Festa di Santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa

Sia lodato Gesù Cristo! Si celebra la Festa di Santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa, in preparazione degli ottocento anni dalla fondazione dell’Ordine Domenicano (Anno Domini 2016). Il 29 aprile la Chiesa Cattolica ricorda Santa Caterina da Siena: quest’anno, tuttavia, considerata l’importanza preminente della celebrazione della IV Domenica di Pasqua, […]

Sia lodato Gesù Cristo! Si celebra la Festa di Santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa, in preparazione degli ottocento anni dalla fondazione dell’Ordine Domenicano (Anno Domini 2016). Il 29 aprile la Chiesa Cattolica ricorda Santa Caterina da Siena: quest’anno, tuttavia, considerata l’importanza preminente della celebrazione della IV Domenica di Pasqua, è possibile onorare la santa senese anche nei giorni successivi. Lunedì 30 Aprile 2012, nella chiesa di San Domenico (Quartiere Santo Spirito) di Teramo, la Fraternita Laicale Domenicana rinnova, nella celebrazione eucaristica officiata dai Padri Francescani dell’Immacolata, la solenne Promessa domenicana pronunciata per la prima volta nella Professione, nell’ascolto della Parola di Dio, nella preghiera, nello studio, nella predicazione e nell’impegno evangelico quotidiani. Nel riconoscimento dell’opera del padre domenicano Benedetto Carderi, cittadino onorario di Teramo, storico, autore di numerosi libri tra cui “I Domenicani a L’Aquila”, artefice nell’Anno del Signore 1939 del ritorno dei Domenicani a Teramo, della fondazione della Cattedra Cateriniana e della poderosa Biblioteca Domenicana aprutina, oltre 8mila volumi oggi custoditi nella prestigiosa Biblioteca Provinciale “M. Delfico” di Teramo. E nel ricordo sempiterno della Priora Maria Di Curzio, salita alla Casa del Padre Lunedì 9 Aprile 2012, amica impareggiabile del Terz’Ordine Domenicano, nel momento più difficile della chiusura del convento di San Domenico. “Siamo mendicanti – scrive il domenicano Carlos Alfonso Azpiroz Costa – e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri”. Santa Caterina da Siena è Patrona d’Italia insieme a San Francesco d’Assisi e Patrona d’Europa insieme a Santa Brigida di Svezia e Santa Teresa Benedetta della Croce. Con Santa Teresa d’Avila, Caterina ha il titolo di Dottore della Chiesa Universale. Nel 1461 Caterina fu canonizzata da Papa Pio II e nel 1866 fu dichiarata compatrona di Roma. Caterina nacque a Fontebranda, rione senese, il 25 marzo 1347.

Ventiquattresima figlia del tintore Jocopo Benincasa e di Lapa de’ Piagenti, alla tenera età di sei anni ha la sua prima emblematica visione del Cristo in trono, in abiti pontificali, con accanto San Pietro e San Paolo. L’anno successivo nel suo cuore emette già il voto di verginità. Caterina, in solitudine, cominciò una serie di penitenze e digiuni. Il cibo fu una delle privazioni. Da piccolissima smise di mangiare la carne per nutrirsi di erbe selvatiche. Dopo aver superato eroicamente molti ostacoli frapposti dalla famiglia alla sua vocazione, a 16 anni Caterina ottiene d’indossare l’abito del Terz’Ordine Domenicano (Mantellate). Fino ai vent’anni vive una vita molto ritirata nella continua preghiera e nell’intensa penitenza. Gesù la favorisce di molte visioni ed ammaestramenti, ponendo le basi della sua ascesa spirituale che si concentra nella conoscenza di sé (“colei che non è”) per umiliarsi, e di Dio (“Colui che è”) per crescere nel Suo Amore. Il demonio la tormenta con numerose tentazioni. Questo periodo culmina con le “nozze mistiche” e con l’invito divino ad unire alla carità verso Dio un attivo amore del prossimo. Al termine del Carnevale del 1367, le apparvero la Madonna, Gesù e altri santi per compiere il rito delle nozze mistiche. Caterina ricevette in dono un anello visibile solo ai suoi occhi. Proprio per questo, per le nozze celebrate con Gesù, l’iconografia tradizionale rappresenta Santa Caterina da Siena con un anello al dito e con un giglio in mano come simbolo di purezza. Dedicò la sua vita al raggiungimento della pace e della salvezza degli uomini ed all’assistenza ai bisognosi e ai malati. Il suo primo e più illustre biografo, il beato Raimondo da Capua, sacerdote e poi Maestro dell’Ordine dei Frati Predicatori, racconta che Caterina si avvicinò da sola alle sacre scritture che imparò a leggere pur essendo analfabeta. Fu lei stessa a raccontare a fra Raimondo, suo direttore spirituale e confessore, di avere ricevuto in dono dal Signore la facoltà di leggere. In seguito imparò anche a scrivere ma non utilizzò molto la scrittura, tanto che le sue memorie furono sempre dettate da lei ad altri. Caterina scrisse a pontefici e sovrani di tutta Europa. Nota per il suo modo tutto nuovo di affrontare problemi come la crociata in Terrasanta, il ritorno dei papi a Roma e la riforma della Chiesa, per il suo passare da visioni e colloqui soprannaturali alle terrene vicissitudini della politica, Caterina entusiasma e preoccupa. Con lettere e colloqui scrolla troni e cattedre, discute con governanti, entusiasma la gioventù, conforta, esorta quanti implorano un suo intervento. Le sue lettere a sovrani, condottieri e letterati suscitano una grande attenzione e in pochi anni Caterina riesce ad esercitare il suo benefico influsso, contribuendo a risolvere controversie politiche. Nelle lettere ai politici suoi contemporanei ricorda che il potere di governare la città è un “potere prestato” da Dio. La politica, per la Santa Senese, è la buona amministrazione della cosa pubblica finalizzata ad ottenere il bene comune e non l’interesse personale. Per far questo il buon amministratore deve ispirarsi direttamente a Gesù Cristo che rappresenta l’esempio più alto di Giustizia e Verità. Ben presto la sua fama di “donna di pace” si estese in tutto il mondo. La piena ortodossia di Caterina da Siena fu riconosciuta dal Capitolo generale domenicano riunito a Firenze nel maggio 1374, che le mise al fianco fra Raimondo. Per quattro anni lui l’accompagnò nei suoi viaggi e ad Avignone le fece da interprete con Gregorio XI, il Pontefice che tornò a Roma nel 1377. Caterina, infatti, si recò ad Avignone e riuscì a convincere il pontefice Gregorio XI a riportare la sede papale a Roma. Fu quello, infatti, il cosiddetto periodo della “cattività avignonese” che divise l’Europa, i vescovi e gli ordini religiosi, durante il quale (1309- 1377) la Santa Sede e con essa il Papa furono “ospitati” ad Avignone. La tradizione vuole che nel 1375 Caterina ricevesse le stimmate mentre si trovava nella chiesa di Santa Cristina a Pisa. Stimmate che rimasero invisibili a tutti fino al momento della sua morte. Fra Raimondo, come Caterina, fu per il Papa romano e ne difese la causa nelle missioni in varie parti d’Europa. Caterina gli aveva predetto l’elezione a Maestro generale dei Domenicani, cosa che avvenne nello stesso anno della morte della santa senese (1380). Nello spirito cateriniano di riforma, fra Raimondo impresse nuovo vigore spirituale all’Ordine, favorendo lo sviluppo del movimento di “osservanza”, sorto sull’esempio francescano, meritando così il titolo di “secondo fondatore dell’Ordine dei Predicatori”. Scoppiato lo Scisma d’Occidente il 20 settembre del 1378, Caterina si adopera in ogni modo, con la preghiera, l’offerta sacrificale di sé, la parola, le lettere, per sanarlo e riportare la Chiesa alla coesione. Buona parte delle 381 lettere dell’Epistolario ne danno testimonianza.

Per rendere più incisiva la sua opera a favore della Chiesa, papa Urbano VI la chiamò a Roma dove Caterina trascorse gli ultimi due anni della sua vita. Il testamento spirituale di Caterina è il seguente:”Tenete per certo, figlioli, che io ho offerto la mia vita per la santa Chiesa”. Spirò dolcemente il 29 aprile 1380 pronunciando le parole:“Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Il suo corpo dopo cinque giorni venne sepolto nella basilica domenicana di Santa Maria sopra Minerva (vicino al Pantheon) dove giace tuttora sotto l’altare maggiore. Nel 1381, un anno dopo la sua morte, la testa di Caterina fu portata come reliquia a Siena dove ancora oggi si trova, nella Basilica di San Domenico. Nello stesso luogo si trova anche un dito della santa, mentre il suo piede sinistro fu portato a Venezia nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. La santa è raffigurata, nell’iconografia classica con il libro, simbolo della dottrina e con il giglio, simbolo della purezza, oltre che con l’anello al dito, che richiama il tema delle nozze mistiche. In un articolo di Diega Giunta, pubblicato sull’Osservatore Romano il 12-13 aprile 2010, leggiamo l’affermazione icastica, sintesi del pensiero di Caterina, sul mistero e sul ministero sacerdotale:“El tesoro della Chiesa è el sangue di Cristo, dato in prezzo per l’anima (…) e voi ne sete ministro”. È l’essenza della prima lettera (209) che Gregorio XI riceve dalla santa senese poco dopo il suo arrivo a Roma (17 gennaio 1377). Una lettera attuale, ancora oggi sconvolgente ma necessaria per la difesa della Chiesa dagli assalti del laicismo, del relativismo etico e dell’inferno. Il Progetto di San Domenico è oggi la grandezza, per molti ancora ignota, di un ideale di fede, vita, azione, pensiero, speranza, gioia e carità che, nonostante la cultura nichilista imperante, non perde mai di attualità, anzi affascina, tanto che si trova in perfetta sintonia con il progetto di Nuova Evangelizzazione che il Beato Giovanni Paolo II ha promosso per portare agli uomini del nostro tempo, Cristo Risorto, la “Verità che libera”. La Scuola di preghiera non vuole e non può essere o ridursi a un’espressione culturale di una fede “part-time” per laici impegnati o meno. La Fraternita Laicale Domenicana non è un salotto culturale. La Scuola di preghiera permanente, è un dovere per ogni cristiano. Può essere utile per cercare di rispondere all’esigenza di numerose persone, che sentono il bisogno di pregare e sono alla ricerca di spazi di silenzio e di incontro col Signore. Vogliamo e dobbiamo imparare a pregare, prima di insegnare a farlo. Come? Pregando alla Scuola di un solo Maestro, Gesù, aiutati dalla Madre di Dio, Maria, la nostra Corredentrice, la nostra Avvocata in Cielo e sulla Terra. Abbiamo chiarito che il Centro di gravità, l’anima della preghiera, è mettersi alla Presenza di Dio, di Gesù, che, con tutti i nostri limiti, ci condurrà per mano nel nostro cammino di preghiera. Gesù ha parlato molto di preghiera: quasi ogni pagina del Santo Vangelo è una preghiera ed ogni incontro con un uomo o una donna è una Lezione sulla preghiera. Gesù risponde sempre a chi ricorre a Lui con un grido di Fede (il cieco di Gerico, il centurione, la Cananea, Giairo, l’emorroissa, Marta, la vedova che piange sul figlio, Maria a Cana). Gesù ha raccomandato molto di pregare incessantemente per superare e vincere i problemi, le malattie e le tentazioni della vita quotidiana. Gesù ha comandato di pregare per vincere ogni male e malattia. Gesù pregava molto, passava intere notti a pregare, a parlare col Padre, ad ascoltarlo, per imparare a fare sempre la sua volontà. “Gesù, insegnaci a pregare!” – chissà quante volte queste parole accorate del popolo in  ascolto della Sua Parola, sono state elevate al Cielo. E Gesù ha risposto. Ha dato un modello di preghiera, il Padre nostro.

