Snowmageddon Global Warming e Inferno Bianco causati da attività umana sulla Terra

“Affondiamo, abbandonare la nave”(Capitano Nemo, Ventimila leghe sotto i mari, Giulio Verne). Vabbuò! Nell’apparente quiete dopo la tempesta, tutti a parole unanimemente riconoscono che il riscaldamento globale sia ormai un problema politico di primo piano: le polemiche roventi impazzano su Internet e sul territorio. Il 2011 è stato l’ennesimo anno più caldo di sempre sulla […]

Affondiamo, abbandonare la nave”(Capitano Nemo, Ventimila leghe sotto i mari, Giulio Verne). Vabbuò! Nell’apparente quiete dopo la tempesta, tutti a parole unanimemente riconoscono che il riscaldamento globale sia ormai un problema politico di primo piano: le polemiche roventi impazzano su Internet e sul territorio. Il 2011 è stato l’ennesimo anno più caldo di sempre sulla Terra. La scienza parla ma nessuno la ascolta. Quanto alle soluzioni si entra in un ginepraio per la felicità degli incompetenti e degli affaristi senza scrupoli che ridono quando la catastrofe è alle porte. Stiamo affondando e precipitando come umanità e come civiltà, nonostante i progressi scientifici e tecnologici finora acquisiti. Le scialuppe di salvataggio per abbandonare la Terra ancora non esistono! Nel vernacolo abruzzese recita il brocardo:“Nengue e come nengue, dapù squaie e come squaie e quanne strujie li danne se conte ‘ncape a chi se danne!”. Lo Snowmageddon siberiano d’oltre Carso, di chi sarà mai opera? Della natura, del governo, dei militari o degli extraterrestri? Cosa sono gli Snowmageddon? Non sono solo di natura spaziale (impatti cometari sulla Terra) o commerciale (le magliette e i vari gadgets tanto di moda negli States per celebrare i sopravvissuti all’ondata di neve e gelo dell’inverno 2009-10). Gli Snowmageddon sono vere e proprie improvvise tempeste di granita di ghiaccio. I climatologi e i fisici dell’atmosfera più accreditati nel consesso della comunità scientifica internazionale ne sono certi. Gli Snowmageddon saranno sempre più frequenti, in inverno sotto forma di bombe di neve ghiacciata. E, quando sale la temperatura, sotto forma di bombe d’acqua sempre più focalizzate e con grande estensione spaziale e temporale. Senza contare le bolle incandescenti estive. Tutti fenomeni estremi e violenti che hanno ben poco di “normale” perché sono la diretta conseguenza della parossistica attività umana sulla Terra di oltre sette miliardi di persone. Che consumano sempre più energia, trasformandola e producendo gas serra che riscaldano il pianeta. L’uomo è una formidabile forza geologica della natura in grado di alterare sensibilmente i delicati equilibri del mondo. Il bilancio energetico terrestre non è più in pareggio da decenni. Un nuovo studio della Nasa spiega cosa ci attende nel XXI Secolo. I politici farebbero bene ad aggiornarsi per inaugurare una nuova governance del territorio senza nascondersi dietro il fallace alibi dell’eccezionalità trentennale della nevicata di ghiaccio nelle regioni maggiormente colpite dallo Snowmageddon italiano iniziato venerdì 3 febbraio 2012. Prima che sia troppo tardi. Perché non è assolutamente normale morire di freddo in Italia e in Europa nel 2012. L’uomo ha profondamente modificato l’ambiente in cui vive: la Natura lo ha chiaramente previsto ponendo in essere una serie di contromisure di emergenza. E le notizie non sono affatto buone. I gas serra generati dall’uomo (e non dall’attività solare o aliena) sono la forza primaria del motore che genera il famoso Global Warming, il riscaldamento planetario. Cominciamo dal territorio, dai meno 25 gradi Celsius registrati nella conca del Fucino il giorno 12 febbraio 2012. “La situazione Camplese – rivela lo storico, giornalista e scrittore Nicolino Farina – non è diversa da quella di altri comuni Teramani e Abruzzesi. Per le vie di Campli il disagio è notevole come per le strada provinciale 262 che è a tutt’oggi ancora una lastra di ghiaccio e neve. Alcuni borghi sono quasi rimasti isolati e solo gli interventi con il bobkat hanno permesso ad alcuni di uscire fuori di casa. È mancata persino l’acqua come per alcuni comuni della Val Vibrata. Al momento il consumo dell’acqua è aumentato e quindi occorre razionarla”. Il nuovo studio della Nasa aggiorna sensibilmente le nostre conoscenze sul bilancio energetico della Terra: la differenza, cioè, tra l’ammontare di energia solare assorbita dalla superficie terrestre nel corso dell’anno e l’energia rispedita nello spazio sotto forma di calore infrarosso. I ricercatori, dati e calcoli alla mano che nulla hanno a che sparire con il politichese del Belpaese di chi si crogiola all’ombra del potere, dimostrano chiaramente che, nonostante l’insolita bassa attività solare registrata tra gli anni 2005 e 2010, il pianeta Terra ha continuato inesorabilmente ad assorbire più energia di quella poi effettivamente dispersa nello spazio. Ma come? Il pianeta si riscalda e poi ci sono persone che in Italia muoiono di freddo? James Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS) della Nasa a New York, a capo del team di ricerca, ha recentemente pubblicato le sue scoperte. L’irradiamento totale del Sole, l’ammontare di energia prodotta dal nostro luminare che raggiunge ogni metro quadrato della sommità della nostra atmosfera, in genere diminuisce di una certa percentuale (un decimo) durante i ciclici “minimi” nell’attività solare causati dai cambiamenti che avvengono nel campo magnetico del Sole. Normalmente il minimo solare che avviene ogni undici anni, dura un anno o giù di lì, ma il più recente minimo è durato più di due anni del normale, battendo ogni precedente record mai registrato nell’era spaziale. L’individuazione dell’entità dello squilibrio energetico della