non a caso, sempre dopo l’incontro con  van Rompuy, Berlusconi, parlando della’età pensionabile, ha detto che, visto che la stessa vita media si è allungata, è necessario che venga innalzato anche l’età pensionabile, ma questo suggerimento deve arrivare dall’Europa tutta,  perché per i Governi dei singoli Paesi innalzare l’età della pensione vuol dire perdere voti. Ancora una volta dire tutto e affermare che si è costretti a farlo, amministrare non secondo giudizio e raziocinio, ma secondo il ritorno elettorale. Lo stesso atteggiamento che ha indotto Alfano, nell’immediatezza della polemica radicale, a dire che i diritti della chiesa sono sacrosanti e non si toccano, anche quando lo stesso Tettamanzi (costretto ad allontanarsi dal soglio di S. Ambrogio), aveva dichiarato che sarebbe ora che la stesa “rinunciasse almeno ad una parte dei suoi privilegi. Forse a ragione Ferruccio che Bortoli che ieri, da Gard Lerner, ha detto che finchè persisterà l’attuale classe politica, attenta a se stessa, alla sua rielezione e lontana da quelli che sono gli amministrati; capace solo i dire che è normale consuetudine comportarsi come Verdini o Penati, chiamando in causa (come ha fatto anche d’Alema), improbabile congiure ordite da ipotetici poteri forti o riprovevoli condotte personali che non sfiorano i partiti (come ha fatto Fassino), meglio immaginarsi un futuro in mano ai cinesi, anche se, lo vediamo giornalmente, diritti e tutele saranno poi fortemente affievoliti, se non inesistenti. E’ uscito ieri, presentato su Agoravox e sul TG3 della notte, il libro “Asinara Revolution”, edirto da Bompiani, dove Michele Azzu e Marco Nurra, gli ideatori del blog L’isola dei Cassintegrati raccontano la loro avventura nel web e di come due giovani italiani espatriati,  siano riusciti a dar voce alla disoccupazione dilagante nell’Italia di oggi. Il 10 e 111 scorsi, a Roma, vi è stata una nuova manifestazione del popolo Viola, con gli operai della Vinyls che hanno occupato le celle dell’isola Asinara; i  lavoratori Agile-Eutelia da tutta Italia; i tre operai Fiat di Melfi, che vennero licenziati per aver scioperato; le operaie Tacconi di Latina, che per mesi hanno occupato la fabbrica;  le lavoratrici faentine della Omsa, licenziate per riaprire in Serbia; i  cassintegrati del call center Teleperformance; la Basell di Terni ed anche i lavoratori dello spettacolo del Teatro Valle di Roma;  i precari della scuola, i licenziati di Aiazzone e della Thyssen, hanno ricordato che l’Italia è ormai una penisola di cassintegrati e che la situazione si aggrava ogni giorno. Pietro Mereu che ha girato l’Italia col cartello: Disoccupato in affitto, credo non abbia dubbi: meglio il duro lavoro cinese, che il momire di stenti in una nazione che non ha nessuna voglia di riscatto.

 

Carlo Di Stanislao

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