In attesa, alle “porte” di Vespa

Sarkozy e Angela Merkel trovano, finalmente, un accordo e vogliono un “nuovo trattato europeo” che sia “un trattato a 27, perché nessuno si senta escluso”, dicendo all’unisono no agli euro bond e rilanciando  le “sanzioni automatiche per gli Stati che sforano la regola del deficit al 3%”. Particolarmente euforico dopo l’incontro è il presidente francese, […]

Sarkozy e Angela Merkel trovano, finalmente, un accordo e vogliono un “nuovo trattato europeo” che sia “un trattato a 27, perché nessuno si senta escluso”, dicendo all’unisono no agli euro bond e rilanciando  le “sanzioni automatiche per gli Stati che sforano la regola del deficit al 3%”. Particolarmente euforico dopo l’incontro è il presidente francese, che ha detto di auspicare “una riunione dei capi di Stato e di Governo della zona Euro tutti i mesi, finché la crisi durerà” ed affermato che “”La Grecia è un caso particolare” e che “non possiamo paragonarla ad  una grande economia come quella italiana, o quella spagnola”. Cercano di dare convincente speranza i leader dei due Paesi più forti d’Europa, mentre un’altra nuvola ingombra il cielo del vecchio continente, con Standard & Poor’s che ha preso la decisione di lanciare un warning su un possibile declassamento di massa dei rating sul debito sovrano della zona euro. Nella notte, mentre in Italia dormivamo sereni per Piazza Affari in testa ai rialzi, l’agenzia di reating  ha messo 15 paesi della zona euro in credit watch negativo – comprese Italia, Germania e Francia -aggiungendo che si sta creando un “rischio sistemico” poiché le condizioni del credito si sono ristrette nei 17 paesi della regione. In risposta a ciò Angela Merkel si è mostrata serena ed ha replicato: “Quel che fa un’agenzia di rating è responsabilità della stessa agenzia di rating Giovedì e venerdì noi prenderemo le decisioni che riteniamo importanti e irrinunciabili, dando il nostro contributo per la stabilizzazione dell’eurozona, credo conquistando anche fiducia”. In Italia, poi, dopo  il cosiddetto “giorno del giudizio” ed in attesa, stasera di Mario Monti (con Corrado Passera e Elsa Fornero) a “Porta a Porta”, aumentano i mugugni sulla manovra dalla estrema sinistra, dall’Idv, dalla Lega e dalle forze sindacali, con vari distinguo e smarcamenti da parte dei maggiori parti: Pdl e Pd. Da sinistra si guarda con negatività soprattutto alla tassazione della casa e “il Fatto Quotidiano”, scrive che sarebbe stato opportuno piuttosto alzare di più l’aliquota sulla casa successiva alla prima e se proprio necessario colpire anche la prima prevedere una detrazione maggiore dei duecento euro previsti. Questo perché molti italiani sono alle prese con il mutuo e si trovano così di punto in bianca ad affrontare la spesa che può essere equivalente ad una ulteriore rata all’anno. E, ancora, ci si lamenta del fatto che nulla è stato previsto per quel che riguarda la tassazione degli immobili di proprietà della Chiesa, a tutt’oggi esentati dal pagamento. Come se non bastasse il presidente Monti, con pacatezza e sobrietà, ha oggi dichiarato “Il tema dell’Ici sugli immobili della Chiesa non ce lo siamo posti”. E ci si lamenta, anche, per l’aumento dell’Iva, dicendo che la scelta di pagare di più alla fine non convincerà il cittadino a scegliere la via della prestazione senza fattura, considerato che ciò che guadagna dal risparmio dell’IVA (oggi al 21%) è maggiore del risparmio in sede fiscale (oggi al 19%). Altro, quindi, che lotta alla evasione fiscale, tema che può essere risolto solo con la fiscalità incrociata, vale a dire permettere a tutti di “scaricare” molto più di adesso gli acquisti (di beni o servizi) fatti, creando cioè una contrapposizione di interessi (da un lato chi vuole evadere, dall’altro chi paga che esige la fattura per potersela scaricare), che colpisca davvero l’evasore. Dal Pd, ancora, si dice che l’imposta aggiuntiva sui beni scudati doveva essere almeno del 5%, per raccimolare miliardi a tutela delle fasce più fragili, delle donne e dei giovani. Ma, pare, nonostante tutto, Silvio Berlusconi, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini sono decisi a dire “sì “ alla manovra, facendo solo la finta di distinguo per placare i propri elettori. E forse ha ragione Benigni, che ieri sera ha portato lo share di Fiorello a battere lo stesso Fiorello, lo scopo del Cavaliere e lasciar fare il lavoro sporco a Monti e al governo tecnico, per poi ripresentarsi, a conti