Italia fragile e declassata e crisi cipriota

Ci si attendeva un declassamento da parte di Moodys ed invece, a sorpresa, è giunto quello di Standard & Poor’s, che ha annunciato la decisione di tagliare di un gradino (un “notch” come si dice in gergo), il voto sul debito pubblico italiano. Le prospettive future per l’Italia, ha spiegato nella sua nota l’agenzia americana […]

Ci si attendeva un declassamento da parte di Moodys ed invece, a sorpresa, è giunto quello di Standard & Poor’s, che ha annunciato la decisione di tagliare di un gradino (un “notch” come si dice in gergo), il voto sul debito pubblico italiano. Le prospettive future per l’Italia, ha spiegato nella sua nota l’agenzia americana di rating, che ha portato il debito pubblico sovrano del nostro Paese, a breve e lungo termine da A+ ad A e da A-1+ a A-1, sono del tutto negative a causa di un governo debole e di una crescita praticamente pari a zero. Il giudizio negativo, quindi, è economico e politico ed investe il sistema-paese, arretrato e privo di credibile professionalità e classe dirigente. Nella sia nota l’agenzia americana scrive anche che la debolezza dell’attuale governo è tale da limitare “la capacità di risposta dello Stato” nell’affrontare la crisi Sulla manovra, S&P sostiene che le misure allo studio e le riforme prospettate “riusciranno probabilmente a fare ben poco per rilanciare le performance di crescita dell’Italia”. Ciò che S&P credono è che l’Italia è oltre il punto di non ritorno e questo a causa di debolezze governative e strutturali. Il declassamento del debito sovrano rimette l’Italia al centro della crisi dell’eurozona, scrive il Financial Times:  “Il downgrade ancora una volta spinge l’Italia al centro della crisi dell’eurozona dopo diversi giorni di intense preoccupazioni per le prospettive di un imminente default della Grecia”. Inoltre, osservano molti analisti, il taglio del rating sul debito italiano da parte di S&P, aumenta i timori di un effetto contagio della crisi greca nell’area euro, incoraggiando gli investitori a puntare su mercati piu’ sicuri. Dal canto suo Palazzo Chigi ha replicato affermando che: “Il governo ha sempre ottenuto la fiducia dal Parlamento, dimostrando così
la solidita’ della propria maggioranza. Le valutazioni di Standard & Poor’s sembrano dettate piu’ dai retroscena dei quotidiani che dalla realta’ delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche. Vale la pena di ricordare- aggiunge la nota- che l’italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013 e il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo”. Il Pd ha espresso invece forte preoccupazione e, avverte il Sole 24 Ore, questa mattina il segretario Pierluigi Bersani ha riunito i sindaci, i presidenti di provincia del centro sinistra e i capigruppo di Camera e Senato per affrontare l’allarme sui tagli ai servizi locali decisi dalla manovra e più tardi si incontrerà con i segretari regionali. Alla riunione parteciperanno tra gli altri il presidente dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, quello della Toscana, Enrico Rossi, il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, e il sindaco di Torino, Piero Fassino. Sulla vicenda del taglio di S&P è intervenuto anche Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro dei democratici, che pur sottolineando “i limiti” delle valutazioni delle agenzie di rating, giudica “condivisibili” i criteri che hanno condotto al declassamento. “Il ministro dell’Economia ha continuato a mettere pezze a colori sulla finanza pubblica. Così, oltre al danno la beffa: dopo aver approvato una scia di manovre pesantissime ed inique che sulla carta dovrebbero portare non solo al pareggio di bilancio, ma ad un avanzo nel 2013, i conti non tornano perché l’economia va in recessione. Per uscire dalla spirale distruttiva nella quale si trova il Paese è necessaria, prima di tutto, la sostituzione del governo Berlusconi con un esecutivo credibile, affidabile, autorevole, ad ampia base