Terra, è di fondamentale importanza per la scienza del clima e del meteo, perché offre una misura diretta e inequivocabile dello stato di salute dei processi fisico-chimici terrestri e, quindi, del nostro futuro sulla Terra. Grazie agli elaboratori elettronici più potenti, in grado di effettuare miliardi di miliardi di operazioni al secondo, gli scienziati studiano lo squilibrio energetico per le loro fondamentali proiezioni sui cambiamenti climatici. Le variabili nelle equazioni già molto complesse, rendono ardua ogni previsione. Tuttavia se lo squilibrio è positivo, cioè entra più energia di quella che esce, la Terra si riscalda. Se lo squilibrio è negativo, la Terra si raffredda. I ricercatori della Nasa hanno scoperto che la Terra ha finora assorbito oltre mezzo watt di energia solare per metro quadrato in più rispetto a quanto poi restituito allo spazio, nei sei anni presi in esame dallo studio. Il valore preciso calcolato per lo squilibrio energico (0.58 watts di energia in eccesso per metro quadro) è più del doppio di quanto ammonti la riduzione della quantità di energia solare fornita al pianeta tra il massimo e il minimo di attività solare (0.25 watts per metro quadro). Secondo gli scienziati il fatto che osserviamo ancora uno squilibrio positivo nonostante il prolungato minimo solare, non è una sorpresa, dato quello che abbiamo imparato sul sistema climatico, semmai è la prova inequivocabile che il Sole non è il motore dominante del Global Warming. Secondo lo studio di Hansen e colleghi, questo squilibrio di 0.58 watts per metro quadro implica che i livelli di anidride carbonica debbano essere ridotti a circa 350 parti per milione per ripristinare il naturale equilibrio nel bilancio energetico della Terra. Le misure scientifiche più recenti mostrano non solo che i livelli attuali di CO2  sono di 392 parti per milione ma che la concentrazione attesa di anidride carbonica continuerà a salire nel futuro. I climatologi avevano già perfezionato i loro calcoli sullo squilibrio energetico della Terra ma queste nuove misure della Nasa migliorano sensibilmente anche le proiezioni future. Che non sono affatto buone. Perché ora gli scienziati hanno accesso diretto, in tempo reale, a dati molto più raffinati sulle temperature degli oceani rispetto al recente passato. Misure rese possibili grazie a una serie di boe, sensori, rivelatori che navigano liberamente sugli oceani, monitorando i valori di temperatura, pressione e salinità nell’intervallo compreso tra la superficie e i duemila metri di profondità. Alla fitta rete di segnali acquisiti, gli scienziati hanno dato il nome di Network Argo. La flotta del Progetto Argo è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, da quando i ricercatori hanno iniziato il dispiegamento di questi dispositivi sui mari e sugli oceani. Rispetto a dieci anni fa, oggi più di 3.400 segnalatori Argo sono attivi per acquisire misure e dati H24 che poi vengono elaborati nei centri di ricerca e resi pubblici attraverso le libere istituzioni scientifiche e governative. L’analisi delle informazioni fornite da Argo, integrate con le misure di altri sensori terrestri e spaziali, secondo lo studio di Hansen e colleghi, mostra che la superficie dell’oceano negli ultimi sei anni ha assorbito il 71 percento (71%) di energia in più e che i settori dell’Oceano Australe dove ci sono poche boe Argo, ne hanno assorbito il 12 percento (12%) in più. La regione abissale dell’oceano, ossia la profondità compresa tra i 3mila e i 6mila metri sotto la superficie, ne ha assorbito il cinque percento (5%), i ghiacci ne hanno assorbito l’otto percento (8%) e le terre emerse il quattro percento (4%) in più. Inutile sottolineare come queste nuove misure aggiornate sullo squilibrio energetico della Terra (niente affatto naturale) abbiano implicazioni importanti non soltanto nell’elaborazione dei modelli climatici e meteo. Il suo valore, leggermente più basso rispetto alle stime precedenti, suggerisce che la maggior parte dei modelli climatici sopravvaluti la semplicità dei processi di mescolamento del calore nelle profondità dell’oceano e sottovaluti significativamente l’effetto del raffreddamento prodotto dalle piccole particelle sospese, chiamate Aerosol, che insieme ai gas serra ed all’irraggiamento solare sono i fattori critici per calcolare l’esatta portata planetaria dello squilibrio energetico terrestre. Dunque, secondo gli scienziati della Nasa, oggi i modelli climatici possono simulare i cambiamenti osservati nelle temperature globali molto più accuratamente. Se si osserva un mescolamento troppo veloce del calore nelle profondità dell’oceano, è la prova che i modelli sottostimano la grandezza dell’effetto di raffreddamento degli aerosol che possono riscaldare o raffreddare l’atmosfera a seconda della loro composizione e di come essi interagiscono con le nubi. Gli aerosol, quindi, sembrano giocare un ruolo primario nel raffreddamento rapido e globale del pianeta Terra. Per ora gli scienziati non si sbilanciano più di tanto visto che le stime dell’impatto globale degli aerosol sul clima sono abbastanza incerte considerato quanto sia difficile misurare la distribuzione di queste particelle su larga scala. Il nuovo studio della Nasa suggerisce che l’effetto di raffreddamento globale prodotto dagli aerosol potrebbe essere il doppio più forte rispetto a quanto sostenuto dagli attuali modelli climatici. Il condizionale è d’obbligo poiché pochi modelli tengono effettivamente conto di come le particelle sospese influenzino le nuvole. Bisogna assolutamente potenziare lo studio degli aerosol dallo spazio orbitale. La Stazione Spaziale Internazionale può fare al caso nostro. Sfortunatamente finora gli aerosol non sono stati