Ultimatum degli Italiani alla Politica

“Nessuna persona ai margini, nessuna persona esclusa dalla vitalità e dal valore della vita sociale. Nessuna zona d’ombra, niente che sia morto, niente che sia fuori dalla linfa vitale della società”(Aldo Moro). È il bello della Democrazia. Si cambia in Italia e negli Stati Uniti d’Europa perché la Politica può vincere quell’affascinante sfida lanciata all’impossibile […]

Nessuna persona ai margini, nessuna persona esclusa dalla vitalità e dal valore della vita sociale. Nessuna zona d’ombra, niente che sia morto, niente che sia fuori dalla linfa vitale della società”(Aldo Moro). È il bello della Democrazia. Si cambia in Italia e negli Stati Uniti d’Europa perché la Politica può vincere quell’affascinante sfida lanciata all’impossibile e all’irrealizzabile, sempre che le cose possano liberamente migliorare davvero nel Belpaese. Senza che si ripetano i soliti “complotti” e “incidenti” internazionali della Storia. Se Di Pietro, Bersani e Vendola crollano alle urne, con l’Idv che perde il 58%, il Pd il 29% e Sel il 16%, la grande bugia è quella pronunciata da coloro che osano sostenere di aver vinto le elezioni amministrative 2012. Sì, perchè stranamente nessuno oggi ammette la sconfitta! Ad analizzare bene i dati delle urne, a qualsiasi livello, c’è poco da vantarsi del successo di chicchessia. Su cento elettori che alle Politiche del 2008 avevano votato PdL, il 43,5% oggi vota scheda bianca o nulla o si astiene. Su cento elettori attuali del Movimento Cinque Stelle, il 30,5% dichiara di aver votato in passato scheda bianca o nulla o di non aver votato affatto; il 24,3% di aver vottao Pd; il 16,4% di aver votato Lega Nord; il 13,6% di aver votato PdL. Il fenomeno dell’astensione interessa per il 42% il Nord Ovest del Belpaese. L’Istituto Cattaneo di Bologna ha effettuato alcune elaborazioni dei risultati in 24 Comuni capoluogo di Provincia, per capire i “trend” dei singoli partiti rispetto alle precedenti elezioni Regionali. Se l’Italia dei Valori ha perso il 58% del suo elettorato a livello nazionale, la debacle clamorosa interessa i cosiddetti “conservatori” del PdL, i “democratici” del Pd e i “federalisti” della Lega Nord. Al netto della frammentazione politica delle liste civiche territoriali, i flop dei vecchi partiti si sommano all’astensionismo (alle amministrative 2012 si è recato alle urne solo il 66,87% degli aventi diritto contro il 73,74% delle precedenti consultazioni nel 2007), alla sfiducia, all’orrore per le promesse non mantenute, alla crisi della rappresentanza politica democratica, alla crisi del debito e del credito, alla spaventosa recessione economica. La verità è che il Partito democratico ha subito una flessione del 29% rispetto al 2010.

Se poi scendiamo nei particolari le differenti aree del Paese mostrano che la perdita è del 30% nelle città del Nord e nelle regioni storicamente “rosse”, del 20% circa nei capoluoghi del meridione. Sinistra Ecologia e Libertà e Federazione della Sinistra perdono un sesto dei consensi ottenuti nel 2010. Oggi il 6,1% dei elettori di Grillo, proviene dalla Sinistra Arcobaleno. È del 16% il calo per Vendola, con risultati molto diversi nei comuni al voto: se il crollo è pari a quasi alla metà dei voti al Centro-Sud (meno 48%), l’avanzata è di circa il 7% nel Nord e nelle regioni rosse d’Italia. Il vento sta cambiando in Europa e in Italia. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che domenica sera 6 maggio 2012 in una telefonata aveva espresso a François Hollande le calorose congratulazioni per la sua elezione a Presidente della Repubblica Francese, in un messaggio ha rinnovato le più sentite felicitazioni, affermando:“Unite da vincoli storici e legami profondissimi, Francia e Italia sono chiamate ad affrontare insieme, nella Unione europea della quale sono membri fondatori, la complessa sfida del risanamento finanziario. Nello stesso tempo non meno essenziale è il rilancio della crescita economica, come decisiva componente di una società basata sulla giustizia e sulla solidarietà e aperta alle giovani generazioni”. Perché oggi siamo tutti presidenzialisti. Nel riaffermare l’augurio che la nuova presidenza “possa favorire un’azione concorde dei governi dell’Unione, che rafforzi la fiducia nelle istituzioni europee e promuova una prospettiva di crescente integrazione politica del nostro continente”, il sogno inespresso e, forse, inesprimibile era quello della fondazione degli Stati Uniti d’Europa, unica via praticabile per salvare l’Italia dal baratro. La vera sfida, infatti, non è nel palazzo del potere ma nella Verità nascosta. Papa Benedetto XVI ci ricorda che “la libertà dell’uomo e la potenza di Dio procedono insieme”.