parlamentare”. Che serva, prosegue Fassina, anche “a esercitare pressione politica su Germania e Francia al fine di dare all’area euro gli strumenti di governance per invertire la rotta della cieca austerità”. Dopo le dure parole di Di Piero, ieri, nella trasmissione di Lilli Gruber a La7, oggi il capogruppo della’Idv Massimo Donadi ha aggiunto che “ormai è chiaro che Berlusconi tiene in ostaggio l’Italia e continua a stare a Palazzo Chigi solo per interessi privati”. Rincara la dose il presidente del gruppo Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario, che dice: “La decisione di declassare il rating italiano è gravissima ed è la semplice dimostrazione dell’incapacità del governo di gestire la crisi, con una manovra che doveva salvare il paese ed jha ottenuto ben altro risultato”. Il declassamento de l’Italia e la Grecia che non recupera terreno, rendono difficile la situazione europea, allarmando anche la stessa Merkel che oggi ha dichiarato: se crolla l’Euro crolla anche l’Europa unita. Inoltre, al’orizzonte, si profila un’altra crisi tutt’altro che trascurabile, nel clima di instabilità politica e mancanza di coesione attuale. Parlo della profonda crisi diplomatica fra Turchia e Cipro, aperta a causa della ripresa della caccia agli idrocarburi nel Mediterraneo, decisa la scorsa settimana dal premier George Papandreou nell’ambito del piano per il rilancio dell’economia ellenica. Sembrava che Atene fosse intenzionata a far partire i sondaggi geologici nel mare attorno a Creta. Invece, a sorpresa, l’americana Noble Energy avrebbe iniziato domenica sera le perforazioni sui fondali di Cipro, un’area da sempre contesa tra Atene ed Ankara, surriscaldando in poche ore i rapporti tra i due paesi: il governo di Erdogan ha già annunciato che potrebbe riprendere a breve l’esplorazione nella zona, inviando navi scortate dalla marina e dall’aviazione. L’isola venne invasa dalle truppe di Ankara nel 1974 in risposta al golpe militare che voleva l’annessione alla Grecia. Nel 2004 i greco-ciprioti hanno bocciato il referendum dell’Onu per la riunificazione. La fragile tregua cipriota  – raggiunta dopo tre anni di faticosi negoziati  –  aveva iniziato a scricchiolare mesi fa dopo l’accordo tra Nicosia e Israele per la mappatura delle acque territoriali in vista delle perforazioni. Una mossa che ha irritato Erdogan, già ai ferri corti con Gerusalemme, ma benedetta dagli Stati Uniti come testimonia secondo molti osservatori l’attivismo della texana Nobel. Le Nazioni Unite hanno già invitato le parti alla calma. Ma la guerra del petrolio rischia di aggiungere nuova benzina sul fuoco della crisi greca e di conseguenza, di quella europea. Come scrive sul Sole 24 Ore Alberto Negri, la politica estera della Turchia sta diventando una sfida con preoccupanti accenti battaglieri e un formidabile paradosso: Ankara sta uscendo dall’Unione europea prima ancora di esserci entrata. Può essere una tattica per provare a sbloccare un negoziato congelato per la forte opposizione di alcuni Paesi come la Francia ma l’atteggiamento dei turchi, quasi esasperato, sembra una direttrice consolidata. Il ministro degli Esteri, Ahmet Davetoglu, annuncia un “asse della democrazia” con l’Egitto mentre il Governo del primo ministro Tayyip Erdogan appare disposto ad aprire una profonda crisi diplomatica con Cipro e quindi con l’Unione, per rafforzare la sua posizione nel Mediterraneo. l contenzioso cronico sulle acque territoriali elleniche e di Cipro non è mai stato risolto, così come ovviamente resta una ferita profonda la divisione dell’isola con la repubblica turca del Nord che vive soltanto attraverso il rapporto ombelicale con Ankara. Ora la questione ritorna in uno scenario complicato dallo scontro tra Ankara e Israele, dagli interessi energetici e dalle ambizioni turche di proporsi come Stato-guida dei musulmani nel Mediterraneo. E dalle debolezze economiche e politiche europee.

Carlo Di Stanislao

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