Bossi: Mollo tutto, mediando sulle amministrative

Chi ha parlato con lui nel primo pomeriggio di ieri, ha descritto Bossi come un uomo “amareggiato dall’attacco personale e alla famiglia”.   Mollo tutto e mi dimetto, avrebbe detto ai suoi il senatur, mentre arrivavano le notizie che i soldi del partito sarebbero stati utilizzati per coprire le spese della sua famiglia. Le accuse […]

Chi ha parlato con lui nel primo pomeriggio di ieri, ha descritto Bossi come un uomo “amareggiato dall’attacco personale e alla famiglia”.   Mollo tutto e mi dimetto, avrebbe detto ai suoi il senatur, mentre arrivavano le notizie che i soldi del partito sarebbero stati utilizzati per coprire le spese della sua famiglia.
Le accuse piu’ dure da digerire: l’uso dei fondi per la campagna elettorale che ha portato il figlio Renzo in Consiglio regionale lombardo e per la ristrutturazione della villa di famiglia, a Gemonio.
Sicuramente, avranno fatto piacere al ‘capo padano’ la visita dell’amico Giulio Tremonti, che si e’ fermato in via Bellerio circa tre quarti d’ora, e la solidarieta’ compatta del Pdl, a partire da Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Mentre non e’ passata inosservata, in via Bellerio, l’assenza di Roberto Maroni, tra i primi, stamane, a chiedere le dimissioni di Belsito (“una buona notizia”, ha commentato a dimissioni avvenute, l’ex ministro dell’Interno).
Lo “scandalo Belsito”, avviato due giorni fa, è stato e resta una bomba che ha scosso il partito e che di certo non giova all’immagine della Lega alla vigilia di un test importante come quello delle elezioni amministrative di maggio.
Oltre tutto l’affaire ha creato non pochi malumori tra i cosiddetti ‘cerchisti’ che mettono in evidenza il diverso atteggiamento tenuto dal partito nei confronti di Belsito, al quale si e’ chiesto un passo indietro perche’ e’ indagato, e di Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, indagato anche lui dal 6 marzo dalla procura di Milano, con l’accusa di corruzione per presunte tangenti: ma in questo caso, i big, e Bossi in primis, avevano difeso a spada tratta sostenendo che “Boni non si tocca”.
Ben tre procure, Milano Napoli e Reggio Calabria, hanno ipotizzato che il tesoriere della Lega Francesco Belsito, ha usato soldi pubblici (provenienti dal finanziamento ai partiti) per usi personali della famiglia Bossi: cene e viaggi tutti pagati per i figli del senatur. E la cosa è più che grave. Secondo un sondaggio pubblicato a giugno 2010 dal sito Affariitaliani.it, per gli italiani la Lega era il partito meno permeabile alla corruzione che investe, invece, diffusamente gli altri partiti.
Chissà cosa risulterebbe adesso da uno stesso sondaggio. Va poi ricordato che, nella sua ventennale storia, il partito di Bossi è stato segnato da avvenimenti che l’hanno accomunato a tutte quelle logiche tipiche del teatrino della politica italiana: tangenti, nepotismo, sfruttamento dei privilegi tipici della “casta”. Oltre ai più celebri, come la tangente da 200 milioni ricevuta nel 1992 dal gruppo industriale Ferruzzi-Montedison e il sistematico nepotismo dei famigliari di Bossi, ci sono anche fallimentari speculazioni immobiliari in Croazia, inspiegabili finanziamenti al Movimento per l’Autonomia, il partito pan-siculo di Lombardo e, da ultimo prima delle questioni Boni e Belsito, il caso raccontato da Gian Antonio Stella delle auto blu di Edouard Ballaman, presidente del consiglio regionale del Friuli.
Tornando all’oggi, il notista politico del Corsera Massimo Franco, dice che lo scandalo ultimo della Lega finisce per favorire la mediazione nelle prossime tornate amministrative. Scrive il giornalista: “Il partito di Umberto Bossi non ha mai smesso di chiedere a Berlusconi di far cadere Monti se voleva ricomporre l’alleanza del centrodestra.
Quanto si va profilando nelle inchieste della magistratura promette invece di accelerare un cambio di stagione fra i lumbard; e di mettere l’alleanza anomala PdL – Pd – UdC al riparo dal ricatto leghista”. Nell’articolo, poi, del Giornale, titolato sarcastimante “Tiro alla Lega”, il direttore Sallusti fa notare come “a differenza di quanto è accaduto coi casi Bersani – Pd e Lusi – Marghierita, a pochi minuti dal blitz già si sapevano tutti i dettagli delle accuse, quasi che qualcuno volesse garantirsi un buon risultato mediatico”.
E complottista è anche Maurizio Belpietro su Libero, che comunque annota che Bossi anni fa, dopo l’ictus, avrebbe dovuto fare un passo indietro e trovare un successore, invece è “rimasto al vertice” e “si è fatto circondare da un clan di pretoriani. Un gruppo di famiglia e non solo, che lo ha sostenuto e servito, e in cambio lo ha preso in ostaggio”.
A difendere il leader ora sono davvero pochi, mentre il maroniano di ferro Flavio Tosi, dice su Repubblica: “Possiamo salvarci solo se la Lega torna a fare la Lega”.
E, adesso, rispunta il pettegolezzo della relazione fatale fra Bossi e Luisa Corna che, comunque, intervista a Domenica Cinque, da Federica Panicucci, spiega che ha sempre cercato di evitare di parlare del pettegolezzo perché si tratta di una menzogna e ribadisce che per lei la “reputazione è una cosa che ha valore”. Solo pochi mesi fa, Luisa Corna aveva rilasciato, per la prima volta, una dichiarazione in merito alla sua presunta relazione con Bossi, negando ogni tipo di legame con lui e continuando a difendere la propria dignità, accusando la cattiveria diffusa soprattutto nel mondo dello spettacolo.
Crediamo, naturalmente, alla Corna, ma il fatto che ora, dopo otto anni, si parli di un fatto ritenuto tabù, dimostra quanto sia divenuta debole, sotto tutti i punti di vista, la posizione di Bossi.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *