Stalking reato dal 2009, rischi spesso sottovalutati dalle istituzioni

La sottovalutazione dei rischi che subiscono le donne nel rapporto violento con il proprio coniuge o compagno può causare conseguenze letali. Solo il 10% dei casi viene denunciato. Di questo si è parlato oggi a Bologna nella presentazione di un manuale rivolto agli operatori delle istituzioni che affronta il problema della violenza sulle donne. Il […]

La sottovalutazione dei rischi che subiscono le donne nel rapporto violento con il proprio coniuge o compagno può causare conseguenze letali. Solo il 10% dei casi viene denunciato. Di questo si è parlato oggi a Bologna nella presentazione di un manuale rivolto agli operatori delle istituzioni che affronta il problema della violenza sulle donne. Il libro “Strategie efficaci per il contrasto ai maltrattamenti e allo stalking (atti persecutivi). Aspetti giuridici e criminologici” scritto da Anna Costanza Baldry (psicologa) e Fabio Roia (magistrato) raccoglie strumenti e tecniche per una formazione multidisciplinare degli operatori di forze dell’ordine e dei servizi sanitari e sociali. “Le donne continuano a morire perché alla base c’è una superficiale valutazione da parte delle istituzioni” afferma Roia. “Purtroppo c’è differenza nella lettura di un reato. Bisogna cercare di fare una prognosi giusta e non sottovalutare i campanelli ” aggiunge Baldry. Così una corretta formazione diventa un obiettivo comune per gli operatori delle istituzioni.

Spesso il pericolo viene ignorato sia da parte delle vittime sia dei famigliari che, in caso di denuncia, criticano la decisione della donna di rivolgersi alle istituzioni. “Anche se abbiamo abolito i crimini d’onore c’è ancora molta mistificazione della cosiddetta violenza in famiglia – sottolinea Baldry – Una donna uccisa dal marito non è trattata nello stesso modo di un omicidio qualsiasi”. Il libro si basa sulla convinzione che una corretta valutazione del rischio dalla parte delle istituzioni può prevenire la violenza perché in maggior parte dei casi si tratta di una ripetizione e la denuncia della vittima è solo l’ultimo passo.

Nonostante lo stalking (gli atti persecutori) sia considerato reato dal 2009 sono i pochi casi di applicazione della norma e spesso le denunce delle vittime sono sottovalutate. “Non sempre le forze dell’ordine procedono all’arresto del maltrattatore – spiega Roia – Probabilmente l’operatore non è formato per capire che non si tratta di un reato casuale, ma è l’ultimo dei reati”. Anche i tempi della durata del processo sono lunghi e la vittima non è in grado di aspettare. Raramente si ricorre ai giudizi abbreviati. Il maltrattamento in famiglia si prescrive dopo 7,5 anni. Il problema è anche la mancanza di giudici specializzati in grado di valutare il comportamento e i fattori di rischio come l’uso dell’alcol e sostanze stupefacenti, il possesso di armi e i reati precedenti.

Il manuale presenta anche le tecniche concrete della valutazione del rischio, come per esempio lo schema dell’intervista strutturata con la donna, gli elementi e le domande da considerare. “Tutte le donne vittime di stupro pensano che lo stupratore le ucciderà. Molto spesso anche le donne ci riferiscono che l’uomo minaccia di uccidersi” racconta Angela Romanin, operatrice di accoglienza della Casa delle donne per non subire violenza. “C’è anche la necessità di proteggere il segreto della richiesta d’aiuto perché le donne credono di essere un libro aperto e hanno paura che il partner venga a sapere della denuncia – aggiunge Romanin – Le donne maltrattate pensano che quello che dice il partner sia legge e qui si pone il problema come comunicare loro il rischio”.

I periodi di violenza possono sostituirsi a quelli di pace, destabilizzando la donna. I figli che assistono il comportamento violento del padre contro la madre possono essere uno degli stimoli per la donna a denunciare. “Bisogna far sì che la donna smetta di credere in un possibile cambiamento del maltrattatore. Loro non lo vogliono dietro le sbarre. ‘Lo faccia smettere’, mi dicono” – racconta Baldry – “Sono reati intollerabili. Ammazzano perché lo vogliono fare e sono anche vendicativi. Quando escono dal carcere possono concludere il loro lavoro anche perché il trattamento terapeutico in carcere è volontario”.

Ilona Nuksevica

Una risposta a “Stalking reato dal 2009, rischi spesso sottovalutati dalle istituzioni”

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