Ma la cultura della sconfitta non è di casa in Italia perché tutti vogliono vincere ad ogni costo anche quando perdono, anche quando tradiscono la fiducia dei cittadini elettori. I partiti storici devono cambiare atteggiamento, altrimenti saranno spazzati via non solo dal panorama politico italiano. I mercati ci osservano attentamente e i nostri soldi fuggono in Estremo Oriente insieme ai nostri cervelli. Con mille fallimenti al mese dal 2008 in Italia, le imprese stentano a sopravvivere. Gli imprenditori si suicidano “per insolvenza”. Siamo già a quota 38 suicidi dall’inizio dell’anno. Lo Stato non paga le imprese. Chi ci salverà? “Una volta si diceva – spiega il Presidente Giorgio Napolitano – che le elezioni amministrative avevano un rilievo essenzialmente locale; questo poi era vero fino a un certo punto. Si è trattato di un test piuttosto circoscritto e anche il numero degli elettori chiamati a votare non è stato grandissimo. Ciò non toglie che vi siano motivi di riflessione per le forze politiche, per i cittadini, per tutti, sul rapporto con la politica e sui problemi di governabilità, oggi a livello locale. Problemi che come abbiamo visto in Europa si pongono a livello nazionale anche in diversi Paesi”. Come la magnifica Grecia che conquistò il suo rozzo vincitore, Roma, più di duemila anni fa. E che oggi, appena uscita dalle elezioni nazionali, non riesce ad esprimere una maggioranza con i mercati sempre più all’attacco. Ma l’analisi del voto fatta dall’Istituto Cattaneo rivela anche che il partito di Bossi ha perso fino al 70% dei consensi. La regione in cui affonda di più è il Piemonte, seguita da Veneto e Lombardia. “L’esito elettorale risulta fortemente negativo per il Carroccio, che inverte la tendenza espansiva delineatasi nell’ultimo ciclo di elezioni politiche, europee e regionali. Nel 2012 – rileva l’Istituto Cattaneo – la Lega Nord ha ottenuto nei comuni del Nord  (inclusa l’Emilia Romagna) in cui si è presentata con il proprio simbolo, un totale di 145.000 voti. I voti per il partito di Bossi erano 331.000 alle elezioni Politiche del 2008; 308.000 alle Europee del 2009 e 311.000 alle Regionali del 2010”. La Lega Nord, evidenzia lo studio, perde di meno (circa il 50%) in Lombardia e Veneto. La sconfitta è invece più pesante (fino al 70% in meno) in Piemonte e, soprattutto, in Emilia-Romagna, regione dove il partito di Bossi era cresciuto maggiormente negli ultimi anni. Sono invece i piccoli comuni a confermarsi la base della Lega Nord. Nei comuni inferiori a 15.000 abitanti, il calo della Lega si attesta attorno al 30%, mentre nei comuni più grandi, superiori a 15.000 abitanti, la perdita risulta più che doppia, oltre il 60%. Il tracollo della Lega Nord è ancora più evidente nelle regioni rosse con una perdita di quasi l’80% dei voti conquistati nel 2010. Rispetto alle Regionali del 2010, secondo l’Istituto Cattaneo, il centrodestra registra un forte calo su tutto il territorio nazionale. Le perdite riguardano soprattutto Emilia, Toscana, Umbria, Marche e Abruzzo, con 46.000 voti in meno (-58%) ed il Nord con 123.000 voti in meno (-41%). Il Popolo della Libertà perde 175.000 voti rispetto alle precedenti Regionali. In Abruzzo il PdL praticamente scompare a L’Aquila (8,46%, pari a 3.447 voti) rispetto alle Regionali del 2008 che avevano decretato la vittoria del Presidente Gianni Chiodi. Se il calo riguarda soprattutto il Nord (meno 61%, pari a meno 101.000 voti) e le regioni rosse (meno 60%, pari a meno 33.000 voti), nel meridione d’Italia la scoppola per il partito di Silvio Berlusconi è più consistente con il 40% in meno. Dunque, le tre informazioni principali desumibili dal voto di queste amministrative sono il fenomeno socio-politico prevalente provocato dall’incompetenza, dall’impotenza, dalla disaffezione dei cittadini elettori (non alla Politica territoriale vera, visto il numero crescente delle liste civiche, un fenomeno particolarmente interessante e complessivamente ben maggiore del successo ottenuto dal Movimento Cinque Stelle di Grillo!) al politichese, alle menzogne e, in particolare, alle nomenclature dei partiti calate dall’alto.

Il considerevole incremento dell’astensione (7%) nelle regioni meridionali è stato frenato dalla dimensione locale della consultazione e dalla conseguente presenza di molte forze politiche e di candidati legati al territorio nelle liste civiche. Ma al Nord e al Centro il fenomeno delle civiche non è bastato, facendo registrare una più significativa erosione del voto con una netta diminuzione dei votanti e un aumento delle schede nulle (oltre il 2,15%). La tendenza era nota alle forze politiche. Anzi, era stata ripetutamente annunciata nelle analisi delle scorse settimane. Secondo gli ultimi sondaggi, la percentuale di chi è orientato all’astensione, di chi è indeciso se o cosa votare, supera il 55%. Una sberla per tutti i soloni della politica vecchia maniera. I voti dirottati verso l’astensione derivano, infatti, da tutto l’arco parlamentare. Nessun partito o movimento storico è escluso dalla scoppola delle amministrative 2012. La parte più consistente proviene da scelte in passato destinate a Berlusconi e compagni, in particolare al Popolo della libertà. Più del 40% dei votanti per il PdL nel 2008 ha dichiarato alle amministrative 2012 un comportamento astensionista. Di qui il crollo, specie in Abruzzo, del seguito della forza politica creata dal Cavaliere nel 1994. Verso l’astensione si è incanalata la disaffezione proveniente dal centrodestra. Ma vi è stato un terzo importante collettore della protesta: Internet, il Social Network, il Web ignoto ai politicanti. E, quindi, il Movimento Cinque Stelle. Verso Beppe Grillo si è diretto un elettorato giovane caratterizzato da sentimenti poco lusinghieri verso i mass-media asserviti al potere, di ostilità verso le mancate promesse elettorali, verso il politichese tradizionale, verso i voltagabbana, gli opportunisti e i traditori di turno, con connotazioni assai diverse da coloro che si sono astenuti o hanno annullato la propria scheda. Mentre chi non è andato a votare era più animato dall’antipolitica e dal disinteresse, i giovani di Grillo appaiono più marcatamente animati dal sentimento “rivoluzionario” del cambiamento vero, reale e integrale. La loro “forza” è la forte avversione alla partitocrazia gerontocratica che caratterizzava la Lega Nord primordiale. Si tratta di elettori mediamente assai più giovani che, al contrario di chi si dice tentato dall’astensione, segue in tempo reale su Internet gli avvenimenti politici, sociali e culturali mondiali, non solo italiani. Un fenomeno totalmente ignorato dagli “ex” maggiori partiti che appoggiano il governo tecnico Monti. Il progressivo distacco dei giovani dai movimenti politici tradizionali evidenzia e caratterizza una tendenza sottovalutata dalle forze politiche che connoterà, in misura maggiore delle amministrative, la campagna elettorale e lo scenario politico nei prossimi mesi per le elezioni Parlamentari e “Presidenziali” del 2013. Eppure tutte quelle liste civiche messe insieme per l’elezione dei sindaci, sono il messaggio più chiaro, forte e decisivo per le sorti della Democrazia in Italia. L’exploit del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo è ineludibile, lapalissiano, evidente e distinto. Sarebbe una follia non riconoscerlo. Come sarebbe folle non registrare la batosta elettorale per l’attuale incompiuto Sistema Maggioritario introdotto da Berlusconi nel 1994. Uno di quei tonfi talmente tosti da provocare sconcerto nell’elettorato moderato e nella stessa sinistra del Pd che viveva alla giornata all’insegna del tradizionale motto che “senza Berlusconi non si può far nulla”, neppure la satira politica e l’opposizione. È altrettanto naturale che il Pd non sorrida, consapevole del fatto che il tramonto di Berlusconi e del Maggioritario, segnerebbe la fine dei Democratici e l’inizio di un ritorno al passato nella frammentazione politica e nell’ingovernabilità della Prima Repubblica.