analizzati con la dovuta attenzione. Il satellite Glory, la sfortunata missione appositamente concepita per questo genere di misure con un grado di dettaglio senza precedenti, è andato perduto agli inizi del 2011 a causa di un lancio fallito. Ma gli scienziati non si arrendono perché solo grazie alla comprensione della distribuzione globale e delle proprietà degli aerosol, si potranno definire modelli climatici più accurati sulla base delle misure più precise dello squilibrio energetico della Terra. Gli aerosol sono una traccia inequivocabile dell’attività umana. Grazie allo Snowmageddon AD 2012 vengono sistematicamente smascherati i falsi profeti, i politicanti, i costi della bolletta energetica italiana (l’aumento medio per famiglia in riscaldamento domestico sarà pari a 1400 euro) e l’essenzialità della Questione Nucleare, in Italia sempre più aperta. Al netto della disinformazione scientifica, degli impianti fotovoltaici congelati e delle pale a vento degli dei. Dunque, grazie neve, gelo e venti siberiani! Perché ricordate agli Italiani che uno Stato di diritto deve funzionare durante la bufera, la tempesta, l’era post-glaciale del disgelo, con tutte le scuole e i servizi pubblici pienamente funzionanti. L’emergenza e lo stato di forza maggiore non possono essere assurti a fattori di eccezionalità tali (davvero imprevedibili?) da giustificare la paralisi dell’Italia, delle sue vie di comunicazione strategiche (voli compresi) e dei suoi cittadini. Sì, perché vogliono murarci vivi in casa per coprire il loro alibi indifendibile e la loro vergogna! Al disgelo, dopo questa breve parentesi glaciale stagionale, ne vedremo delle belle, oltre ai danni materiali. I responsabili del disastro che ha causato la morte di decine di persone in Italia e diverse centinaia in Europa (oggi più di 700), saranno chiamati a risponderne. Lo Snowmageddon europeo è di natura climatica e politica. L’Italia è sommersa dalla neve e dai politicanti delle mille proroghe e dei mille condoni sommersi a loro volta dalla solenne investitura d’oltre oceano dell’ottimo Presidente del Consiglio, Professore e Senatore Mario Monti, il vero Leader che il Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Hussein Obama cercava da tempo! Ma cosa genera uno Snowmageddon e che tempo farà nel XXI Secolo? Gli scienziati cercano di identificare le condizioni che generano queste ondate di energia glaciale che, forse, nei prossimi inverni potrebbero diventare tutt’altro che infrequenti. I super computers simulano la fisica e la chimica dell’atmosfera con modelli matematici molto complessi come il Goddard Earth Observing System Model. I ricercatori hanno scoperto che quando c’è un El Niño la tendenza generale climatica volge al peggio con più tempeste di ogni genere. Data la connessione tra El Niño e le temperature della superficie del mare, gli scienziati pensano di creare modelli per studiare il ruolo di questa variabile nel generare le tempeste di neve. Il modello GEOS-5 reso famoso dal massiccio Snowmaggedon che colpì gli Stati Uniti continentali nel febbraio 2010, fa al caso nostro. Un oceano Pacifico più caldo può significare un oceano Atlantico più “agitato” in grado mettere in moto vortici depressionari spaventosi sull’Europa. Sappiamo che El Niño è un motore  climatico primario negli scambi energetici tra l’oceano e l’atmosfera, caratterizzato dall’inconsueto riscaldamento della superficie del mare e dalle eccezionali tempeste tropicali nelle regioni centrali e orientali del Pacifico. In effetti l’Australia è sott’acqua! L’incremento delle precipitazioni di pioggia è la diretta conseguenza del riscaldamento dell’oceano e dell’aria a contatto con il mare. L’acqua evapora in grosse quantità, condensa nelle nubi e poi ricade sotto forma di piogge torrenziali. Gli scienziati hanno scoperto che il risultato finale di questi cambiamenti nei tropici ha una diretta influenza sui mutamenti climatici in atto nelle correnti d’aria extra-tropicali e nei famosi “jet streams” che favoriscono le grandi circolazioni d’aria su tutto il pianeta. I mutamenti in atto in queste “correnti a getto” stratosferiche  possono alterare significativamente l’energia espressa in tutte le tempeste sulla Terra. Sugli Stati Uniti, ad esempio, El Niño tende a produrre un’estensione orientale inusuale della corrente a getto del Pacifico con una diminuzione delle tempeste negli stati meridionali occidentali colpiti dalla siccità. Grazie al modello GEOS-5, gli scienziati sono riusciti a calcolare il ruolo che le temperature superficiali del mare giocano nei cambiamenti climatici e meteorologici nell’emisfero boreale. È sufficiente inserire i dati più aggiornati sulle condizioni atmosferiche registrate per rendersi conto delle profonde modificazioni indotte nelle tempeste invernali. El Niño può essere previsto in largo anticipo, ormai sulla scala dei mesi. Ma non è sufficiente conoscere la temperatura superficiale del mare e dell’oceano per avere tutto sotto controllo: l’atmosfera è un fluido dinamico in continua evoluzione. Le tempeste si formano ovunque e in qualunque momento esse trovino le giuste condizioni di instabilità per svilupparsi. I modelli matematici non possono replicare alla lettera le normali sequenze fisico-chimiche che innescano gli eventi reali osservati. Per elaborare previsioni superiori alle due-tre settimane, servono nuove equazioni. Ma i ricercatori possono fare previsioni attendibili sul se ci saranno maggiori o minori tempeste, e sul grado di energia che possono liberare a causa della temperatura superficiale del mare. Qui la differenza la fanno i computers con la loro velocità di calcolo, in grado di effettuare decine, centinaia o migliaia di simulazioni a parità di