Terremoti turchi

Il bilancio delle vittime del terremoto di domenica scorsa  in Turchia è salito a 523, secondo quanto indicato dalla direzione dei soccorsi ed oggi, una nuova scossa di magnitudo 5.3 della scala Richter, ha colpito la provincia di Hakkari, a sud di quella di Van, dove si era registrata la scossa precedente. Hakkari è una […]

Il bilancio delle vittime del terremoto di domenica scorsa  in Turchia è salito a 523, secondo quanto indicato dalla direzione dei soccorsi ed oggi, una nuova scossa di magnitudo 5.3 della scala Richter, ha colpito la provincia di Hakkari, a sud di quella di Van, dove si era registrata la scossa precedente. Hakkari è una provincia a maggioranza curda dove in questi giorni si è svolta una vasta operazione terroristica da parte  dei separatisti curdi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), formazione di ispirazione maoista considerata terrorista da Ue e Usa, con assalti ad alcune caserme dell’esercito e della polizia nei quartieri di Cukurca e Yuksekova e nel centro della città, desolato centro a pochi chilometri dal confine con il Nord Iraq. Definito l’attacco più sanguinoso degli ultimi due decenni, il bilancio ufficiale degli almeno sette “attacchi simultanei” compiuti nella notte del 18 ottobre,  e’ stato di 24 soldati uccisi e 18 feriti. Fonti turche hanno sostenuto che nella reazione delle forze di sicurezza contro i circa cento assalitori sono stati uccisi 15 terroristi, mentre il Pkk ha lamentato solo cinque perdite, vantando l’uccisione o il ferimento di “quasi cento” fra soldati e uomini delle forze speciali della polizia. Un coro di condanne al Pkk con appoggio al governo turco,  sono venute da parte del presidente americano Barack Obama e di responsabili di Nato, Ue e dell’Iraq,  direttamente interessato alla reazione e di molte altre istituzioni e paesi che considerano il Pkk una sanguinaria formazione terrorista. L’azione terroristica e di lotta del Pkk è cominciata nel 1984, su impulso del leader ora ergastolano Abdullah Ocalan, ed ha causato finora piu’ di 45 mila vittime,  bloccando il processo di riforme autonomiste che Erdogan ha avviato da alcuni anni per venire incontro alle richieste dei 12-15 milioni di curdi in Turchia, fetta consistente dell’etnia che la caduta dell’impero ottomano ha lasciato senza Stato e sparpagliata anche fra Iraq, Iran e Siria. In seguito allo stallo di negoziati semi-segreti iniziati nel 2009, gli attacchi del Pkk hanno avuto una recrudescenza dal luglio scorso,  causando la morte di decine di uomini delle forze di sicurezza e di almeno 18 civili. L’attacco di Hakkari pare una rappresaglia del Pkk per la campagna in cui è impegnata Ankara contro l’Unione delle Comunità curde (Kck), gruppo di cui fa parte anche il Pkk. La campagna ha fatto finire in manette anche numerosi sindaci e dirigenti del Partito della Pace e della Democrazia (Bdp), l’unica formazione politica curda presente in parlamento. Wolfango Piccoli, analista di Eurasia group, ritiene invece che l’attacco sia diretto a far saltare il possibile accordo tra Akp e Bdp, il partito curdo, per la modifica della Costituzione. Nel frattempo Reuters informa che sopravvissuti al terremoto di domenica,  sono alla ricerca disperata di tende, mentre si teme che altre persone possano morire a causa delle temperature in forte diminuzione. Alcune delle persone colpite dal terremoto – rimaste in coda per avere delle tende salvo poi sentirsi dire che non ce n’erano più – hanno accusato il partito di governo AK di lentezza nella risposta. Il governo di Ankara ha ammesso che la reazione al terremoto, il più violento degli ultimi 10 anni in Turchia, è stata inizialmente troppo lenta. Ma ora la macchina dei soccorsi è a pieno regime. Secondo quanto riferisce l’AGI, la pioggia, che era cominciata a cadere sulla zona nella notte, nelle ultime ore si e’ trasformata in neve, complicando ulteriormente i soccorsi e la situazione dei sopravvissuti, molti dei quali aspettano ancora di ricevere tende o case prefabbricate. Il governo turco aveva inizialmente annunciato di non voler aiuti dall’estero, ma poi ha cambiato idea. Ankara ha accettato un’offerta di abiti, coperte ed altre forniture persino da Israele. Ma a conferma della disillusione di molti, alcune famiglie hanno cominciato a rientrare nelle case nonostante l’avvertimento che le scosse di assestamento potrebbero essere fatali per le strutture. Del resto in molti finora hanno dormito in tende sovraffollate e anche all’aria aperta, attorno a improvvisati falo’, mentre le temperature scendevano sotto lo zero. L’arrivo di un aereo israeliano che trasportava cinque case prefabbricate e’ stato un potente messaggio simbolico del cambio di prospettiva nel governo di Ankara: le relazioni tra Turchia e Israele sono pessime, da quando un commando israeliano lo scorso anno assali’ la Mavi Marmara, la nave umanitaria diretta a Gaza, uccidendo 9 attivisti turchi; eppure adesso, nel momento del bisogno, Ankara accetta aiuto. “Altre tre aerei carichi di aiuti arriveranno in Turchia nei prossimi due giorni”, ha reso noto una fonte all’ambasciata israeliana ad Ankara. In zona gia’ lavora anche un team di 150 persone arrivato dall’Azerbaigian, il primo gruppo di operatori stranieri giunto nella regione. Dopo la richiesta di aiuto lanciata da Ankara, le Nazioni Unite hanno inviato migliaia di tende agli sfollati. Oltre al freddo, l’emergenza e’ per la mancanza di acqua, che ha già provocato i primi casi di dissenteria e malattie respiratorie.  Intanto, il ritrovamento di sopravvissuti, 3 giorni dopo il terremoto, (fra cui la piccola Azra) le ricerche, anche se ogni minuto che passa le probabilità di successo diminuiscono. In questo contesto, ha parlato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. “Costruire palazzi con materiali scadenti equivale ad uccidere – ha detto – le vittime hanno pagato con la vita il prezzo di un cemento che si è rivelato friabile come la sabbia. I comuni, i costruttori, i supervisori, dovrebbero essere considerati colpevoli di omicidio”. Noi aquilani nutriamo qualche perplessità.

Carlo Di Stanislao

 

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