Il Terzo Polo, non quello tibetano ma di Fini e compagni, in queste amministrative si è disintegrato a livello mesonico! Il vero “Terzo Polo quasi Secondo” oggi è quello di Grillo e compagni “grillini”. Nelle quattro città principali il Movimento Cinque Stelle supera il PdL. Ecco il segnale politico rilevante. Se la Lega Nord resiste in Veneto e crolla in Lombardia, il terremoto elettorale ridisegna per sempre la geografia tettonica dei partiti proprio nelle regioni più ricche d’Italia. Anche il Pd ne esce con le ossa quasi rotte, nonostante trovi nei due candidati di bandiera, Orlando a Palermo e Doria a Genova, una speranza di resurrezione. Tanto di cappello. I cittadini elettori prima si rispettano, e non si ridicolizzano, poi ti premiano. Un errore che il centrodestra ha commesso più volte dal 2008, allontanando ogni prospettiva di fondazione del Partito Conservatore. Anche la discesa in campo di Berlusconi è stata ridicolizzata, così come prima quella della Lega, con disegni politici territoriali trasversali, sicuramente votati all’inciucio, al mercato delle vacche grasse ed allo scambio di poteri e poltrone tra i diversi schieramenti. Mai errore politico fu più grande in piena era di riforme costituzionali in senso Maggioritario. “Non basta parlare per avere la coscienza a posto: noi abbiamo un limite – insegna Aldo Moro – noi siamo dei politici e la cosa più appropriata e garantita che noi possiamo fare è di lasciare libero corso alla giustizia, è fare in modo che un giudice, finalmente un vero giudice, possa emettere il suo verdetto”. La classe dirigente del PdL si renda conto che non paga solo la congiuntura internazionale della grave crisi economica e finanziaria; non paga solo la guida fallimentare di una pseudo-maggioranza di governo che fino a pochi mesi fa prometteva nuovi centrali nucleari e voli interstellari. Ma paga la sua totale assenza nel territorio di una classe dirigente che si possa dichiarare tale. Paga il fatto di aver rotto i “ponti” tra Roma e il territorio, allagando tutte le vie di comunicazione tra il Paese reale e le istituzioni democratiche. È mai possibile che la lista del PdL crolli a L’Aquila, capoluogo della regione Abruzzo, e in Sicilia prenda almeno dieci punti in più del suo candidato sindaco a Palermo? Sì, se si sceglie la persona sbagliata. Il PdL non ha mai avuto una grande forza sul territorio, ha sottovaluto la costruzione della sua classe dirigente locale, ha scacciato molte giovani promesse. La legge elettorale dei parlamentari “nominati” e i listini regionali hanno completato l’opera, compromettendo l’integrità strutturale del PdL più di quanto sia avvenuto negli altri partiti. A poco serve la rabbia e l’obiezione che anche i “grillini” sono oggi dei perfetti sconosciuti nelle città in cui hanno fatto il loro exploit politico e istituzionale. Perché a chi è in una fase crescente e magica tutto è lecitamente permesso. Anche la Lega Nord, anche Forza Italia agli albori del Maggioritario, riuscivano a portare in Parlamento e nei Consigli regionali illustri signor-nessuno (eletti sul filo di lana del voto marginale da altrettanti cittadini elettori delusi!) oggi riconoscibili dal ricco portafoglio. Ma ai partiti maturi, con alle spalle venti anni di governo, non si può perdonare il tragico fallimento e l’incapacità di trovare forze fresche e nuove per rinnovarsi e per parlare di nuovo con il proprio corpo elettorale e il Paese reale. E così gli Italiani sono di nuovo in cerca d’autore come nel 1994. Perché certi tonfi non si possono dimenticare. Allora l’apocalisse è inevitabile e l’accanimento terapeutico è contro-producente. Si salvi almeno la dignità e si ammetta la sconfitta politica prima di pronunciare parole catastrofiche per le sorti della Democrazia in questa nobile Italia che oggi produce più suicidi che speranza di redenzione e di Pil. “Per fare le cose occorre tutto il tempo che occorre” – insegna Aldo Moro. Il discorso diventa più complesso per le forze politiche che appoggiano in Parlamento le draconiane misure economiche del governo di emergenza nazionale, necessarie per recuperare il tempo e le risorse perdute nella spesa pubblica corrente. Qual è la posizione sul fiscal compact dei nostri parlamentari nominati?Difficilmente lo scopriremo perché i giochi di palazzo e i cambi di casacca impongono il copri-fuoco e il silenzio anche se il sostegno a Monti è argomento di un serio dibattito interno nel Pd e nel PdL. D’altra parte non è un mistero che tre elettori del PdL su quattro (il 70,8% secondo i sondaggi della Ghisleri) non gradiscano le misure di Monti. Pagato dazio qualcuno dovrà pragmaticamente andarsene dalle segreterie di partito. C’è poi chi chiede una decisa presa di distanza, un “chiamarsi fuori dalla maggioranza”, per salvare la faccia di fronte al popolo sovrano deluso. L’esecutivo in tal caso si vedrebbe costretto a cercare i voti in Parlamento di volta in volta, prolungando l’agonia della Nazione. La questione è più seria di quanto si creda e dovrà essere affrontata al più presto, al massimo entro l’Estate 2012, con o senza il voto anticipato di ottobre. Altrimenti l’implosione del Pd-PdL-Maggioritario sarà inevitabile. Monti, infatti, non ha solo il problema del PdL, visto che la situazione è complicata anche per il Pd e per l’esecutivo stesso che ha visto avanzare tutti i partiti e i movimenti anti-Professore. Il segnale che tutti cercano in Parlamento è l’imminente stop alla riforma della legge elettorale. Che nessuno vuole perchè è più facile farsi nominare parlamentare che sudare le proverbiali quattro camice con il cappello in mano, bussando di porta in porta, per chiedere il consenso politico. L’evento avvicinerebbe il voto anticipato, magari per la Grande Coalizione? Fatto sta che nelle quattro sfide principali già si vedono gli effetti del terremoto politico: i partiti anti-casta conquistano il bottino elettorale e mettono in pesante difficoltà Pd e PdL. Tra meno di due settimane, ai ballottaggi, sarà difficile che si verifichino clamorosi ribaltoni. La sberla elettorale, con il PdL e il Carroccio che escono con le ossa rotte, c’è stata. Anche per il Partito democratico che non brilla ma tiene, ammesso che i democratici riescano sempre a vincere soltanto con altri candidati a sindaco. In Sardegna passano tutti i dieci quesiti referendari anti-casta che obbligano la Regione ad abolire quattro Province. A sparire subito dalle mappe politiche ed amministrative, però, non saranno soltanto quelle. Un segnale chiaro che evidenzia come gli Italiani che votano siano il primo Partito del Paese. Il centrodestra tiene soltanto Gorizia. Anche nel capoluogo friulano i grillini incassano una valanga di voti. La coalizione di centrosinistra della “foto di Vasto”, andrà sicuramente in vantaggio al ballottaggio. Il dato politico non è un buon segno per il gover­no tecnico che avrebbe bisogno di almeno dieci anni per attuare tutte le “riforme” in programma. Il premier Monti ammette che le cose non girano più come all’inizio. “Non c’è più la sintonia con il Paese che c’era a ini­zio mandato. Dobbiamo re­cuperare”. Si cominci con il salvare gli imprenditori dal suicidio, restituendo loro quanto dovuto dallo Stato. Lo scoramento e la preoccupazio­ne di Monti rivelano che occorre un cambiamento nell’azione di go­verno. Sì, ma non basta. Il governo, come ammettono molti analisti, deve dare una mano al Parlamento anche sul piano delle riforme istituzionali e costituzionali. Altrimenti parlare di crescita e di sviluppo rischia di es­sere poco più che uno slogan mentre le crepe si allargano nel Paese reale. Roma non comunica più con il territorio da almeno venti anni. I “feudi” dei potentati locali che impediscono questa comunicazione vitale, vanno espugnati con la santa ragione e con la forza della Legge. “Per fare le cose occorre tutto il tempo che occorre; si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con le sue difficoltà” – insegna Aldo Moro. In tutta Euro­pa soffia il vento dell’insofferenza nei confronti sia dei partiti tradizionali sia del­le politiche di lacri­me e sangue che non sono affatto europeiste perché non contemplano la fondazione degli Stati Uniti d’Europa per un futuro di Pace e Prosperità degli Europei. Ad ammettere che il pro­blema è lo stesso ministro del­l’Interno, Anna Maria Cancellie­ri. “Sono fenomeni che accadono sempre nei momenti di disorien­tamento” – rivela il capo del Vi­minale. “A volte i cittadini fanno qualche particolare riferimento non verso una istituzione ma ver­so persone che si pongono di fron­te all’opinione pubblica. Credo che le istituzio­ni debbano farsi delle domande per ricostituire un legame tra so­cietà civile e istituzioni, e occorre ritrovare il collegamento tra cittadini e istitu­zioni, perché è fondamentale per la tenuta della democrazia”. È troppo facile addebitare la tendenza nega­tiva a chi governa in questo tempo di crisi, come si è visto anche in Spagna, Francia, Grecia e Gran Bretagna. Poiché, anche prima della crisi mondiale, la politica ipnotizzava gli Italiani con strani sogni rassicuranti di facile gloria e prosperità. Il Modello Berlusconi non ha funzionato. Le piccole Partite Iva che possono creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, sono state umiliate e depresse sul territorio proprio durante i governi del centrodestra che predicava bene e razzolava male. Il Pd, dal canto suo, trema nel vedere che nelle urne la sinistra moderata marcia decisa verso la sconfitta, a tutto van­taggio di quella radicale, per la manifesta incapacità nella selezione della sua classe dirigente e istituzionale.

La sinistra rivoluzionaria rialza così la testa in tutta l’Europa: in Francia, Melen­chon è schizzato all’11%; in Grecia la falce e martel­lo di Syriza, ha addirittura sorpas­sato i socialisti del Pasok. Ma è proprio lo spettro del caos greco a impensierire il Premier Monti. Ad Ate­ne la situazione è rovente per l’avanzata dei partiti estremisti, contrari al piano di salvataggio concordato con la Unione Europea. La cosa non piace affatto ai mercati. Se il PdL paga le tasse inflitte dai sogni di gloria di Berlusconi agli italiani e perde le elezioni amministrative, il Terzo Polo di Casini e Fini scompare dalla scena nazionale. E non crediamo che tra alcuni mesi il verdetto politico muterà in modo significativo, perché con o senza un’alleanza con la Lega Nord è oggi praticamente impossibile ripetere per il centrodestra i ri­sultati del 2008. La Politica è un affare serio. Ma può essere anche tragica e comica allo stesso tempo. “Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi” – insegna Aldo Moro. Di Grillo, delle sue orazioni civili, dei suoi “segreti” telematici a base di Mac, App e folle oceaniche, e del suo successo, avremo occasione di scrivere fiumi di articoli nei prossimi mesi (http://www.beppegrillo.it/). Sono piuttosto i cocci del PdL ad impressionare i moderati. Via il dente, via il dolo­re? Ma qui bisognerebbe sostituire l’intera arcata dentale. Se è finita la recita del PdL come primo partito invincibile della nazione (le liste civiche territoriali in quantità e qualità dei candidati dimostrano da anni semmai il contrario perché il centrodestra vince quasi sempre con altri candidati sul territorio, grazie all’astensione degli elettori del centrosinistra, come nelle Regionali del 2008 in Abruzzo) ora sappiamo di che cosa stiamo parlando. Dal nostro umile punto di vista, di una regione piccola e povera come l’Abruzzo, consapevoli del fatto che è difficile pensare che chi non se ne è andato ora, mentre tutto gira storto, lo faccia in fu­turo, questa verità assume il rango di monito per le future generazioni che amano la Democrazia e la Libertà. I moderati in libera uscita non trovano approdi da considerare definitivi. Udc, Fli e Pd hanno perso a loro volta voti e speranze. E dall’enorme serbatoio “astensionismo-schede nulle-liste civiche” si può ripescare chi, dopo essersi sfogato contro la casta, nel­la Politica vera cerca risposte, soluzioni e non illusioni. La sberla che da mesi gli elettori del centrodestra hanno in ani­mo di assestare, è appena cominciata. Arrivata a segno nelle prossime Politiche, gli stessi schiaf­feggiatori attenderanno la reazione degli schiaffeggiati. La politica dei due forni non paga e una scelta di chiarezza, seppur necessaria, non arriverà prima della rivoluzione definitiva nel quadro politico-istituzionale italiano. Quindi, la via obbligata potrebbe essere, volenti o nolenti, la Grande Coalizione. Perché la sconfitta alle amministrative 2012 possa portare bene alle successive Politi­che per isolare i movimenti radicali e instaurare la conservazione “status quo” che cristallizzi l’Italia e gli Italiani. Quest’operazione avrebbe senso in un’ottica europea come via obbligata verso la fondazione degli Stati Uniti d’Europa? Abbiamo ragione di credere che il terremoto politico in atto non sia gradito ai mercati ed alle grandi potenze. L’Italia potrebbe affondare come il Titanic. C’è ancora del tempo per calcolarne tutti gli effetti sul governo, sulle riforme istituzionali, sugli stessi partiti storici e nuovi. Ma dai freddi numeri del 6 maggio 2012 qualcosa già si intravede. Il 20 maggio, ai ballottaggi, la grande “star” potrebbe essere il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo con i suoi seicento! Certamente bisogna dimostrare responsabilità in questo momento difficile per il Paese: se i disagi e i drammi dell’Italia si riflettono sul consenso, il Capitano della Nave non deve restare con le mani in mano. Dei quasi 800 comuni in cui si è votato, 26 sono capoluoghi. Cinque anni fa 18, tra i quali Palermo e Parma, andarono al centrodestra, ed 8 al centrosinistra. La liquefazione dei vecchi partiti dove condurrà gli Italiani? All’automobile all’idrogeno, al volo interstellare, alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata, alla fine dello strapotere dei petrolieri arabi? In Abruzzo il voto significativo a L’Aquila, il primo dopo il terremoto del 6 aprile 2009 (Mw=6.3, 309 morti, 1600 feriti), vuole riconfermare il Sindaco uscente Massimo Cialente che va al ballottaggio contro il centrista De Matteis. Beppe Grillo dal suo blog annuncia che “questo è solo l’inizio. Ci vediamo in Parlamento. I cittadini si riappropriano delle istituzioni. La destra, il Pdl, il centro: non c’è più nulla. I partiti si sono liquefatti. Siamo passati dalla rigenerazione alla liquefazione”. Massimo D’Alema nella sua analisi rivela che quello delle amministrative “è un voto a metà strada tra la disgregazione greca e la speranza francese. Il centrosinistra emerge come unico polo politico di governo, quasi ovunque, con responsabilità di governo molto accresciute e in una situazione molto difficile. È preoccupante la partecipazione al voto in calo. Il risultato che emerge dal voto contiene una prospettiva politica abbastanza chiara: c’è un crollo del centrodestra”. Le ricadute politiche anche a livello nazionale sono ancora incerte ma i contraccolpi toccheranno tutta la nomenclatura dei partiti. La Sicilia, storico serbatoio dei voti moderati, ha tolto al partito di Berlusconi, per la prima volta da anni, la possibilità di portare in dote i voti dell’ex roccaforte democristiana. È il vero tonfo del PdL che comunque veniva dato in calo. Ma chi poteva mai immaginare un risultato del genere? Il Pd è chiamato a decidere rapidamente se per le prossime Politiche dovrà resuscitare o meno il “quadretto” di Vasto in cui il centrosinistra si presentava compatto in amori, intenti e speranze. Se la sinistra non si fosse divisa alle primarie avrebbe stravinto a Palermo, una città che versa in una condizione drammatica. La miscela esplosiva di fame di lavoro e rischio default, rende terrificante il compito che attende il prossimo primo cittadino di questa città. Gli Italiani hanno ridisegnato uno scenario politico completamente nuovo, imponendo ai partiti storici un Ultimatum. La vittoria di Tosi a Verona è il segnale più pragmatico di tutti. In primis per il primo cittadino del Carroccio che ha avuto la conferma della bontà della propria scelta di porsi, in alcuni momenti, in contrapposizione allo stesso Umberto Bossi. Ad esempio nella scelta di presentare una propria lista civica non espressamente leghista, che alla fine è risultata la più votata di tutte e che con tutta probabilità ha intercettato buona parte del consenso ex pidiellino. A Verona il PdL è stato superato anche dal candidato grillino Gianni Benciolini. I numeri del PdL sono lontani anni-luce da quelli a cui il fronte del centrodestra era abituato nella città scaligera. La debacle è storica.

Il verdetto degli Italiani è stato pronunciato. Una sentenza su chi ha governato le loro città, su chi ha cambiato casacca e seggio tra maggioranze e opposizioni, su chi si è “travestito” in corso d’opera, tra partiti alle prese con la questione morale e la giustizia. Le elezioni amministrative hanno sempre anticipato le rivoluzioni politiche nel Belpaese, ma oggi non è facile affrontare il fardello di un’analisi nel bel mezzo della storia che si compie in tempo reale. Sono andati ai seggi circa nove milioni e mezzo di elettori, una parte non trascurabile dell’intero corpo elettorale. E malgrado l’irresponsabilità di molti politici che nei giorni scorsi avevano cercato di minimizzare la portata del voto, derubricando la chiamata ai seggi come una semplice tornata amministrativa, è del tutto evidente il responso delle urne. Gli Italiani che amano la Democrazia, la Pace, la Giustizia e la Libertà, sono i veri protagonisti della definizione del prossimo scenario politico nazionale. Non basta cambiare il nome a un partito per superare l’esperienza fallimentare del passato. Le possibili alleanze nel campo del centrosinistra, d’altra parte, con il ruolo dei partiti anti-casta e delle liste civiche, sono i temi centrali che emergono con tutta la loro forza dirompente come il martello di Thor. Cos’è l’anti-politica? Chiedere il libero consenso ai cittadini, non certo ai politici, avvicina alla responsabilità istituzionale, al rispetto della Legge. I candidati liberi vincono. Nel complesso i partiti che sostengono il governo Monti hanno subito un arretramento vistoso perché seguono una ricetta che non funziona, quella di instillare paura ai cittadini. L’austerità non tiene conto delle realtà di sofferenza di imprese, famiglie e persone. Non c’è lavoro e non si raggiungono gli obiettivi di finanza pubblica. Il rigore non sostiene l’economia né la finanza pubblica. Quando si fanno manovre da 75 miliardi di euro di nuove tasse, oltre a ricordarne agli Italiani la causa, bisogna dire chiaramente ed espressamente dov’è lo sviluppo, dov’è la crescita del Pil, dove sono i nuovi posti di lavoro, dove sono in cervelli che non fuggono più all’estero. Secondo alcuni analisti, il Pd dovrebbe inseguire Grillo per costruire un’alleanza di governo grazie alla prateria di voti moderati disponibili sulla scia della rottura dell’alleanza tra il centrodestra e la Lega Nord. Le amministrative 2012 hanno dimostrato che la mancata alleanza con il PdL ha penalizzato ovunque il Carroccio, la prima vittima di questa “frana mediatica” forse pianificata dai poteri oscuri. Per cui le elezioni anticipate dovrebbero essere prese in seria considerazione, intercettando il vento del cambiamento prima che muti la marea. Sarebbe da sciocchi, insomma, non avvantaggiarsi delle divisioni leghiste e dei successi di Grillo. Se la Padania in salsa brianzola è amara per il Carroccio che ha dimezzato i voti raccolti negli ultimi cinque anni, allora il Pd non dovrebbe lasciarsi intimidire da un centrodestra morente che attribuisce le cause del proprio tonfo al “massacro mediatico” cui sarebbe stato sottoposto a livello nazionale. La brutta batosta va cavalcata con coraggio, ma senza un vero leader politico e senza un autorevole candidato Premier, non si va da nessuna parte. Se il Pd teme l’eventuale ricomposizione dell’alleanza Carroccio-PdL, i grillini del Movimento Cinque Stelle vanno sicuri per la loro strada, macinando consensi da fantapolitica e conquistando anche i voti del Pd. Contano le persone e i programmi, ma più passa il tempo e più Grillo sente vicina la Camera dei deputati con la ricca infornata di amici onorevoli. Il festival dell’anti-casta politica favorisce più Grillo che il Pd. La “grande confederazione di tutti i moderati, di tutti quelli che non si riconoscono nella sinistra, compresa la Lega”, favoleggiata da Berlusconi, che fine farà?Ammettere di aver sbagliato i candidati, non è forse già una catastrofe politica? Perchè fidarsi? Una volta c’era la mania di cercarli con la faccia carina senza sapere da quale esperienza politico-amministrativa provenissero. Gli Italiani hanno fatto chiaramente intendere che vogliono persone affidabili e serie. Queste elezioni condannano gli incapaci. Il regime parlamentare italiano va salvaguardato. Non è vero che tutti hanno vinto. L’avanzata di Grillo è il fatto politico rilevante qualificabile come una “vittoria”. Il lavoro non è una merce ma un bene comune. Non è un inganno, non è uno slogan, ma è il primo diritto costituzionale della nostra Carta. Certamente lo strano suicidio di massa del sistema dei partiti, lascia piuttosto perplessi. Le ruberie e la manifesta incapacità dei “nominati” che infestano la politica italiana, echeggiano sui media tra le surreali repliche che si alternano a ogni scandalo destinato a fare storia ormai da venti anni. Accade troppo spesso nel Belpaese che non riesce a costruire il suo futuro. Ma i segni della risurrezione esistono. Centinaia di migliaia di giovani cittadini informati, dimostrano pacificamente e democraticamente di volere una Politica diversa nelle idee, nei fatti e nei comportamenti, fondata sulla dignità della Persona. Gli Italiani stanno demolendo con il libero voto ciò che resta del passato, schiacciando all’angolo i tentativi raffazzonati di maquillage dell’ultimo minuto. Inutile però illudersi. Basta cambiare la legge elettorale e ben difficilmente alla lezione seguirà qualche significativo sviluppo politico nel Paese reale. La maggior parte dei leader dei partiti storici non rinunzierà al finanziamento pubblico, alla segreteria, alla poltrona: infatti con incredibile tempismo, proprio nel giorno delle amministrative 2012, hanno proposto di ridurre solamente di un terzo l’ultima tranche dei contributi! Mentre gli imprenditori si tolgono la vita per insolvenza. I partiti storici non possono, pena l’estinzione, battersi per le liste pulite.

