Il giornalista Franco Stefanoni racconta “I veri intoccabili”

Vorrei, ma non posso. Sembra questo il leitmotiv che ha animato la politica delle liberalizzazioni nel nostro Paese. Eppure progetti di riforma ce ne sono stati. Il primo, fu l’ex ministro della Giustizia Clelio Darida che con una commissione ad hoc nel 1982 con l’idea di eliminare gli inutili privilegi che fanno da corona agli […]

Vorrei, ma non posso. Sembra questo il leitmotiv che ha animato la politica delle liberalizzazioni nel nostro Paese. Eppure progetti di riforma ce ne sono stati. Il primo, fu l’ex ministro della Giustizia Clelio Darida che con una commissione ad hoc nel 1982 con l’idea di eliminare gli inutili privilegi che fanno da corona agli ordini professionali, riportandoli al loro scopo originario, l’esser garanti delle prestazioni professionali dei loro iscritti. Ma tutte le volte finisce in un flop per la politica e a danno dei cittadini. Gli ordini e le professioni (anche quelle non riconosciute) si dividono in mille sigle e sottocategorie, ognuna con il proprio “santo” in Parlamento. Così, commercialisti, medici, avvocati, notai, farmacisti e le lobby si fanno garanti dello status quo, in cambio di migliaia di voti assicurati. Le cronache più recenti ci parlano del recente tentativo, anche questa volta affossato, di liberalizzare i farmaci di fascia C, consentendo anche alle parafarmacie la vendita. Ma i Farmacisti hanno fatto muro, conservando l’esclusività della vendita. Ma la storia degli ordini professionali è foriera di episodi di questo tipo. A raccontare le vicende de “I veri intoccabili” è il giornalista Franco Stefanoni in un’inchiesta curata per Chiarelettere. Mario Monti, attuale primo ministro ha dimostrato anche a Bruxelles che una riforma degli ordini non è più procrastinabile in virtù del Trattato di Lisbona del 2000 con il quale i paesi europei si sono impegnati a perseguire entro 10 anni un’economia competitiva basata sulla concorrenza. L’Italia è fuori tempo massimo.

Stefanoni passa in rassegna le concentrazioni d’interessi che sono ancora il perno su cui annida il potere degli ordini professionali, svelando il perchè in Parlamento ogni anno vengano depositati decine di proposte di legge per la creazione di nuovi albi. Chi sposa l’idea di una necessità di riforma e di abolizione, lo fa partendo dal presupposto che gli ordini abbiano perso quella funzione per cui erano nati e che nel tempo si siano trasformate in camere di conservatorismo a cui è difficile entrare, se “non sei figlio di”. Il ritratto disegnato in questa inchiesta è impietoso, facendo emergere una classe politica sotto ricatto di migliaia di sigle e consigli. Solo Pier Luigi Bersani, con le lenzualate era riuscito a portare a casa qualche piccolo risultato, ma a molti sarà sembrato già un miracolo, dopo tanti tentativi andati a vuoto. D’altronde fu proprio Michele Vietti, ex parlamentare Udc oggi Vice Presidente del Csm a dire “la riforma delle professioni è come l’autostrada Salerno – Reggio Calabria, siamo sempre in coda, nervosi e impotenti, mentre niente cambia”. ( sdb-AgenParl)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *