Un incurabile mostro

Il calcio italiano è un malato incurabile a cui, la settimana di pausa e riflessione dopo la morte di Piermario Morosini, non ha migliorato la prognosi, anzi. Un mostro insensato e sanguinario che ha la faccia irosa della folla carica di odio che al Marassi, ancora una volta, ha condizionato pesantemente una partita, lanciando fumogeni […]

Il calcio italiano è un malato incurabile a cui, la settimana di pausa e riflessione dopo la morte di Piermario Morosini, non ha migliorato la prognosi, anzi.
Un mostro insensato e sanguinario che ha la faccia irosa della folla carica di odio che al Marassi, ancora una volta, ha condizionato pesantemente una partita, lanciando fumogeni e soprattutto costringendo i giocatori del Genoa a proseguire un match che non aveva più senso.
Fotogrammi raccapriccianti di un universo che ogni giorno riesce a dare il peggio di sé.
Un mondo fatto di giocatori corrotti, dirigenti inadeguati e teppisti che si spacciano per tifosi.
Enrico Preziosi, presidente del Genoa, a “Radio anch’io sport ha detto che “Si è usato il buon senso per evitare che accadesse qualcosa di veramente spiacevole. C’era gente in campo e sono state lanciate bombe carta. La polizia non ci ha detto di non toglierci le maglie. Non voglio fare polemica: senza entrare nello specifico, io ho solo detto che, se le maglie da dare ai tifosi venivano sostituite da altre casacche, le avremmo regalate per far stare tutti tranquilli”. E Il presidente del Genoa chiede provvedimenti pesanti contro gli ultrà: “Non è solamente un fatto genovese ma nazionale, bisognerà sicuramente interrogarsi sul perchè 60-70 persone riescono a prevaricare su 25mila che vogliono assistere a uno spettacolo. Sono facinorosi assimilabili a delinquenza organizzata che nulla hanno a che fare con lo sport: questa gente va colpita affinché non venga più allo stadio. Questi vanno in trasferta a difendere le maglie salvo poi chiederle per umiliare i giocatori. Il problema è perchè 60 persone riescono a entrare e rischiare di fare invasione di campo: sono tutti tifosi riconoscibili, non vogliamo più assistere a spettacoli di questo tipo. Non c’è la cultura dello sport, ma del tifo. Ci sono foto, si possono individuare, so di rischiare”.
Sulla questione è intervenuta anche il ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, a margine di un convegno alla moschea di Roma, difendendo l’operato della Polizia: “Intervenire in certe circostanze può produrre danni di gran lunga superiori. Può darsi che il sistema non abbia funzionato ma è semplicistico dare le responsabilità alla polizia, che ha agito con molto equilibrio. Stiamo verificando le responsabilità”.
Questa mattina, su Raisport 1, durante la rubrica “Mattina Sport”., il questore di Genova Massimo Mazza ha dichiarato che “Dal punto di vista dell’ordine siamo stati in grado di impedire l’invasione e di garantire la ripresa della partita. Preziosi ci accusa di aver dato noi ordine di far togliere le maglie? Smentisco nella maniera piu’ totale. Alla richiesta da parte dei tifosi, sono stato chiamato al telefono dal mio vice mentre ero in tribuna e ho risposto di comunicare alla squadra di non esaudire tale richiesta. E’ stata dunque una decisione presa dai giocatori non da noi”.
Durante la stessa trasmissione il Presidente dell’Aic Damiano Tommasi, ha detto che “Non si puo’ essere ostaggio di questi pseudo tifosi” ed aggiunto che . “Come nel derby del 2004, anche ieri poche persone hanno avuto il potere di far sospendere una partita e questo e’ intollerabile. Non e’ la prima volta che la società e’ costretta a portare la squadra in ritiro perché in città c’e’ troppa tensione, non e’ la prima volta che dei tifosi entrano negli spogliatoi per chiedere spiegazioni. Gesto di Marco Rossi? Fossi io la maglia non la darei mai. L’ho trovato un gesto pessimo, un gesto che non va ripetuto, un gesto di resa che non va offerto. Soluzioni? Innanzitutto capire perché se accadono queste cose – ha dichiarato Tommasi – devono uscire i giocatori e questi tifosi siano rimasti a vedere il resto della partita. E’ un potere che non e’ piu’ accettabile. Le società devono riuscire ad impedire a certe persone di entrare allo stadio”.
Come si vede un rimpallo di responsabilità e tanti buoni propositi che, comunque, non cambiano il disperato stato delle cose.
Il calcio è ormai un giocattolo rotto, una scusa per scene di bieco teppismo in cui nulla più va nel verso giusto, un universo irrecuperabile anche con la retorica del volto pulito del povero ragazzo di 25 anni stroncato su un campo, durante una partita giocata con la foga di sempre e con la pulita passione che viene da una vita grama e da una forte e sana volontà di riscatto.
Piermario Morosini è morto e per un breve spazio i tifosi hanno intrecciato le loro sciarpe . Poi, appena concluso il funerale, appena si è tornati a giocare, il peggio è subito tornato in campo, confermando che il calcio italiano si è ormai infilato in un tunnel buio dal quale chissà quando potrà uscire.
Ora, come sempre,ci si augura che i responsabili paghino subito con adeguato carcere e molti sostengono, ancora una volta, che l’unica soluzione sono gli stadi a porte chiuse, con quelle curve di intolleranti sbarrate agli ultras: gente che non sa vivere il calcio, che non lo rispetta, che lo violenta e che non deve più frequentare uno stadio.
Ma forse è proprio il calcio che da malato terminale e pericoloso, va sottoposto a rapida eutanasia.

Carlo Di Stanislao

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