Non ha nessuna convenienza proporre limiti di mandato per le cariche elettive. Per cui crediamo che le piacevoli orazioni civili di Grillo si sposteranno sicuramente in Parlamento ma senza quelle straordinarie conseguenze politiche nazionali e internazionali proferite. Chissà, eviteremo così improvvisi e devastanti bombardamenti chirurgici per aver abbandonato questa o quell’altra alleanza o progetto militare multinazionale (vedi F-35). Passata la buriana, per chi popola le Camere le priorità torneranno ad essere quelle di sempre: leggi elettorali che salvino i salvabili, riforme sine die, norme per cercare di cloroformizzare le inchieste giudiziarie e imbrigliare Internet (addio Wi-fi gratuito!), interventi per garantire questa o quella categoria, importante solo perché porta soldi o voti. I parlamentari onesti e capaci, che pure esistono in entrambe gli schieramenti, ahinoi, continueranno a contare poco o nulla. Sarebbe un bene che, prima delle prossime elezioni Politiche, i cittadini potessero effettivamente rendersi conto se davvero, accanto alle capacità di controllo e di denuncia già dimostrate dai militanti del Movimento Cinque Stelle, vi siano pure le reali capacità di governo nelle più “alte” Istituzioni. Visto come è stata governata fin qui l’Italia, è difficile fare peggio, ma crediamo che debba pur sempre valere il principio secondo cui in una Democrazia come l’Italia bisogna prima conoscere e poi deliberare. E crediamo che il compito dei giornalisti liberi non sia quello di accettare passivamente il “vaffa.c.c.” pensiero-turpiloquio di chicchessia, ma di informare correttamente e onestamente i cittadini raccontando i fatti, verificandoli scrupolosamente e riflettendo sulle infinite pieghe di una mutevole realtà come quella italiana. Della quale è normale che il Movimento Cinque Stelle si faccia democraticamente interprete senza sconti, simpatie o antipatie, accettando a sua volta le giuste critiche dei liberi media e di Internet. Per quello che Grillo e i suoi fanno o non fanno. Gli Italiani non sono fessi. Se il Grillo parlante sorride, benissimo. Vada pure al Potere, elargendo i giusti consigli al Pinocchio burattino di legno ed alla versione in carne e ossa. Ma accetti il fatto che la libera opinione senza ditino alzato, è la norma in un Paese civile. In Italia siamo molto indietro perché sappiamo come viene trattata la libera stampa. Ricordate il libro Mein Kampf, i discorsi elettorali e il messaggio d’insediamento di Hitler alla cancelleria germanica? Siamo lontani anni-luce da quei giorni. Ma finché si tenderà ancora a identificare questo o quel movimento col volto del comico, i suoi show, le sue para-liturgie, le sue orazioni e i suoi slogan (“sono morti, ragazzi, sono alla liquefazione, alla diarrea politica”) accattivanti, allora si sarà tradito il compito di ogni vero cronista e giornalista che si rispetti nell’analisi di una realtà fenomenica molto più complessa di ciò che appare. E che può condurre ovunque. Consigliamo un viaggio tra i militanti e i loro programmi per scindere il movimento dall’immagine del suo leader. I candidati che hanno sbancato un po’ dappertutto (per ora tranne che al Centro-Sud) sono l’immagine frattale di un’Italia apparentemente ignota, multi-culturale, multi-etica, multi-etnica, che forse Grillo avrà qualche difficoltà a interpretare e governare. L’uomo contro tutto e tutti, funziona sempre all’inizio. “Mi hanno detto di tutto, populista, demagogo, arruffapopoli, flauto magico, pifferaio, maiale, s..: continuate così e arrivo al cento per cento”. Ci sta effettivamente riuscendo. “Non siamo l’antipolitica, siamo da anni dentro le istituzioni e ci si deve rispetto. È un cambio epocale, i cittadini votano se stessi. Adesso abbiamo anche un primo sindaco, ci vediamo in Parlamento”. La sub-cultura del “vaffa c.c.” è superata? Nelle istituzioni, sicuramente. Hanno espugnato la città del fantomatico parlamento padano, Sarego, nel vicentino. Insomma, tutte persone pragmatiche (la famosa “mancata classe dirigente” italiana, finora ignota alle segreterie dei partiti) che avremmo desiderato conoscere in Abruzzo nella Lega Nord, nel Pd, nell’Udc e nel PdL. Altro che anti-politica. Il loro slogan non lo è:“Vogliamo che la gente torni a votare”, ma è:“L’importante è che i cittadini si riapproprino del fare politica; è necessario verificare la partecipazione del comune nelle varie società, sono tutte necessarie?”. La parabola di Sarègo è la versione 2.0 della politica italiana verso la Terza Repubblica. Forse, come nei prodotti della Apple Inc. con software e hardware perfettamente integrati, Grillo (come lo fu Steve Jobs per la sua azienda) sarà determinante per la futura fondazione di due autentici Partiti moderni in Italia: il Democratico e il Conservatore, il sogno dei radicali. Chissà! La Rete e il Social Network che ne pensano? È mai possibile che i nostri antichi politicanti siano invecchiati a tal punto da non sopravvivere alla loro stessa utilità? Allora si diventa politici per necessità, conquistando roccaforti ritenute fino a qualche ora fa del tutto inespugnabili, sbaragliando la concorrenza, prendendo voti un po’ da tutti. Se guardiamo i dati delle amministrative, è ovvio che moltissimi cittadini elettori delusi dal centrodestra e dal partito di Bossi, hanno votato il Movimento Cinque Stelle. A L’Aquila, Grillo ha ottenuto “solo” 514 voti (1,26%). Per ora non c’è trippa per gatti ma riteniamo che anche qui in Abruzzo, prima o poi, i grillini si mangeranno pure i gatti. Non basta parlare per avere la coscienza a posto: noi abbiamo un limite, noi siamo dei politici e la cosa più appropriata e garantita che noi possiamo fare è di lasciare libero corso alla giustizia”–insegna Aldo Moro. Dunque, “no limits” dopo lo sfaldamento del berlusconismo. Nel centrodestra la palla passa a Maroni. Se dovesse spuntarla il Modello Verona, Tosi dovrebbe diventare Primo Ministro perché da qui alle prossime elezioni politiche, per pescare in quell’area elettorale ci vorrebbe una “Lega” diversa, credibile, con un progetto politico realizzabile, non più fondata sulle favole celtiche della Padania e delle sorgenti del Po, ma sul Regionalismo fiscale e istituzionale. Se la nuova “Lega” di Maroni e Tosi nascerà, allora sarà la fine della Lega di Bossi e del Trota, per offrire la risposta alla Questione Settentrionale ed all’antipolitica. Se doveva essere un test per sperimentare la nascita del nuovo Partito della Nazione, il risultato delle amministrative boccia il progetto. Per la creazione di una nuova aggregazione dei moderati serve ben altro. Il bipolarismo muscolare può essere superato solo dal bipartitismo istituzionale con relative primarie. I moderati non sono sotto un cumulo di macerie. Ora è fondamentale un sano pragmatismo. L’esperienza del cosiddetto Terzo Polo era fondata più sull’astio personale di alcuni versus Berlusconi che sulle fondamenta di un programma politico di ampie vedute. Da queste elezioni viene un segnale di incoraggiamento a superare le obsolete visioni partitiche del passato per coagulare le liste civiche in un progetto istituzionale di altissimo rilievo politico (inter-)nazionale. Le liste civiche e centriste ottengono un risultato straordinario a L’Aquila. A Sesto San Giovanni superano il PdL, vanno al ballottaggio con forti probabilità di successo, protagoniste di una seria alternativa politica ad uno schema logoro e fatiscente. All’estero l’hanno capito benissimo. Il Financial Times analizza il risultato delle amministrative in Italia con il titolo “Spostamento a sinistra”, riconoscendo l’avanzata della protesta, le “sostanziali perdite” del PdL berlusconiano. Ma sono le difficoltà di Monti che più interessano ai mercati. Agli stranieri non interessano i nostri crucci politici e le nostre libertà fondamentali sotto scacco. Berlusconi sa meglio di tutti che, se si votasse in autunno, verrebbe spazzato via dalla Storia. Bersani, però, non vuole giocare d’azzardo. Non intende schiacciare l’avversario ferito. Preferisce farsi portare dalla corrente senza remare troppo.

Come il Presidente Hollande. La “golden share” è tutta in mano al Pd. Il “match point” è tutto a sinistra. Prepararsi a governare, tuttavia, oggi significa anche prepararsi a perdere se non si risolvono i problemi degli Italiani che sono di ben maggiore rilevanza dei problemi di governabilità. Il “boom” vero sarà quello di far schizzare il Pil degli Italiani al 10%. Se il Terzo Polo è stata la trovata più geniale per chiudere la stagione di Berlusconi, chi mai sarà in grado di rappresentare la richiesta di cambiamento e novità?Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e l’essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo” – insegna Aldo Moro. Senza l’Europa degli Stati Uniti continentali, federati o confederati che siano, l’Italia fallirà miseramente affogata nei suoi debiti e nelle sue infinite cause politico-giudiziarie che allontanano l’ottimismo, gli investimenti internazionali, i cervelli e lo sviluppo del territorio. I progetti politici messi in piedi finora hanno fallito. Ne occorrono di nuovi più urgenti e fondamentali. Non conviene aspettare che le polveri si posino per muoversi. La priorità è quella di un’Assemblea Costituente Europea che conferisca ritmo al percorso di fondazione degli Stati Uniti d’Europa. Non basta l’alleanza dei moderati. Il “molto oltre” di cui si sente troppo spesso parlare è questo. Servono il Presidenzialismo e il Bipartitismo europei. Le pause di riflessione, infatti, nascondono l’inganno sull’ora della fine. Urge oggi più che mai la messa al bando delle vecchie logiche politiche della casta. Siano i Sindaci a guidare l’Italia verso la Terza Repubblica e gli Stati Uniti d’Europa. I partiti storici allo sbando, cercheranno di impedirlo. Le persone serie che avvertono la necessità di procedere con le autentiche Riforme costituzionali per il Belpaese che amano, si diano una mossa prima che sia troppo tardi. I partiti esosi e incapaci, ai piedi dei voleri dello straniero e dei loro feudatari di turno in servizio permanente effettivo, timorosi per il futuro, impresentabili alle soglie della nuova Europa Unita, ci hanno consegnato la crisi economica, etica e culturale. Mandiamoli a casa per sempre. Costruiamo per davvero gli Stati Uniti d’Europa. Non facciamoci illudere da coloro che se ne sono andati con la coda tra le zampe, nel bel mezzo della pagina più oscura della nostra Storia nel nuovo millennio, tacendo sulla verità, eclissandosi dagli Italiani, mentre le grandi potenze plasmano il loro futuro. Da europeisti qual siamo, lasciamo in brache di tela chi ci ha tradito. Gli Italiani vogliono urgentemente votare un governo costituzionale che tagli le tasse, crei sviluppo e introduca l’Italia negli Stati Uniti d’Europa. Servono due soli Partiti per farlo. Servono una Maggioranza e una Minoranza autentiche per assolvere a questo grande compito. I soldi pubblici dei rimborsi elettorali dei vecchi partiti siano restituiti ai bisognosi. A chi non li ha mai presi, a chi ha molti figli. I gruppi dirigenti mediocri e immeritevoli, siano sciolti. I pasticcioni rincoglioniti, siano rispediti a casa per sempre. I partiti che continuano a parlare come se nulla fosse accaduto dal 2008 a oggi, trascinando milioni di persone in piazza per le loro liturgie, sono alla frutta. Lo sviluppo ha nome e cognome in Italia: Tav, ponte sullo Stretto di Messina, centrali nucleari sicure, liberalizzazione dell’impresa spaziale privata, sviluppo dell’agricoltura, dell’artigianato e dell’industria nucleare e informatica, ecologia e difesa dell’ambiente, lotta al Global Warming, cattura della CO2 e libera ricerca sulle cellule staminali non embrionali per la Nuova Medicina Rigenerativa. È questo il Programma che vogliamo per il futuro dell’Italia in Europa, quello che i nostri politicanti ci hanno rubato. Il sogno che hanno sottratto ai nostri figli e nipoti. Che Dio salvi l’Italia negli Stati Uniti d’Europa.

Nicola Facciolini

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