variabili. I dati della Nasa dimostrano che le tempeste sono maggiormente influenzate dalle temperature raggiunte dalla superficie del mare e un po’ meno dai cambiamenti in atto nelle caotiche condizioni atmosferiche. È sufficiente mutare le impostazioni iniziali, sulla regione di spazio e di tempo da studiare, per capire qual è il motore dei cambiamenti climatici, al netto delle variabili aleatorie. La temperatura dei mari e degli oceani, sembra determinante. Quindi le bombe di neve e di ghiaccio possono alternarsi a quelle di vento e d’acqua con la stessa facilità di una simulazione elettronica. Quando El Niño produce le più grandi tempeste, lo fa non necessariamente sotto forma di uragani di ghiaccio lungo la costa est degli Usa. Senza le temperature più rigide, l’umidità precipita a terra sotto forma di pioggia. Una fluttuazione nella pressione atmosferica nell’Atlantico innesca le forze in gioco tra il campo di bassa pressione settentrionale dell’Islanda e il campo di alta pressione meridionale delle Azzorre. L’Oscillazione Nord Atlantica, come viene chiamata dai fisici, controlla la forza e la direzione dei venti occidentali e delle tempeste che attraversano l’oceano settentrionale influenzando il nostro clima. Ma gli scienziati non possono ancora fare previsioni molto accurate su queste fluttuazioni. È noto che in una fase positiva, quando si innesca una differenza di pressione tra i settori nord-sud e quando soffiano venti molto forti da ovest verso est, effettivamente si genera un muro che mantiene l’aria fredda sull’Artico. Nella fase negativa, la riduzione della differenza di pressione tra nord e sud permette al vento freddo artico di attraversare il settore nord atlantico. La dinamica spiega le rigide temperature registrate nella costa est degli Usa durante la fase negativa. Mentre i campi di pressione atmosferica oscillano in tempi di scala brevi (nell’ordine della giornata e della settimana) l’inverno 2009-10 ha visto l’Oscillazione Nord Atlantica in un’estesa e forte fase negativa. Dalla combinazione dell’influsso risultante dal vento artico nell’inusuale periodo di tempo e degli effetti di El Niño, gli scienziati sono in grado di capire le cause e le modalità di queste strane ed energetiche tempeste mostruose sempre più focalizzate per estensione e durata. La Nasa ha capito che il pazzo inverno 2009-10 sulla costa est degli Usa è parte una “risposta” climatica a El Niño ed alle sue associate alte temperature registrate sulla superficie dell’oceano Pacifico. Non paghi, i ricercatori hanno poi confrontato questi risultati con quelli dell’inverno 1999-2000 caratterizzato da condizioni completamente diverse, con una La Niña e una fase positiva della “North Atlantic Oscillation”. Quando compariamo questi dati con lo Snowmaggedon americano, l’inverno 1999-2000 appare meno tempestoso anche dal punto di vista delle precipitazioni nevose all’epoca nettamente diminuite. Gli scienziati ipotizzano che le temperature superficiali del mare prodotte da El Niño e l’estesa fase negativa della North Atlantic Oscillation, abbia causato il mostruoso inverno 2009-10 negli Usa. Queste scoperte spiegano il nostro Snowmaggedon AD 2012 europeo e possono aiutarci a prevederne di nuovi in futuro? Per fare previsioni sempre più accurate sulle precipitazioni nevose siberiane in ingresso nel settore mediterraneo, gli scienziati hanno bisogno di capire meglio come lavora la North Atlantic Oscillation e, soprattutto, che cosa genera l’ampia stazionarietà e focalizzazione spaziale e temporale di queste correnti e perturbazioni anche a basse latitudini. Insomma, non è assolutamente normale il nostro Snowmaggedon AD 2012 europeo. L’evidenza scientifica lo spiega. I nostri mari sono troppo caldi. L’enorme umidità richiamata in quota si condensa e quando incontra il gelo siberiano ad alcune migliaia di metri (sono state registrate temperature di meno 40 gradi Celsius a 5mila metri di altezza sopra l’Abruzzo) precipita a terra con tutta la sua energia. Alcuni dicono accada ogni trent’anni, come nel 1929 e nel 1956. Non per la scienza. Non stavolta. Esiste l’evidenza che l’estesa fase negativa sull’Atlantico sia prodotta dalle temperature dei mari (molto più caldi del 1929 e del 1956) e forse anche dalle precipitazioni nevose che coprono l’Asia. Tuttavia gli scienziati non hanno ancora scoperto alcun collegamento diretto con le forze in gioco nella North Atlantic Oscillation. L’esperienza dei nostri antenati ci è di conforto: all’epoca le scuole rimanevano aperte per temprare i giovani di fronte alle difficoltà della vita. Prima delle misure scientifiche, esistevano le registrazioni delle memorie dei nostri padri, tramandate per lo più oralmente ai loro figli, magari improvvisando una tenda nel cortile di casa per il pericolo di crolli a causa degli spessi strati di ghiaccio sui tetti! Fatto sta che c’è un legale fra alcune tra le maggiori tempeste di neve, gli inverni di
El Niño e la fase negativa della North Atlantic Oscillation. Bisogna quantificare questi legami e spiegare in che modo sono correlati. I ricercatori ipotizzano che El Niño e la bassa pressione atmosferica diano un contributo alle anomalie registrate nelle precipitazioni nevose sugli States. I modelli non solo confermano che una fase negativa della North Atlantic Oscillation insieme a El Niño, crei le condizioni per la formazione di queste mostruose tempeste di neve; ma sono utili per mostrare come l’atmosfera possa agire in modi differenti quando in essa agiscono simultaneamente El Niño e le differenti temperature superficiali dei mari. Oggi gli scienziati conoscono e controllano alcune condizioni iniziali della complessa macchina atmosferica: grazie a questi modelli possono offrire una spiegazione sicura sulle vere cause dei cambiamenti climatici. Gli scienziati hanno previsto la corrente La Niña le cui condizioni unite alle basse temperature superficiali dei mari, forse, potrebbero spiegare la causa di quello che sta accadendo in Europa e lungo la East Coast americana in questo pazzo inverno 2012. La relazione esistente tra le tempeste più forti e la temperatura dei mari, è stata dimostrata. Le previsioni più accreditate indicavano chiaramente lo Snowmageddon AD 2012 in Europa, come rivelano gli studi in corso di pubblicazione sulle principali riviste scientifiche internazionali. I politici non possono nascondersi dietro la proverbiale foglia di fico. Gli scienziati parlano ma nessuno li ascolta. Se predicono El Niño, vuol dire che l’inverno sarà durissimo. Ora se piove o nevica forte dipende dalla North Atlantic Oscillation, una formidabile macchina previsionale a causa delle sue costanti oscillazioni. Parallelamente la Questione Nucleare è quanto mai aperta. Il migliore reattore nucleare è il nucleo della Terra. Paradossalmente agli Snowmageddon si sopravvive solo aumentando il Pil e la produzione di Energia Verde con la crescita economica, e non con la decrescita, perché servono investimenti per dominare l’energia nucleare della Terra, riserva infinita di elettricità e di calore. “Una notizia che nei media italiani vorrebbe risuonare come uno scoop – scrive il professor Franco Battaglia – è quella dei due nuovi reattori nucleari la cui costruzione è stata approvata ieri in Stati Uniti”. «Inversione di tendenza», sostiene il Corriere della Sera. “Siccome è dal 1978 che l’America non costruiva un nuovo nucleare, hanno dato a intendere ai propri lettori che la tendenza sarebbe stata, lì, di chiudere col nucleare. La verità è che gli Stati Uniti non sono stati nell’impellenza di costruirne di nuovi, avendo più di 100 reattori. In più, in 30 anni ne hanno aumentato dal 60% a oltre il 90% il fattore di capacità, riuscendo così, senza costruirne altri, ad aumentare del 50% la produzione elettronucleare, passata dai 500 miliardi di kWh dell’anno di Chernobyl agli 800 miliardi dell’anno scorso. Infine, hanno allungato la vita di esercizio dei loro reattori, dai 40 anni inizialmente certificati, a 60 anni. Quando i bugiardi del nucleare-no-grazie vi dicono che il mondo industrializzato non costruisce più nucleare, vi mentono nel migliore dei modi, cioè raccontando la verità a metà: Stati Uniti ed Europa non costruiscono centrali nucleari perché le hanno già, e in abbondanza”. Sono tante, troppe, le notizie in Italia taciute. “Ve ne passo qualcuna. Lo scorso 18 luglio il Parlamento inglese ha ratificato il programma, riconfermato dal governo la settimana precedente, di costruire nuovi impianti nucleari nel Regno Unito, e riconfermando anche la lista dei siti che ospiteranno gli impianti”. Lo sapevamo? “No, perché nei media italiani – a parte le palesi eccezioni – vige una rigorosa omertà su tutta la Questione Nucleare. Non scrivo a vanvera. Ad esempio, a proposito di Fukushima. Scommetto che non sapevate che il Rapporto dell’Agenzia di Sicurezza Nucleare Giapponese scrive, testualmente:«Non è stato riscontrato alcun effetto sanitario in alcuna persona a causa dalle emissioni radioattive da Fukushima». Sicuramente lo ignorano al Corsera, visto che stanno a chiedersi, dopo la decisione americana, se sia stata dimenticata la lezione di Fukushima. La vera lezione di Fukushima è che il nucleare è sicuro, giacché nessun morto, ferito o malato ha causato l’impianto, pur distrutto da un terremoto di forza 9 con maremoto a seguire. Così come Chernobyl: in questi 25 anni le radiazioni fuoriuscite da quell’impianto non hanno causato alla popolazione civile alcun effetto sanitario. Nessun morto, nessun ferito, nessun malato di alcuna malattia associabile alle radiazioni. Zero. Sul nucleare bisogna imparare a ragionare con la propria testa. In assenza di specifiche competenze, imparate a chiedervi come mai”. Come mai il Parlamento inglese ha riconfermato lo sviluppo del nucleare? Come mai l’Ucraina, la patria di Chernobyl, portandoli a 15, ha installato 9 reattori negli ultimi 25 anni? Come mai il Giappone, la patria di Fukushima, non si sogna di uscire dal nucleare e ha mantenuto il programma di costruirne 17 nei prossimi 20 anni? Come mai la Svezia, che con un referendum del 1980 aveva deciso di chiudere entro 2 anni i propri 11 reattori, li ha, ancora oggi, tutti in esercizio? Come mai lo scorso novembre la Cina ha connesso alla rete il proprio 15mo reattore, costruito in soli 5 anni? “E voi non lo sapevate? Come mai nel mondo vi sono 61 reattori in costruzione (di cui 26 in Cina, 9 in Russia, 2 in Ucraina), 160 in attesa di approvazione (di cui 51 in Cina e 10 in Giappone) e 335 programmati (di cui 120 in Cina e 11 in Ucraina)? Poco più della metà degli italiani, andando al voto, hanno votato i propri figli e nipoti alla incertezza di approvvigionamento energetico. Lo vediamo in questi giorni: ne bastano quattro di neve per far emergere la fragilità della nostra condizione, con una nostra smodata dipendenza da gas che è, al mondo, più unica che rara. Basti solo dire che il contributo del prezioso e costoso gas alla produzione elettrica è, da noi, il doppio che nel resto del mondo. L’ultima bischerata che un governo, soprattutto se di tecnici, doveva fare era l’inaugurazione di un inutile, costoso, pericoloso e inopportuno impianto di rigassificazione. Monti l’ha fatta”. Ma, allora, come possiamo difenderci dallo Snowmageddon? Con una buona Protezione Civile Nazionale ed Europea che goda di pieni poteri sul modello della FEMA americana. “Grazie neve, per averci aiutato a capire che la Protezione Civile ci serve” – scrive Guido Bertolaso l’ex capo della Protezione Civile italiana sul suo sito Internet.  “Sono stato tirato in ballo più volte, nei giorni scorsi, nel corso delle varie polemiche che hanno accompagnato l’ondata di freddo e la nevicata eccezionale che ha colpito l’Italia ed anche la sua capitale, creando disagi e facendo vittime in diverse località. Non ho volutamente detto nulla, nei giorni scorsi, e preferisco fare alcuni commenti, che magari in pochi leggeranno, in attesa della prossima ondata di maltempo che in molti temono peggiore di quella appena terminata la cui gravità e imponenza è stata offuscata dalle diatribe puerili di chi cerca scuse per giustificare le proprie leggerezze, mentre la gente muore assiderata per le strade perché nessuno è andato a soccorrerla, un po’ come per la nave Concordia (a un mese dalla tragedia del 13 gennaio 2012, NdA). Dico subito, e vediamo se sarò smentito, che le nevicate in arrivo saranno poca cosa rispetto a quello appena vissuto da milioni di italiani perché dopo aver preso sottogamba il momento davvero critico ora sono tutti mobilitati con le catene, i motori accesi, le vanghe in mano e il thè caldo da distribuire. Le polemiche dei giorni scorsi mi portano adesso a fare alcune considerazioni, con la speranza che possano essere utili a facilitare almeno il passo indispensabile che occorre per ripristinare una buona funzionalità in materia di Protezione Civile, facendolo però nella direzione giusta. Tocco solo quattro punti ma aggiungo subito che ancora una volta gli sciacalli della penna e degli obiettivi si sono subito affrettati, per giustificare il casino non solo di questi giorni ma anche della Costa e delle alluvioni in Liguria, ad incolpare la dissipata gestione di Bertolaso, che con i massaggi, la cricca e i grandi eventi aveva gestito soldi e potere a suo uso e consumo. Mica potevano lasciarmi in pace e cercare di capire le vere ragioni di tale sfacelo tormentati dall’incubo che qualche italiano facesse il paragone fra ieri e oggi. E quindi giù tonnellate di merda condite dalle solite bugie, calunnie piene di malafede e gigantesche inesattezze, mentendo sapendo di mentire pur di evitare il rischio che qualcuno cominciasse davvero a dire come stanno le cose e a chiedere conto di abbandoni, danni, vittime! Il primo punto riguarda il mio personale ringraziamento a chi ha fornito a Franco Gabrielli l’assist per chiarire che è una legge dello Stato, approvata dal Parlamento sotto il precedente Governo, la ormai nota a tutti legge 10 del febbraio 2011, a rendere impossibile al Dipartimento la stessa velocità di reazione alle situazioni di emergenza che io potevo esprimere, senza i vincoli posti dalla attuale normativa. Ho avuto modo di scrivere e dire più volte come vedete da questo sito, nei mesi scorsi, che il commissariare l’unica struttura capace di coordinare e gestire situazioni di emergenza, sottoponendo ogni decisione al parere preventivo sia del Ministero dell’Economia che della Corte dei Conti, avrebbe avuto come unico risultato quello di sprecare il tempo scarso dell’emergenza al suo inizio e di provocare i guasti – e le vittime in più – che è normale aspettarsi se si tarda ad entrare in azione. La soluzione al problema dell’efficienza e dell’efficacia della Protezione Civile consiste sopratutto in questa operazione: riconoscere che “ci siamo sbagliati” commissariando la struttura, alla quale va restituita la pienezza della sua responsabilità per poter agire immediatamente nei diversi scenari di emergenza che si presentano puntualmente. Secondo punto. Chi sostiene che questa sorta di commissariamento era indifferibile e indispensabile per evitare sprechi, abusi e forme di possibile contagio della correttezza istituzionale “ordinaria”, deve ammettere che il “commissariamento” non è una cura possibile neppure per consumare “vendette” verso personaggi scomodi e troppo popolari e si dia dunque da fare per eliminare subito le misure che impediscono il funzionamento di una struttura vitale per l’Italia nella quale oggi viviamo. Il ritorno all’ordinario sarebbe effettivamente una buona soluzione, se l’ordinario funzionasse. Siccome non è così, credo sia meglio smetterla con questo mantra che assolve qualche coscienza ma non produce soluzioni. La famigerata legislazione “ordinaria”, in materia di spesa pubblica, presenta aree di inefficienza e di possibile spreco formidabili, così come dà pessimi risultati in materia di correttezza degli appalti pubblici, di rispetto dei tempi e degli impegni, di semplice giustizia amministrativa, di contrasto alle infiltrazioni malavitose ed anche della corruzione pubblica, di garanzia di funzionamento delle reti e dei servizi dai quali dipende la qualità della vita dei cittadini italiani. Ricordo solo che il famoso scandalo del G8 e la vicenda della cricca che mi viene sempre incollata addosso fino ad oggi ha fornito prove reali solo per l’appalto della caserma dei marescialli di Firenze che nulla aveva a che fare con la protezione civile ed era, appunto, un appalto “ordinario”! Prima di celebrare come una vittoria il ritorno alla situazione “ordinaria”, non sarebbe male una verifica anche comparativa tra i supposti sprechi della Protezione Civile e i risultati delle stesse attività condotte con la legislazione ordinaria, senza fidarsi ciecamente di qualsiasi dato presentato da Amministrazioni che nessuno può considerare a priori impeccabili. I dati diffusi dal Ministero dell’Economia sui costi della Protezione Civile sono aggregati e pertanto  occorre leggerli  con attenzione. Cosi come in un Paese serio ci sarebbe da chiedersi perché certe Authority, nonché la Corte dei Conti, si sveglino solo oggi per denunciare e criticare quello che ieri esaltavano. Mi spiace che molti giornalisti stimabili continuino a cadere nella trappola dei dati presentati in modo così organico e puntuale da sembrare costruiti ad hoc per far arrivare chiunque alle conclusioni volute da chi li ha scritti in quel modo. Qualcuno ha mai scritto che per nove anni almeno, dei dieci che ho passato a capo del Dipartimento, ho proposto che il bilancio del Dipartimento venisse liberato da oneri impropri e non funzionali all’attività del Dipartimento, come sono i costi di mutui che ancora si pagano per i terremoti dell’Irpinia e dell’Umbria, per il disastro di Sarno e tanti altri ancora? Fanno quasi il 60% del bilancio del Dipartimento. Perché non li gestisce, questi sì, il Ministero dell’Economia? Perché si vuole che gonfino il bilancio del Dipartimento? Perché non si scorporano le attività di chiusura contabile e amministrativa di passate emergenze, che in quanto passate non richiedono più il know how proprio della Protezione Civile e possono essere affidate a qualsiasi burocrazia si voglia? Qualcuno ha mai scritto che ho chiesto infinite volte che al Dipartimento venisse lasciata solo la gestione del Fondo nazionale per la protezione civile, in modo da disporre di una leva finanziaria per accompagnare con maggiore efficacia il compito di coordinamento ed indirizzo delle realtà regionali e locali stimolando iniziative utili a tutti per migliorare la protezione civile? Pertanto ad oggi il Dipartimento svolge una marea di attività burocratico-amministrative sul passato, ma il Fondo nazionale è senza risorse dal 2004, con buona pace dei predicatori del decentramento, della buona preparazione e della prevenzione. Terzo punto: i Grandi Eventi. Mi permetto di avvertire tutti coloro che saranno chiamati a discutere la soluzione al problema della attuale “ingessatura” del Dipartimento: non esiste una risposta giusta ad una domanda sbagliata. Se qualcuno si illude che la soluzione consista nello spostare da qualche altra parte la gestione dei tanto discussi Grandi Eventi è fuori strada. Questo tema è diventato uno slogan, usato da molti ma verificato e approfondito da nessuno. E’ in sostanza un falso problema. I Grandi Eventi non sono certo costitutivi della missione essenziale della protezione civile, ci vuol poco a fare questo sforzo intellettuale, modesto al punto che io stesso c’ero arrivato. In un altro momento avrò modo di dire la mia su questo punto. Qui mi preme solo ricordare che nessuno di quelli che ne hanno fatto una bandiera ha mai dimostrato che, per inseguire i grandi eventi, la Protezione Civile abbia mai trascurato una emergenza di protezione civile in senso stretto. Nessuno fa una differenza, che pure sarebbe utile, per verificare quanti Grandi Eventi sono stati gestiti dalla struttura e quanti sono stati gestiti solo facendo ricorso alle normative di protezione civile perché le sole disponibili per sottrarsi non al rigore dei controlli, ma ai bizantinismi della legislazione ordinaria che impedisce a chiunque di fare un crono programma ed avere una qualche possibilità di rispettarlo. L’uso delle norme di protezione civile per emergenze diverse da quelle dovute a catastrofi naturali è stato largamente bipartisan, come chiunque può verificare andando a cercare i dati sui “grandi Eventi” dichiarati ogni anno dal Governo Prodi e dal successivo Governo Berlusconi. La prassi della richiesta del Grande Evento continua anche oggi, da ogni parte, compresi De Magistris che lo chiede per gestire la Coppa America e Pisapia che l’ha ottenuto per accogliere il Papa in visita a Milano. Se si vuole discutere di Grandi Eventi in modo utile e non strumentale, bisogna ragionare non solo di chi li gestisce, ma del perché Governi, Governatori, Sindaci di tutta Italia e di ogni colore politico considerano necessario l’uso di procedure straordinarie in questi casi. Il problema viene in gran parte dalla inadeguatezza della famosa legislazione ordinaria e semmai, mi permetto di suggerire, dalla struttura degli interessi, forti e meno forti, nobili e meno nobili, che dietro lo schermo dell’ordinarietà hanno trovato l’ombra e la disattenzione necessarie per perseguire i loro obiettivi. Quarto ed ultimo punto. La Protezione Civile spende troppo? Può essere vero, basta che la diagnosi sia frutto di una analisi documentata e non di umori politici o di preconcetti di questo o quel funzionario o dirigente dello Stato che adora le procedure ordinarie, quelle che permettono di non metterci mai la faccia, di spiegare ogni ritardo ed insufficienza con la complessità delle procedure, di declinare ogni responsabilità personale dietro la legittimità del procedimento amministrativo. Si vuole un più stringente controllo sugli atti di spesa del Dipartimento, utili se decisi ed effettuati secondo le esigenze di ogni emergenza e non secondo i comodi e le convenienze di vari alti burocrati del Ministero dell’Economia? Il Dipartimento, per sua natura, è un organismo che funziona obbligando Amministrazioni ed Enti pubblici di ogni tipo a coordinarsi in tempi rapidi, collaborando ovviamente con tutti, senza mai escludere nessuno. Anche per questo suscita rancori, insofferenza, desiderio di essere al di fuori di ogni coordinamento per seguire in santa pace i propri obiettivi senza confrontarsi con nessuno, cosa che accomuna tanti rappresentanti politici e tanti dirigenti dello Stato al centro e alla periferia. Ho chiesto tante volte che rappresentanti del Ministero dell’Economia e della Corte dei Conti venissero a lavorare insieme al Dipartimento, per mettere la loro competenza ed esperienza a disposizione del lavoro comune che il Dipartimento fa, in emergenza, rappresentando l’intero Stato in ogni sua articolazione. Mi è sempre stato risposto