Festa senza nulla da festeggiare

E’ stato il 1° Maggio più triste di sempre, con una vittima sul lavoro, la centosessantaquattresima dall’inizio dell’anno, in un cantiere edile aperto, nonostante la festa, a Rocca di Mezzo, in provincia de L’Aquila e con la stessa ministro Fornero che, al Quirinale, ha parlato di una disoccupazione del 9,8%, con i giovani senza lavoro […]

E’ stato il 1° Maggio più triste di sempre, con una vittima sul lavoro, la centosessantaquattresima dall’inizio dell’anno, in un cantiere edile aperto, nonostante la festa, a Rocca di Mezzo, in provincia de L’Aquila e con la stessa ministro Fornero che, al Quirinale, ha parlato di una disoccupazione del 9,8%, con i giovani senza lavoro al 30-40, sotto-occupati per 500.000 unità e gravi difficoltà per intravedere una inversione di tendenza.
A Rieti, i segretari della “triplice”, hanno incupito ancor più il panorama, ricordando che questo governo ha imposto tagli e restrizioni, ma non previsto soluzioni per l’impiego ed i salari, che restano i peggiori in Europa, non decidendosi a trovare soluzioni sulla riduzione Irpef per gli imprenditori, né accordi con le banche per linee di credito per chi abbia ancora voglia di investire e fornire lavoro, incaponendosi, invece, sull’articolo 18.
Anche il “Concertone” di piazza S. Giovanni è apparso inusualmente cupo, nonostante Pannafino ed i vari cantanti.
I giovani si aggiravano come anime perse in un purgatorio dantesco, sapendo di poter sperare, al massimo, in un futuro di sfruttamento o magari di una fuga all’estero e per sempre.
La politica di austerità, si sottolinea da più parti, deprime l’economia mentre sarebbe necessario far ripartire i consumi tagliando le tasse sui redditi da lavoro dipendente e da pensione.
“Va detassata subito la tredicesima”, ha proposto la Camusso e Bonanni ha detto, come la Lega in cerca di una nuova battaglia da compiere: “Via l’Imu dalla prima casa”.
Strano atteggiamento quello leghista che ora, in cerca di una nuova unità dopo la tempesta che l’ha attraversata, gioca la carta della disubbidienza fiscale, parlando, con Maroni, di Imu come “pizzo di stato” e dimenticando, come fa finta Cota su La7, intervistato da Lilli Gruber, che la tassa era stata ideata proprio da un leghista, Calderoli, quello stesso della riforma elettorale poi definita, da lui medesimo, “maialata” e “porcellum”.
L’allarme sul lavoro, sui disoccupati, sui suicidi, lo rinnova anche Napolitano che in un lungo discorso dal Quirinale ha usato il bastone e la carota con i partiti, dosando i toni dell’allarme con quelli dell’ottimismo rispetto alla crisi e, di fatto, confermando il proprio sostegno al Governo di Mario Monti le cui “misure – a suo dire – hanno consentito un ritorno alla fiducia” nei confronti dell’Italia.
Napolitano ha richiamato i l’importanza della crescita per risolvere il problema della disoccupazione giovanile.
Ma “le misure per la crescita non cancellano il rigore. I progressi fatti hanno evitato rischi catastrofici”, ha sottolineato il Presidente.
Il fatto è che io e molti, a questo punto, siamo stanchi di sentire annunciate misure per la ripresa ed irritati irritato per il fatto che un governo, auto-definitosi tecnico, chiama altri tre tecnici per risolvere i problemi.
“Trovo stravagante che i tecnici abbiano bisogno di nominare altri tecnici, il tema è cambiare registro perché con queste politiche non si esce dalla crisi”, ha detto ieri la Camusso, rispondendo ad una domanda sulla nomina del commissario e dei consulenti da parte del governo Monti, prima di salire sul palco del concertone di piazza San Giovanni
Quanto ai tagli alla spesa, Camusso ha sostenuto che “servirebbero anche più di 4 miliardi e 200 milioni per stimolare lo sviluppo. Invece mi pare – ha proseguito – che si vada sempre verso le stesse ricette che prevedono il taglio del welfare”.E questa tesi trova sempre più inquieti sostenitori nel Paese.
Nella conferenza stampa, tenuta dal Presidente del Consiglio per illustrare gli interventi e le finalità del nuovo piano con cui sarà rivoluzionato il metodo di gestione della spesa pubblica, Mario Monti ha aperto con la parola “sdegno” circa l’evasione fiscale e chiarito che, secondo lui, chi “ha governato, chi governa e chi si candida a governare non può giustificare l’evasione fiscale, né tanto meno istigare a non pagare le tasse, o a istituire personali ed arbitrarie compensazioni fra crediti e debiti verso lo Stato. Altri sono i modi con cui un Paese serio può risolvere i suoi problemi”.
Ed è apparso molto deciso nell’esprimere indignazione verso coloro che vogliono governare e incitare all’evasione sottolineando che “la politica può distruggere la credibilità”, aggiungendo che “se oggi c’è l’IMU è perché è stato un errore tre anni fa abolire l’ICI sulla prima casa”.
Il piano anti-crisi che ha l’obiettivo di recuperare almeno 4,2 miliardi per evitare l’aumento IVA, peraltro ancora “non scongiurato”, è stato approvato dopo quasi 6 ore di Consiglio dei Ministri e prevede un ruolo strategico affidato al super commissario Enrico Bondi: la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi.
Ad aiutare il premier nella sua azione di governo è stato chiamato anche l’ex premier Giuliano Amato che dovrà occuparsi della riforma del finanziamento ai partiti e l’economista Francesco Giavazzi che avrà il compito di analizzare tutto il capitolo dei trasferimenti alle imprese.
Un triumvirato che sembra aver ricevuto l’appoggio del Colle e che invece ha colto di sorpresa i leader della maggioranza ai quali, e non solo, Monti rivolge parole di monito, difendendo l’operato finora del Governo tecnico, e richiama il senso di responsabilità degli italiani: “Se vuole, il mondo politico, industriale o sindacale può distruggere in pochi giorni le cose migliori che l’esecutivo ha scelto di fare per la salute economica del Paese. Tutti invocano la riduzione delle tasse, sembra quasi che il governo si diverta, ma chi continua a parlare di questo sappia che gli italiani non sono sprovveduti”.
Ma resta il fatto che, nominando i tre supercommissari, Monti mette in dubbio il ruolo e l’efficacia di alcuni suoi ministri, come Passera e Giarda, che di queste cose dovevano occuparsi.
Per non parlare dell’allarme, sul web, per il nome di Amato che, nel ’92, con il 6 per mille applicato sui soldi tenuti in banca, risolse, senza risolvere nulla, un immediato problema di bilancio.
Eravamo, come si diceva, nel 1992 e per non fare un torto a Bettino Craxi, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro portava al soglio di Palazzo Chigi (con un governo poi definito “tecnico”) Giuliano Amato che, a sole due settimane dal suo insediamento, decise di prelevare il sei per mille da tutti i conti correnti italiani retrodatando l’efficacia del diktat alla mezzanotte del 9 luglio.
Una vera e propria stangata che andò a colpire anche le fasce più deboli e i prestiti.
Depredati tutti, nessuno escluso. A quasi vent’anni di distanza, la voglia di patrimoniale non è certo passata alla sinistra che torna a sostenerla ogni giorno. “Se un’imposta sulla ricchezza una tantum può abbattere il nostro debito per qualche decina di punti e tranquillizzare i mercati, non possiamo sottrarci”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera, Amato definendola necessaria per uscire dalla crisi.
Quell’Amato noto alle cronache politiche degli anni 80/90, quelli della “Milano da bere” e dei socialisti ad accaparrarsi tutto l’accaparrabile, emerso prepotentemente come il consigliere più ascoltato di Craxi.
Lo stesso Amato, chiamato da Scalfari su L’Espresso, “dottor sottile”, che ha recentemente ammesso di percepire mensilmente una doppia pensione, 22.000 euro dall’Inpdap e 9.000 euro dal Parlamento e che nel 1992 come prima mossa del suo governo tecnico, operò un vistoso taglio delle pensioni.
Ora l’esecutivo “tecnico” guidato da Super Mario, come si legge nella nota relativa all’ultimo CdM sulla Spending Review, “ha conferito al Professor Giuliano Amato l’incarico di fornire al Presidente del Consiglio analisi e orientamenti sulla disciplina dei partiti per l’attuazione dei principi di cui all’articolo 49 della Costituzione, sul loro finanziamento nonché sulle forme esistenti di finanziamento pubblico, in via diretta o indiretta, ai sindacati”.
E sono in molti a definirla “una mossa azzardata”, solo in parte attutita dalla precisazione che l’incarico sarà prestato “a titolo gratuito”.
Perché Amato, oltre ad essere uno specialista di chiara fama nel settore del finanziamento pubblico ai partiti, è però (agli occhi degli italiani) un simbolo negativo, il simbolo della vecchia politica, delle facce che tornano sempre uguali anche dopo 20 anni, chiamate perlopiù da un Governo tecnico che, spesso a ragione, parla male dei partiti e dell’azione politica attuata fino a 5 minuti prima del suo intervento.
“Dobbiamo lavorare tutti di più”. Questo lo slogan di Amato, mentre anche gli amministratori locali del Sel stangolano i cittadini, dall’addizionale Irpef introdotta dal governatore pugliese Nichi Vendola agli inasprimenti del neo sindaco Giuliano Pisapia.
La metafora dell’Italia di oggi è tutta nella curva in crescita esponenziale di suicidi di imprenditori, curva che, com’è noto, segue l’andamento economico di un Paese.
E’ di ieri la notizia che, dopo l’ennesimo suicidio di un imprenditore napoletano, Gennaro De Falco, uno degli avvocati che fino a pochi giorni fa ha lavorato per Equitalia, ha deciso di lasciare il suo incarico.
“Le mie parcelle vorrei che andassero alla sua famiglia. Non so se servirà a qualcosa ma almeno alleggerirà la mia coscienza, forse aiuterà a restituire un minimo di dignità agli avvocati”, ha detto De Genneraro.
Sono troppi i suicidi avvenuti in particolare tra gli imprenditori, e che conducono Gennaro De Falco a un’amara riflessione: “Non so se questa mia decisione servirà a qualcosa ma almeno alleggerirà la mia coscienza, forse aiuterà a restituire un minimo di dignità agli avvocati e a far riflettere tutti sulla sostenibilità sociale ed etica della gestione di questa crisi”.
In base ai dati di Federconsumatori sono almeno 19 i suicidi legati alla crisi, anche se stando ai conti dei maggiori quotidiani nazionali sarebbero 26. Equitalia nel 2010 ha ottenuto 1,29 miliardi di euro di ricavi, di cui 1,22 miliardi derivanti dall’incasso di commissioni.
L’agenzia ha ricevuto molteplici critiche in particolare per la sua lentezza amministrativa, che fa lievitare gli interessi. Anche i tassi di interesse molto elevati che conducono sovente a un aumento dei costi hanno destato molti interrogativi, insieme alla facilità con la quale l’agenzia ricorre al pignoramento di beni per debiti anche modesti.
Proprio per questo nel 2011 è stato emanato un provvedimento finalizzato a limitare la possibilità di ipoteca: può essere iscritta solo per debiti superiori ad 8mila euro, mentre fino a 20mila euro sono previste particolari limitazioni.
E forse, fra qualche giorno, il governo “tecnico” di Monti, nominerà un altro supercommissario, tecnico anche questo, da mettere a confronto anche con questo drammatico problema.

Carlo Di Stanislao

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