Brutti, sporchi e cattivi, l’inganno mediatico sull’immigrazione

Nel libro “Brutti, sporchi e cattivi”, scritto da Giulio Di Luzio, giornalista per Il Manifesto, Repubblica e Liberazione, l’informazione si mette l’elmetto e parla degli immigrati come se fossimo in guerra. Tutti gli stereotipi della stampa italiana e i casi infondati di ‘mostri’ stranieri sbattuti in prima pagina.  SottotitoloL’inganno mediatico sull’immigrazione. L’immigrazione, come la guerra, è […]

Nel libro “Brutti, sporchi e cattivi”, scritto da Giulio Di Luzio, giornalista per Il Manifesto, Repubblica e Liberazione, l’informazione si mette l’elmetto e parla degli immigrati come se fossimo in guerra. Tutti gli stereotipi della stampa italiana e i casi infondati di ‘mostri’ stranieri sbattuti in prima pagina.  SottotitoloL’inganno mediatico sull’immigrazione. L’immigrazione, come la guerra, è una poderosa macchina per costruire consenso elettorale. “Titolazioni belligeranti sparano numeri di migranti giunti sulle nostre coste e un lessico da guerra contraddistingue stabilmente l’approccio mediatico al tema” scrive l’autore. E’ l’ennesima critica in poco tempo che arriva al sistema dei mass media italiani, dopo il rapporto 2011 di Lunaria e le molte ricerche sul tema, puntualmente ricordate nel volume. Questa volta la voce che si leva ad accusare la stampa di razzismo e xenofobia è interna alla categoria dei giornalisti e fa il punto sul modo in cui vengono prodotte le notizie, dalla scelta dei fatti notiziabili, all’uso delle fonti fino all’impaginazione con il corredo di foto e titoli ad effetto. I pizzaioli egiziani rubano il mestiere agli italiani, a Napoli resiste la tradizione? (Corriere del Mezzogiorno, 16 agosto 2010), I profughi invadono l’Italia a migliaia (tg5 del 1 aprile 2011), Sbarco di immigrati sventato nel salento (Tgr Puglia dell’8 luglio 2011), sono alcuni esempi di una vera “alterazione semantica” che negli ultimi vent’anni di informazione ha tolto alle migrazioni qualunque connotazione positiva per ridurle a una minaccia per la sicurezza.

Le parole diventano “lame affilate”  del “razzismo di Stato”, il volume edito da Ediesse spiega come. “I politici nazionali e il governo sono i più ascoltati e rappresentano più del 60 per cento dei soggetti interpellati dai giornali e addirittura quasi l’80% nei telegiornali – si legge a pag.110 – Questo sbilanciamento in favore delle figure istituzionali, a discapito dei soggetti che operano sul campo (comunità di immigrati, associazioni, area del volontariato cattolico e laico, sociologi, ricercatori) rappresenta una evidente sovraesposizione della classe politica nell’agenda dei mass media”. La società civile e l’associazionismo non toccano insieme il 20% nella carta stampata e il 10% nei telegiornali, invisibili i rappresentanti delle comunità straniere. “Il punto di vista dei migranti è, dunque, assente” conclude Di Luzio.
Sono innumerevoli e gravi i casi in cui gli immigrati sono stati sbattuti in prima pagina come mostri, anche se non c’erano le prove ed è stata subito fatta l’equazione tra il singolo fatto di cronaca e intere comunità nazionali, dai marocchini ai rumeni, passando per i nigeriani. Alcuni sono noti, altri lo sono poco. A Poiana Maggiore, nel vicentino, a giugno scorso si è scatenata una “caccia allo straniero” dopo la denuncia di un tentato stupro da parte di un nordafricano fatta da una ventenne, la quale però si era inventata tutto per nascondere una lite violenta con il fidanzato. Il campo rom di Ponticelli, a Napoli, dato alle fiamme a maggio 2008 dopo un presunto rapimento di una bambina di sei mesi da parte di una giovane rom, denunciata dalla figlia di un camorrista che è l’unica testimone dell’accaduto. L’area dove sorgeva il campo faceva gola per speculazioni edilizie. Ma la vicenda forse più eclatante è la strage di Erba, quando senza alcuna prova, i giornali identificarono il ‘mostro’ nel tunisino Azouz Marzouk. In realtà a essere condannati all’ergastolo come pluriassassini sono stati i vicini di casa brianzoli. Anche nel delitto Knox, il congolese Lumumba è stato accusato ingiustamente di omicidio.

Per uscire dal razzismo informativo, Di Luzio consiglia ai giornalisti un vocabolario adeguato, da cui vanno bandite parole come “clandestino” e “zingaro”, spiegandone le ragioni, anche attraverso un’intervista alla portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini. “Non c’è nulla di pericoloso nell’essere diventato disoccupato” dice l’intervistata, riferendosi alla corretta dicitura di ‘migranti irregolari’ per chi ha perso il permesso di soggiorno dopo essere rimasto senza lavoro per la crisi. Tra le fonti consigliate da Di Luzio c’è anche la nostra agenzia di stampa, accanto alla Caritas e all’Acnur. “Il fenomeno dell’immigrazione è sconcertante per la nostra classe dirigente che mira a durare, non a dirigere” afferma il sociologo Franco Ferrarotti commentando il libro. “Siamo un popolo di emigranti – continua il decano della Sociologia – ci sono 30 milioni di italiani in giro per il mondo”. Ma, suggerisce Di Luzio, l’Italia preferisce dimenticare quel periodo difficile della sua storia, in una poderosa opera di rimozione collettiva della memoria, in favore di una visione che condanna le differenze, che divide tra ‘noi’ e ‘loro’. (rc)

Una risposta a “Brutti, sporchi e cattivi, l’inganno mediatico sull’immigrazione”

  1. Elisabetta ha detto:

    Troppi; concorderete anche voi, spero, che gli immigrati sono TROPPI.

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