Profondamente compromessa la cultura dei diritti

La “lotta ai falsi invalidi” ha causato una vera e propria “svolta ideologica” sul tema della disabilità. Ne sono convinti Franco Bomprezzi, Pietro Barbieri e Giovanni Merlo, autori di due diversi approfondimenti sul tema per l’ultimo numero di Welfare Oggi, rivista diretta da Cristiano Gori. Secondo Bomprezzi, “la svolta ideologica determinata dal Ministro Tremonti ha […]

La “lotta ai falsi invalidi” ha causato una vera e propria “svolta ideologica” sul tema della disabilità. Ne sono convinti Franco Bomprezzi, Pietro Barbieri e Giovanni Merlo, autori di due diversi approfondimenti sul tema per l’ultimo numero di Welfare Oggi, rivista diretta da Cristiano Gori. Secondo Bomprezzi, “la svolta ideologica determinata dal Ministro Tremonti ha profondamente compromesso la cultura dei diritti di cittadinanza e del principio di non discriminazione. Se l’obiettivo adesso è quello di iden­tificare i ‘veri invalidi’, la loro definizione appare estremamente cir­coscritta e inquietante. Nell’opinio­ne pubblica si è infatti consolida­ta la convinzione che i ‘veri inva­lidi’ sono solo le persone in situazione di grave bisogno”.

Un cambio di rotta, spiega Bomprezzi, dove “l’obiettivo generale sembra essere non più l’emancipazio­ne dalla disabilità, attraverso per­corsi guidati di ‘presa in carico’, di ‘riabilitazione’, di ‘vita indipen­dente’, ma al contrario l’accetta­zione dell’ineluttabilità di una ‘gra­vità totale’, non rimediabile, ac­certata una volta per tutte, in mo­do tale da non perdere il diritto, in tempi così cupi di difficoltà eco­nomica del Paese, a quei mise­ri emolumenti che comunque so­no gli unici strumenti a disposizio­ne per sopravvivere”. Una situazione che ha del paradossale quando “tutti coloro che si eman­cipano, partendo da situazioni di invalidità certificata al 100%, han­no ora la sensazione di essere ‘a rischio’, perché la loro acquisita parziale autosufficienza potrebbe comportare la perdita di benefici e di agevolazioni”.

Per Pietro Barbieri e Giovanni Merlo, la lotta ai falsi invalidi “è passa­ta, nel giro di poche settimane, da una questione prevalentemen­te giudiziaria, legata a fenomeni di corruzione e di voto di scambio, ad una questione sociale che ve­de messo sotto accusa un feno­meno più ampio, che si potrebbe definire di assistenzialismo”. Una campagna che Bomprezzi definisce “minestrone dove entra tutto”. “I generi che ‘tirano’ maggiormente, accen­dendo la fantasia popolare e fa­cendo registrare picchi di indigna­zione, sono alimentati da storie di ciechi che guidano, di paraplegici che si alzano in piedi allo stadio, di pass per invalidi utilizzati in massa”.

Tuttavia, aggiunge Bomprezzi, “non si può negare che la qualità del­la vita, complessiva, delle famiglie e delle persone con disabili­tà, sia migliorata nel nostro Pae­se, al punto da consentire la crescita di un movimento associativo basato proprio sulla cultura dei di­ritti di cittadinanza e sul principio di non discriminazione”. Anche se, aggiungono Barbieri e Merlo, per gli “addetti ai lavori”, non sfugge che “la spesa per l’assistenza perso­nale dei cittadini con disabilità è coperta in gran parte dalle famiglie, che il sostegno pubblico a questo lavoro delle famiglie è molto basso, che quando questo sostegno viene a mancare la risposta pubblica ha sempre la forma dell’Istituto e soprattutto che la pensione d’invalidità di 256 euro al mese non può consentire a nes­suno di vivere in autonomia”. Un quadro complesso, quindi, su cui però prevale il minaccioso cambiamento di paradigma. “Quello che conta – concludono Barbieri e Merlo – è ancora una volta il dato culturale: la de­finitiva assunzione delle persone con disabilità come una categoria di persone che vive di beneficen­za e assistenza pubblica”. (ga)

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