Maltempo: ancora perturbazioni come febbraio del 1956

Domani ancora tempo perturbato, specialmente sull’Italia meridionale e sul versante adriatico della Penisola, con nevicate fino a quote basse a causa di una vasta area depressionaria che staziona sull’Europa del Nord e si estende fino al bacino del Mediterraneo. Dal pomeriggio-sera di oggi, lunedì 06 febbraio, si prevede il persistere di nevicate fino a quote […]

Domani ancora tempo perturbato, specialmente sull’Italia meridionale e sul versante adriatico della Penisola, con nevicate fino a quote basse a causa di una vasta area depressionaria che staziona sull’Europa del Nord e si estende fino al bacino del Mediterraneo.

Dal pomeriggio-sera di oggi, lunedì 06 febbraio, si prevede il persistere di nevicate fino a quote di pianura su Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Campania, sui settori orientali della Toscana e sul Lazio centro-orientale. Sale a 100-300 metri la quota neve su Sardegna, Basilicata, Puglia centro-settentrionale e zone settentrionali della Calabria. Sono previste, inoltre, nevicate al di sopra dei 400/600 metri anche sui restanti settori della Calabria e sulla Sicilia. I quantitativi cumulati saranno deboli sul Lazio o localmente moderati sui rilievi, generalmente moderati sulle restanti regioni. Previsti abbondanti cumuli, invece, e fino a localmente elevati, sui settori interni delle regioni meridionali.

Il Colonnnello Giuliacci  in una nota dice: ” In Italia quella che stiamo vivendo è davvero una delle ondate di gelo e neve più intense degli ultimi 100 anni. L’attuale periodo gelido e nevoso è difatti paragonabile a quelli storici degli inverni del 1929, del 1956 e del 1985.

febbraio 1956 è considerato un episodio di maltempo davvero straordinario, tanto che all’epoca nel nostro Paese il lungo periodo nevoso venne addirittura definito come “la nevicata del secolo”.

L’inverno si scatenò a partire dalla fine di gennaio, quando correnti gelide di origine artica cominciarono a scivolare verso sud, investendo dapprima la Penisola Scandinava per poi sparpagliarsi velocemente attraverso il cuore dell’Europa. In Italia le prime nevicate arrivarono agli inizi di febbraio, e in breve gran parte delle regioni settentrionali vennero imbiancate da uno spesso manto nevoso, con la neve che, fra le tante città, raggiunse anche Roma. Ma la fase più aspra di quella lunga ondata di gelo iniziò intorno al 7 febbraio, quando un nucleo di aria incredibilmente gelida si propagò attraverso tutta la Penisola, scatenando violente tormente soprattutto sulle regioni centrali e meridionali, mentre al Nord, in gran parte risparmiato dalle nevicate, la colonnina di mercurio dei termometri precipitò fino a segnare valori da freddo record.

Le correnti polari continuarono rimescolarsi sulla nostra Penisola anche nei giorni successivi, stringendo d’assedio l’intero Paese fino al 20 febbraio: come confermato dall’immagine, ricostruita grazie ai dati rielaborati dal Earth System Laboratory della NOAA, nelle due settimane centrali di febbraio le correnti gelide (tonalità del viola) scavarono proprio sul cuore dell’Europa un profondo solco nel quale continuò a in vorticarsi per giorni. Le punte di gelo raggiunsero i picchi più intensi a Torino, dove nella settimana tra il 12 e il 18 febbraio le temperature notturne scesero sempre di almeno 20 gradi sotto lo zero con punte anche di 22 gradi sotto zero.

Ma quell’aspro e rigidissimo inverno lasciò – conclude la nota –  comunque un segno profondo in tutta la Penisola: a Roma la neve fece la sua comparsa per ben otto volte e circa 400 persone si infortunarono per le cadute sui marciapiedi ghiacciati; a Trieste la Bora superò in più occasioni i 150 chilometri orari, lasciando attonita anche questa città da sempre abituata a venti violenti; in più di 180 comuni italiani, rimasti isolati per oltre 10 giorni, viveri e medicinali vennero paracadutati dall’alto; attraverso l’intero Paese le temperature rigidissime fecero gelare gran parte dei corsi d’acqua e dei bacini lacustri, compresi l’Arno, il Lago Trasimeno, la foce del Po e il tratto finale dell’Adige; anche Palermo, imbiancata in più occasioni dalla neve, fu costretta a sopportare temperature che scesero fino a 0 gradi”.

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