aggiustati, alle elezioni del 2013. Ma, credo, abbia ragioni Monti, questa manovra, per quanto imperfetta, è ciò che di meglio si poteva trovare in 15-18 giorni per non far fallire l’Italia, per ridarle credibilità finanziaria ed internazionale e, come dice Ezio Mauro su Repubblica, dopo un commento di Ettore Livini che sottolinea, fra l’altro, come “l’Ocse abbia certificato che l’Italia è uno dei paesi più avanzati con la maggiore disuguaglianza dei redditi”, che produrrà, nel tempo, anche maggiore equità. Sullo stesso giornale non è d’accordo Alberto Bisin (professore alla New York University), che dice: “sarebbe stato desiderabile che il governo Monti segnalasse sin da ora un netto e deciso cambiamento di rotta. L’inasprimento del carico fiscale non è infatti una via d’uscita dalla crisi per l’Italia, se non nel brevissimo periodo”. Molto negativo il commento del Manifesto, che apre con un articolo intitolato “SI Salvi Chi Può”, mentre l’editoriale del direttore Alessandro Sallusti recita, su Il Giornale, “lo spread ringrazia, il governo Monti ma soprattutto noi che paghiamo dazio. Il famigerato divario tra i tassi di interesse dei nostri titoli di Stato e quelli tedeschi è tornato sotto quota 400 e questo è un bene. Il sacrificio, non volontario, dei nostri soldi sull’altare del dio finanza ha prodotto qualche effetto. Si poteva fare prima, in altro modo, se solo il governo Berlusconi avesse avuto la stessa benevolenza da parte del Quirinale, della sinistra, dei sindacati e dei mass media. La macelleria tutta tasse di Monti è più protetta della reliquia di Padre Pio”. Chi è con Monti in tutto e per tutto, è Il Sole 24 Ore, come d’altronde Confindustria ed anche i “terzisti” di Casini-Fini e Rutelli, i quali affermano di avere piena fiducia in Monti e nella manovra varata dal Governo. Su La Stampa di oggi, infine, , esprimendo un giudizio positivo sulla manovra e sullo “stile Monti”, anche se in coda, Calabresi sottolinea che “restano in sospeso altre tre questioni capitali: la lotta all’evasione fiscale, la disoccupazione giovanile e la precarietà, i servizi per le famiglie”. Tra l’altro si dovrà supplire al fatto che se le donne andranno in pensione più tardi e ci saranno meno nonne a casa con i nipotini, problema pratico e tutt’altro che marginale. Di fronte a questi vari attacchi, di vario ordine, grado ed area, mi figuro Monti fermo come Bertrando Spaventa, nel racconto di Benedetto Croce, di fronte ai facinorosi che, sospinti dalla reazione, lo volevano far fuori mentre era in cattedra, ad insegnare civiltà e diritto, nella Università di Napoli. Bertrando Spaventa fu il maestro per eccellenza dell’hegelismo italiano, sia per la struttura filosofica sia per la ricchezza e l’organicità della sua posizione filosofico-culturale. E fu proprio il grande abruzzese, nato a Bomba, in provincia di Chieti, ad averci lasciato il monito che lo Stato non solo è l’unico organismo che dà unità e senso politico alla nazione, ma anche la sorgente dei principi e dei valori ispiratori di un armonioso sviluppo civile e culturale. In altre parole, sia gli individui sia la comunità devono trarre dallo Stato l’alimento necessario ad una crescita ordinata e corretta. E’ questa la teoria dello ” stato etico ” accolta dalle più disparate forze politiche, e utilizzata nel Novecento anche in una prospettiva totalitaria ben lontana dagli ideali e dai programmi di Spaventa. In questa concezione della politica si saldano insieme il concetto di “tradizione nazionale italiana” e quello di “sovranità etica razionale” che implica, accanto alla sostanziale laicità, anche una funzione educatrice dello Stato. E credo, Spaventa, sia stato fra le letture più proficue di Mario Monti. Quanto alla sua partecipazione da Vespa, alla fine si è optato per un “compromesso storico”: un’anteprima di mezz’ora di Porta a porta, dalle 20.35 alle 21.05, che prenderà il posto eccezionalmente di Qui Radio Londra e Soliti ignoti. Poi Bruno Vespa tornerà in onda come sempre in seconda serata, così anche da non sovrapporsi a Ballarò. Inizialmente il premier avrebbe dovuto illustrare le misure anticrisi in anteprima nella terza camera televisiva, ma dopo le molte polemiche, la sua partecipazione con i bracci destro e sinistro, è stata molto  ridimensionata. Segno che Monti sa ascoltare le opinioni e cambiare, quanto occorre e se ritenuto prudente e necessario.

Carlo Di Stanislao

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