Iran, la tensione resta alta

L’Iran continua ad essere al centro delle tensioni internazionali. Le vicende dello sviluppo delle tecnologie nucleari sono tornate in primo piano l’8 novembre 2011, si legge in una nota di AgenParl, quando l’Agenzia internazionale per l’energia nucleare (AIEA) ha reso noto un rapporto dal quale per la prima volta emerge con grande chiarezza il carattere […]

L’Iran continua ad essere al centro delle tensioni internazionali. Le vicende dello sviluppo delle tecnologie nucleari sono tornate in primo piano l’8 novembre 2011, si legge in una nota di AgenParl, quando l’Agenzia internazionale per l’energia nucleare (AIEA) ha reso noto un rapporto dal quale per la prima volta emerge con grande chiarezza il carattere di alcune attività nucleari della Repubblica islamica, che sembrano finalizzate alla costruzione di ordigni nucleari. Di fronte all’atteggiamento iraniano di totale chiusura, il Regno Unito e gli USA hanno adottato ulteriori pesanti provvedimenti sanzionatori: il Parlamento di Teheran, a seguito delle ulteriori sanzioni di Londra, ha deciso di declassare il rango delle relazioni con il Regno Unito, con conseguente espulsione dell’ambasciatore britannico, e il 29 novembre la stessa sede diplomatica è stata violata, con l’irruzione di alcuni manifestanti che sono riusciti a sostituire la bandiera britannica con quella iraniana, a provocare un piccolo incendio e a sottrarre alcuni documenti, prima dell’intervento della polizia antisommossa iraniana. La reazione britannica e degli altri Paesi occidentali è stata durissima: il 1° dicembre anche l’Italia ha richiamato a Roma per consultazioni l’Ambasciatore a Teheran.

L’Unione europea ha deciso lo stesso giorno un rafforzamento dell’apparato sanzionatorio contro Teheran, prevedendone altresì l’approfondimento in gennaio: sul punto dell’embargo al petrolio iraniano sono però emersi punti di vista dissonanti, con la prudenza in merito di paesi come Grecia e Italia, maggiormente legati alle forniture di Teheran. La minaccia iraniana di chiudere lo Stretto di Hormuz in caso di embargo diretto alle esportazioni di petrolio, rilanciata ancora il 27 dicembre, è l’elemento di maggiore gravità attualmente sul tappeto, poiché rappresenterebbe un’accelerazione probabilmente fatale delle tensioni – alle minacce iraniane contro la V Flotta USA di stanza nel Golfo gli Stati Uniti hanno più volte ribattuto anticipando un loro diretto intervento militare. I dieci giorni di manovre della marina di Teheran nel Golfo Persico, contrassegnate anche dal lancio di due missili a medio e corto raggio, sono sembrati tuttavia soprattutto una dimostrazione di forza, in questo non dissimili dalle nuove sanzioni firmate il 31 dicembre dal Presidente USA Obama nei confronti di istituzioni finanziarie non americane che intrattengano rapporti con la Banca centrale di Teheran in relazione al petrolio iraniano, e che non sono entrate per ora in vigore. Intanto le monarchie arabe del Golfo Persico procedono a massicci acquisti di armamenti statunitensi, in previsione del peggioramento della situazione regionale

. L’Iran dal canto suo continua nella già sperimentata altalena tra possibili nuove iniziative diplomatiche – stavolta pare con la mediazione turca – e annunci di tutt’altro segno, come quello dell’avvio imminente di attività di arricchimento dell’uranio nell’impianto sotterraneo di Fordow, della cui esistenza si era saputo solo nel 2009, e che era stato poi visitato da tecnici dell’AIEA. Il 9 gennaio 2012 un cittadino statunitense di origine iraniana, arrestato in dicembre con accuse di spionaggio per conto della CIA, è stato condannato a morte, creando ulteriori tensioni con gli USA. L’11 gennaio vi è stata l’ennesima uccisione di uno scienziato iraniano legato alle attività nucleari, la quarta in due anni, per la quale Teheran ha lanciato nuovamente esplicite accuse ai servizi segreti israeliani. Come già in passato, il presidente iraniano Ahmadinejad ha poi cercato, all’inizio del nuovo anno, una sponda diplomatica in America Latina, recandosi in Venezuela, Nicaragua e a Cuba.

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