Salute, federalismo: liste di attesa, l’Abruzzo inadempiente insieme ad altre sei Regioni

Il federalismo sanitario anziché ridurre il tasso di diseguaglianza nell’accesso alle cure ha di fatto prodotto un aumento delle differenze, dalle liste di attesa all’accesso ai farmaci tumorali, tra i servizi erogati nelle diverse regioni. E’ l’accusa che emerge dalla lettura del rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, realizzata dal Tribunale per i diritti […]

Il federalismo sanitario anziché ridurre il tasso di diseguaglianza nell’accesso alle cure ha di fatto prodotto un aumento delle differenze, dalle liste di attesa all’accesso ai farmaci tumorali, tra i servizi erogati nelle diverse regioni. E’ l’accusa che emerge dalla lettura del rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, realizzata dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. Un rapporto che disegna uno scenario a macchia di leopardo, evidenziando, Regione per Regione, defaillance e negligenze, dettate – scrive l’Osservatorio – da “un’eccessiva regionalizzazione del servizio sanitario nazionale”. “Il federalismo – ha spiegato la coordinatrice del Tdm, Francesca Moccia – rappresenta una scusa per legittimare le differenze regionali”. “Ma in ambito sanitario non bisogna parlare di federalismo ma di Governo dell’appropriatezza, perché di questo si tratta”, ha replicato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio. In ogni caso, molti restano i problemi sul tappeto, a cominciare dall’annosa questione delle liste di attesa. Su questo fronte, infatti, le Regioni tardano a mettersi in regola con quanto prevede la normativa. Secondo l’osservatorio sono sette le Regioni ancora inadempienti sull’istituzione dei Cup regionali (Recup). Si tratta di Abruzzo, Campania, Calabria, Liguria, Piemonte, Sicilia e Veneto. Le regioni si differenziano anche per il numero di prestazioni per le quali hanno stabilito tempi massimi di attesa: si va dalle 125 prestazioni del Piemonte, le 101 della Provincia autonoma di Bolzano e le 100 di Lombardia e Provincia autonoma di Trento, alle situazioni negative di Abruzzo, Calabria, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana ed Umbria che ne hanno definito soltanto 33. Infine i piani regionali di contenimento dei tempi di attesa sono ancora in ‘stand by’ in numerose regioni, nonostante la scadenza ultima per presentarli fosse quella del 30 luglio appena trascorso: ad oggi Calabria, Lazio, Basilicata, Piemonte e Sicilia sono inadempienti. Altra questione centrale riguarda le cure tumorali e l’accesso ai farmaci: secondo il Rapporto non tutti i cittadini nel nostro hanno Paese hanno parità di trattamento. Ci sono regioni come Molise, Basilicata e Valle D’Aosta, che non includono alcuni farmaci antitumorali nei prontuari regionali, rendendoli di fatto inaccessibili ai cittadini; mentre ce ne sono altre, in primo luogo Umbria, Veneto, Molise ed Emilia Romagna, che pongono delle limitazioni all’uso di alcuni farmaci rispetto a quanto indicato dall’Aifa. E altre ancora, prevalentemente Puglia ed Emilia Romagna, dove alcuni farmaci sono erogati solo su richiesta motivata personalizzata. Grandi diseguaglianze, infine, sono state riscontrate anche in merito al tema dei punti nascita e alla sicurezza della donna e del bambino. Dal Rapporto dell’Osservatorio viene fuori che almeno 7 Regioni (Liguria, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna) hanno una percentuale di cesarei superiore al 35% e che non accennano a diminuire nel corso degli anni.

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