Dal 1968 al 2011 sono 4600 morti e 500.000 senza tetto per terremoti

“L’Italia deve accelerare nella prevenzione sismica. Dal 1968 ad oggi 4600 morti e 500.000 senza tetto per terremoti”. Lo ha sottolineato a Bari Giovanni Calcagnì, tesoriere del Consiglio nazionale dei Geologi, al Congresso dell’Associazione nazionale di ingegneria sismica (Anidis). “Non è nella ricerca sismica – ha aggiunto Calcagnì – che l’Italia soffre, ma nell’applicazione dei […]

“L’Italia deve accelerare nella prevenzione sismica. Dal 1968 ad oggi 4600 morti e 500.000 senza tetto per terremoti”. Lo ha sottolineato a Bari Giovanni Calcagnì, tesoriere del Consiglio nazionale dei Geologi, al Congresso dell’Associazione nazionale di ingegneria sismica (Anidis). “Non è nella ricerca sismica – ha aggiunto Calcagnì – che l’Italia soffre, ma nell’applicazione dei risultati raggiunti. E su questo, rispetto ai paesi più virtuosi nella prevenzione sismica, siamo indietro di 15 anni, come evidenziato dall’Ocse, indicando nel mancato adeguamento sismico delle strutture esistenti il punto più dolente per il nostro Paese, dove l’investimento di risorse economiche ed umane resta insufficiente”. Per Calcagnì, le applicazioni geologiche e sismiche finalizzate alla definizione puntuale delle pericolosità di sito è quindi uno dei settori da incentivare al massimo giacché i ritardi hanno determinato, dal 1968 ad oggi, circa 4600 vittime e 500.000 senza tetto con una spesa pubblica per l’emergenza e la post-emergenza che si calcola in circa 150 miliardi di euro in soli 40 anni. “Di contro, in prevenzione sismica, lo Stato – ha spiegato Calcagni – ha inteso investire ‘solo’ 300 milioni dall’86 al 2003, e 750 milioni dal 2003 a oggi, soprattutto per adeguare edifici pubblici”. “Nel territorio italiano sono state ricostruite dall’Ingv ben 36 diverse zone sismogenetiche – ha proseguito Calcagnì – nelle quali, statisticamente, si originano circa 2000 terremoti l’anno aventi magnitudo superiore ai 2.5 gradi Richter. Di essi almeno un evento all’anno, sempre statisticamente, è sopra la soglia del danno significativo, compreso quindi tra 5 e 6 gradi ed uno ogni 10-20 anni è gravissimo, tra 6 e 7 gradi Richter. La faccenda dunque è assolutamente seria. Se aggiungiamo l’alta vulnerabilità sismica da cui è caratterizzata una significativa percentuale dell’edificato esistente in Italia, sia pubblico sia residenziale, risulta che ancora oggi ogni evento sismico di una certa intensità determina nuovi lutti e danni enormi, anche quando trattasi di eventi che, per la loro magnitudo, dovrebbero dare effetti molto più ridotti. L’Aquila 2009 ha purtroppo ancora una volta confermato tutto ciò”. Dopo il sisma dell’Aquila, “la legge 77/2009 – ha continuato l’esponente dell’Associazione – ha previsto circa 960 milioni da investire fino al 2016 in valide ed innovative azioni di prevenzione, perché oltre agli edifici pubblici si investe in microzonazione sismica, nell’adeguamento di edifici privati, nella educazione sismica. Tutto ciò è apprezzabile, ma rappresenta solo l’1% di quanto si stima che occorrerebbe in totale per completare la prevenzione sismica in Italia. E speriamo che la scure delle varie manovre finanziarie non tagli tali già esigui fondi”.

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