Amedeo Esposito, L’Aquila: il bene perduto

“L’Aquila:il bene perduto” è il titolo di un intervento di Amedeo  Esposito sul domenicale del ilSole-24Ore di ieri, in riferimento ad un  articolo, apparso sulle stesse colonne, di Marco Bona Castellotti che  ha parlato di “Abruzzo: la bellezza puntellata”. Dopo aver ricordato che il terremoto del 2009 ha lasciato sul  terreno, oltre agli ingenti danni […]

“L’Aquila:il bene perduto” è il titolo di un intervento di Amedeo  Esposito sul domenicale del ilSole-24Ore di ieri, in riferimento ad un  articolo, apparso sulle stesse colonne, di Marco Bona Castellotti che  ha parlato di “Abruzzo: la bellezza puntellata”. Dopo aver ricordato che il terremoto del 2009 ha lasciato sul  terreno, oltre agli ingenti danni che il mondo sa, profondi traumi e  disadattamenti nei cittadini, nessuno escluso, Esposito sottolinea come sia errato sostenere che :<…intorno al centro (storico dell’Aquila),  costellato di monumenti inagibili, la vita ha ripreso il ritmo  normale>. Se così fosse i 70mila aquilani (che divengono oltre 110mila se si considerano gli abitanti del “cratere”) avrebbero di che  rallegrarsi.
Purtroppo, così non è. Proprio quei monumenti inagibili (in una con oltre i mille edifici  privati e pubblici) indicano la colpevole ed imposta “diaspora”,  interna ed esterna, dell’anima aquilana che è stata, e dovrà tornare ad  essere aggregazione elettiva e culturale, vanto un tempo non lontano d’ ogni cittadino, anche il più umile. Per il momento – parola degli studiosi – non s’è lontani,  dolorosamente, dall’<io scollato dal mondo>, cioè dalla fine della  solidarietà nella società contemporanea, soprattutto di quella  aquilana.
Non certo possono fare diga a questa (quasi ineluttabile) deriva  esistenziale degli aquilani, i lodevoli, ancorché sporadici interventi  per il restauro della Porta Castello e dell’insigne Porta Santa della  Basilica di Collemmaggio, del Lions Club; o quelli del Fai (per le “99  cannelle”) o dell’Associazione “jemme ‘nanzi” che ha riportato a splendere la fontana di Piazza Santa Maria Paganica.
Né lo può – almeno finora – l’impegno delle Sovrintendenze ai beni  culturali che, come si sa, è inversamente proporzionale ai mezzi a  disposizione.
I segni vitali della volontà di rialzarsi, per questo stato di cose, vanno sempre più scemando a motivo delle profonde divisioni che si vanno sempre più evidenziando.
Così inesorabilmente – sostiene Esposito – l’impegno di ognuno a  “rialzarsi” via via sembra in caduta libera, anche se immutabile rimane il sentimento di riconoscenza, per la solidarietà avuta, verso tutti gli Italiani, nessuno escluso, che è e rimarrà intatta fra gli aquilani.

Il pensiero dei quali è fisso – a loro sì, e molto meno ai turisti – verso il <bene perduto> ormai <chiuso entro un involucro di impenetrabile silenzio> che dovrà essere rotto ad ogni costo, perché la  quinta città monumentale d’Italia torni ad essere geloso patrimonio  dell’Italia, primancora che dell’Abruzzo.
Il clima elettorale per le amministrative (della prossima primavera)  è diffuso già largamente e non promette nulla di buono per i prossimi due anni.
E’ probabile, per questo clima di incertezza, che il mondo culturale,  anche internazionale, avverta la “rivolta costretta nella storia” di Friedrich Nietzsche che scelse L’Aquila <come la sua città ideale >.

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