Che Papa Benedetto XVI ci spiega nei suoi libri dedicati alla figura storica di Gesù di Nazareth. La lettura personale e comunitaria di alcuni brani della Sacra Bibbia, la preghiera dei Salmi, la risonanza semplice e discreta, l’atteggiamento di adorazione dinanzi al SS.mo Sacramento, il silenzio assoluto, come insegnano i Dottori della Chiesa, ci permettono di creare un clima di ascolto, di adorazione, di dialogo sentito con Gesù, Signore della nostra vita. Uniti dall’unico Maestro Gesù, a pregare, possiamo contemplare, adorare, implorare aiuto, chiedere misericordia, lodare, ringraziare. Questa è stata la vita di San Domenico e di Santa Caterina e di tutti i Santi di Dio. Per questo riteniamo necessario uno spazio di preghiera comunitaria, come base e stimolo per la preghiera personale e familiare di quanti vogliono percorrere con costanza il cammino della fede cristiana oggi sempre più in pericolo nella nostra stessa Italia ed Europa. La Scuola di preghiera, animata da religiosi e sacerdoti, seguendo l’insegnamento di San Paolo, deve essere aperta a tutti: ragazzi, adolescenti, giovani e adulti, di qualsiasi movimento, ceto sociale e realtà ecclesiale. L’autoreferenzialità è sinonimo di asfissia. Dobbiamo cercare di camminare con semplicità alla luce della Bibbia, per imparare a pregare pregando, alla presenza di Gesù Maestro, meditando sulle disposizioni di “auto-governo” della Fraternita Laica Domenicana, necessarie per poter pregare con frutto in umiltà, coscienti che Dio ci ama sempre, con la volontà di ringraziare sempre Dio per l’amore e la sofferenza quotidiana. Dobbiamo meditare sui modelli che l’Antico Testamento ci offre di uomini e donne di fede e preghiera operosa (Mosè, Davide, Salomone, Giuditta, Isaia, Ester), su Gesù che prega e sul modello di Maria Santissima orante. Quindi sulla preghiera di pentimento, di implorazione, di ascolto e di ringraziamento. Scrive nel 2006 fra Carlos Azpiroz Costa O.P., allora Maestro dell’Ordine dei Predicatori, nella sua Lettera giubilare:“è incominciata una novena di anni che culminerà con il Giubileo del 2016, 800 anni dalla conferma dell’Ordine dei Predicatori da parte del Papa”. I capitolari del Capitolo Generale di Bogotá hanno chiesto che il tempo tra questi anni di Giubileo “sia consacrato a un serio rinnovamento della nostra vita e missione di predicatori del Vangelo”. Interessa anche ai laici domenicani ed a tutta la Chiesa. Per questo l’impegno dei Domenicani a Teramo e in Abruzzo prosegue. “L’anima nostra – spiega S. Caterina – è come una casa nella quale abitando possiamo conoscere noi stessi e Dio”. Gli incontri dei laici domenicani si svolgono a Teramo nella nuova sede della Provincia cateriniana dell’Ordine dei Padri Predicatori, nello storico quartiere di Porta Romana, presso la chiesa medievale di San Domenico. La Fraternita Laicale Domenicana di Teramo è aperta a tutti i fedeli cattolici che desiderano scoprire e condividere la vocazione e la spiritualità domenicana nel mondo. Con il paterno consiglio del sacerdote francese Bruno Cadoré, il nuovo Maestro dell’Ordine dei Predicatori (domenicani), eletto durante il 209° Capitolo Generale. Padre Cadoré è l’87° successore di San Domenico di Guzmán. Prima di entrare nell’Ordine, Bruno Cadoré, nato nel 1954 (di madre francese, il padre della Martinica), era un prestigioso medico ricercatore a Strasburgo: ha presentato una tesi sulla leucemia nel 1979, ha fatto il praticantato medico a Haiti, esperienza che ha segnato profondamente la sua vita. Esperto di etica biomedica, è stato direttore del Centro di Etica Medica dell’Istituto Cattolico di Lille (Francia) prima di essere eletto priore provinciale della provincia domenicana della Francia, nel 2001.

Durante la sua attività all’Istituto Cattolico di Lille ha scritto quaranta pubblicazioni mediche. Ordinato sacerdote nel 1986, si è laureato in Teologia Morale nel 1992. Dal 2008 è membro del Consiglio Nazionale francese per l’Aids. È stato presidente della Conferenza dei Provinciali d’Europa (IEOP), il che gli ha permesso di avere una conoscenza diretta non solo della provincia della Francia e dell’Ordine in Europa, ma anche dei cinque vicariati della provincia, dal nord dell’Europa all’Africa equatoriale e al mondo arabo (Iraq, Egitto e Algeria). Padre Cadoré, eletto nel 2010, superiore di più di 6mila domenicani, racconta in sua intervista televisiva (pubblicata sul sito: H2onews.org) la sua vocazione, nella quale ha avuto un ruolo decisivo il suo lavoro come medico. Padre Cadoré afferma che la sua missione come successore di San Domenico sarà quella di essere “servitore dell’unità fra tutti i fratelli”. La sua vita di giovane pediatra è cambiata inaspettatamente quando un giorno ha messo piede nella chiesa di un convento. “Non so perché ma stavo cercando un convento domenicano, e quel giorno la comunità era riunita in preghiera. Quella che vidi fu una comunità di frati dall’aria molto libera e gioiosa. In quel periodo attraversavo una fase di ricerca. Infatti, poiché lavoravo con i bambini malati, ero incerto, mi dicevo che dovevo avere anche un altro punto di vista sul mondo rispetto alla malattia, alla morte e alle difficoltà della vita”. “E poi – aggiunge – sono entrato in questa chiesa. E lì, ho avuto l’impressione che si cercava qualche cosa di vero, libero e gioioso. Allora sono andato, ogni tanto, a pregare con i frati”. È così entrato nell’Ordine dei Domenicani, e dopo il noviziato è stato inviato per due anni in missione ad Haiti. “Quello è stato per me un momento molto importante – confessa –. Innanzitutto, non sapevo che cosa fosse una comunità di predicatori. In secondo luogo, non conoscevo quel lato del mondo dove le persone vivono in situazioni estremamente precarie; all’epoca vi era anche una dittatura, molto disorganizzata. E lì, conobbi dei frati che vivevano in una grande regione, in campagna, fra le montagne, e che avevano cominciato un lavoro di organizzazione della loro parrocchia in comunità ecclesiali di base denominate fraternità. E in questi due anni trascorsi in mezzo alle persone, a conoscere il Vangelo, a sentire le loro prediche, credo di aver appreso il Vangelo insieme a loro. E ciò è stato per me determinante e un qualcosa che non ho mai dimenticato”. Per il nuovo Maestro dell’Ordine dei Predicatori, “un domenicano è un frate predicatore e dunque è un fratello che vive con i fratelli, che vuole vivere con i fratelli perché solo così si condivide la Parola di Dio ed è così che si diventa gli uomini che siamo. Uomini che predicano provando un po’ a seguire l’esempio di Gesù, cioè andando a incontrare le persone, nelle calamità, ascoltandole, prendendo del tempo per sapere che vita conducono, quali sono i loro interrogativi, vivendo con loro e cercando insieme a loro la verità della Parola di Dio”. Per quanto riguarda la sua missione come Maestro dell’Ordine, riconosce con grande umiltà che “non so bene quale sia il ruolo del Maestro dell’Ordine. Lo scoprirò. Ho l’impressione che il lavoro essenziale consista nel conoscere i fratelli, nell’imparare ad amarli, nell’ammirare ciò che predicano, nello scoprire le persone con cui vivono, con cui predicano, e al contempo nello scoprire come la Parola di Dio si riveli in mezzo alla gente attraverso la predicazione della Parola scambiata e il dialogo con la gente. Credo, inoltre, che il Maestro dell’Ordine sia il servitore dell’unità fra tutti i fratelli, fra tutte queste comunità, fra tutte queste province, fra tutte queste culture così differenti. Attraverso il mistero di un’unità che ci è stata data, credo, per la gioia di essere destinatari della Parola di Dio, la gioia di amare le persone come fece il Figlio di Dio, come fece San Domenico; la libertà, la libertà, prendere del tempo per cercare di capire realmente insieme agli altri quale sia il percorso da seguire nella vita, quale sia il senso della vita”.

Lo studio, infatti, è un atto eucaristico”. Eucaristia e Storia sono unite dalla “memoria”. Tutti i sacramenti cristiani sono un memoriale, ma l’Eucaristia esplicita l’economia di incarnazione e di salvezza del Cristo, più di ogni altro mistero e, pertanto, diventa la norma a cui ogni discepolo cristiano deve configurarsi per potersi inserire nella direttrice salvifica tracciata da Gesù. Già S. Tommaso, che in sintonia con l’insegnamento teologico più corrente al suo tempo coglieva in ogni segno sacramentale un’apertura sul passato sul presente e sul futuro, insegnava che questa triplice significazione è particolarmente evidente nell’Eucaristia nella quale si fa memoria della passione di Cristo (si perpetua il memoriale della sua passione), si attinge la giustizia cristiana (la mente, l’anima è ricolmata di grazia) e ci pone in cammino verso l’escatologia (e ci è dato il pegno della gloria futura). Allora, visto il rapporto del domenicano P. Carderi con l’Abruzzo e la città di Teramo nell’ambito civile, culturale e religioso; considerato l’apporto fondamentale che il P. Carderi con i suoi studi ha offerto allo sviluppo della storiografia abruzzese, e il meticoloso plurisecolare contributo dei domenicani nell’arricchimento del patrimonio librario conventuale (donato alla biblioteca provinciale “Delfico”); analizzata la relazione tra storia e teologia, conoscenza e fede, vita e spiritualità, che trovano nella persona e nell’opera di Benedetto Carderi un insigne maestro, perché mai i Padri Domenicani hanno lasciato l’Abruzzo e la città di Teramo? La Priora Maria Di Curzio prese le redini della Fraternita Laicale Domenicana di Teramo, con coraggio, spirito di sacrificio e amore, per cinque anni è riuscita a ristabilire un clima di reciproca stima e di sincero affetto, con la saggezza e l’autorevolezza che le erano proprie, per il sostegno morale e spirituale ai bisognosi, per la vicinanza costante e fedele (“Siamo forti – amava affermare la Priora – come torri che non crollano) ai suoi. La Comunità domenicana tutta, alla quale Maria è appartenuta per più di 60 anni, la ringrazia per l’insegnamento e la testimonianza vissuti con dignità e speranza nel Signore Risorto, per l’incrollabile fede in Cristo e nel carisma di S. Domenico.

Nicola Facciolini

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