di no. Perché? Mi sono risposto che in tanti preferiscono criticare dopo piuttosto che assumere responsabilità insieme ad altri prima, tenersi le mani libere per esser pronti a schierarsi, dopo, con chi ha successo scaricando chi non ne ha più, rifiutare di esporsi con la propria faccia e le proprie decisioni per proteggersi da eventuali ricadute negative, o, per dirla in modo più dialettale, per pararsi e tutti hanno capito che cosa. Ma anche questa può essere una strada da seguire, se si vuole davvero risolvere un grave problema di correttezza amministrativa, che peraltro almeno una volta vorrei documentato sulla base di studi comparativi tra situazioni analoghe e non solo seguendo la moda di alimentare facili reazioni emotive e diverse indignazioni gratuite con dati imprecisi, veri solo a metà, non verificati e non spiegati in modo corretto. Sarà più facile, ragionando di fatti e non di suggestioni, capire che anche l’ operazione contro di me aveva da un lato una motivazione politica, quella di indebolire, colpendo me, il Governo per il quale ho lavorato, come ho sempre fatto in tutta la mia vita professionale, ma dall’altro aveva una motivazione anche più meschina, quella di fermare una macchina amministrativa in grado di dare risposte ai bisogni reali della popolazione lavorando duramente, anche in condizioni difficili, a contatto con chi aveva bisogno di sentirsi vicino lo Stato, usando al meglio tutte le risorse organizzative ed umane disponibili. Se non si cambia la legge 10 del 2011, se non si dice chiaro e tondo che commissariare la protezione civile e impedirle di essere tempestiva nel muoversi produce vittime più che ipotetici risparmi, se non si torna ad un sistema che renda possibili decisioni immediate ed adeguate, il problema della protezione civile e del servizio che questa struttura rende al Paese e ai cittadini rimane irrisolto, anche se i grandi eventi saranno gestiti da altri. Il nodo è rimettere i rischi non solo al centro di una revisione della legislazione sulla Protezione Civile, ma al centro della politica del Paese, sia dal lato delle priorità della spesa pubblica, sia da quello della politica economica. E’ ora di smetterla con la tesi, stereotipata e preconcetta, che mettere in sicurezza l’Italia è un costo e non una occasione di crescita economica, che la politica economica sul territorio debba essere fatta solo dalle grandi opere a beneficio dei grandi interessi, che la scarsità delle risorse del bilancio pubblico impedisce di fare le cose che servono, mentre rende facile, necessario e urgente scatenare le risorse private nel costruire cose di cui nessuno avverte la improrogabile necessità. Abbiamo uno Stato dove i Comuni sono rimasti da soli a fronteggiare senza risorse adeguate problemi spesso più grossi di loro ed ai quali si è sempre negata la deroga al patto di stabilità per gestire le emergenze, dove i Corpi dello Stato, dai Vigili del Fuoco alle Forze di Polizia vivono con stipendi da fame e non hanno risorse ordinarie sufficienti a far fronte alla semplice gestione quotidiana, anche solo a fare il pieno alle auto in servizio, dove il risanamento pubblico si fa pretendendo dai Governatori delle Regioni di assumersi la responsabilità politica di aumentare le accise sulla benzina prima di poter chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza per qualsiasi disastro sia accaduto e dove si pretende di assimilare i volontari ai funzionari pubblici per fargli pagare tasse e contributi vari! Non andremo lontani, così, taroccando la realtà. Mi auguro che l’impegno preso oggi davanti a regioni e comuni di modificare quella norma vendicativa venga rispettato. Personalmente non ci credo perché dovrebbero cambiarla quelli che l’hanno pervicacemente voluta e ottenuta solo quando me ne sono andato e la grottesca vicenda della dichiarazione di emergenza nazionale adottata finalmente dal Governo ieri e non una settimana fa sta lì a dimostrarlo:c’è l’emergenza ma non c’è il commissario con pieni poteri per disporre di mezzi, uomini e SOLDI come sarebbe stato necessario. I morti della Liguria, dell’Isola del Giglio, della recente nevicata forse ci possono essere di stimolo per prendere coscienza di molte cose che non funzionano, se davvero è e resta un impegno dello Stato assicurare ai cittadini una efficace protezione quando la loro vita e i loro beni sono a rischio. E’ accaduto anche troppo spesso che le norme di protezione civile siano state adottate dopo grandi tragedie. Non aspettiamone una ancora maggiore di quelle già successe per renderci conto che, con la scusa di buttar via l’acqua dichiarata sporca per ragioni politiche e strumentali, un’altra volta è accaduto che l’avessero vinta i piccoli Erode nascosti in qualche Amministrazione a tramare piccoli interessi di bottega, che per farli meglio e in maggiore tranquillità hanno giurato morte al bambino protezione civile”. Stiamo uccidendo il pianeta Terra come nel film “L’Alba del giorno dopo – The Day After Tomorrow”. I carotaggi antartici dei glaciologi non mentono. Gli ultimi anni sono stati i più caldi da almeno 400 anni, mentre il delicato e complesso sistema climatico della Terra sembra impazzito. Bisogna catturare e conservare i gas serra per la prossima era glaciale: altra tematica ignorata dai nostri politici. Per cercare di rispondere alle domande di cui sopra e per un’introduzione generale alla climatologia, consigliamo la lettura del libro “Clima” (Laterza) di Antonio Navarra e Andrea Pinchera, e la costante consultazione dei siti Internet più prestigiosi e importanti come: www.noaa.gov, http://www.argo.ucsd.edu/Argo_Project_Office.html e www.giss.nasa.gov.

Nicola Facciolini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *