Pensionati a rischio povertà: il 20% in Europa

In Europa il 20% degli anziani è a rischio povertà e di esclusione sociale. Lo stesso dato si è registrato in Italia per colpa dello scarso potere d’acquisto delle pensioni, per la bassa qualità e accessibilità dei servizi di welfare e per il costante aumento del costo della vita, dei prezzi e delle tariffe. E’ […]

In Europa il 20% degli anziani è a rischio povertà e di esclusione sociale. Lo stesso dato si è registrato in Italia per colpa dello scarso potere d’acquisto delle pensioni, per la bassa qualità e accessibilità dei servizi di welfare e per il costante aumento del costo della vita, dei prezzi e delle tariffe. E’ quanto emerge dai dati diffusi dallo Spi-Cgil in occasione del convegno in corso a Roma dal titolo “L’Unione europea tra paure e speranza. I pensionati di fronte alle incognite della crisi”. Fanno peggio, oltre ai paesi balcanici, il Belgio (21%) e la Spagna (oltre il 26%). Meglio, invece, altri paesi come l’Olanda (6%), Francia (12%), Germania (14%), la Slovacchia (16%) e la Danimarca (18%) dove le pensioni hanno un valore più alto e lo stato-sociale è di maggiore qualità.
 
Le pensioni. Nell’Europa a 27 il 68% del reddito da pensione è assorbito dal costo della vita. Una percentuale alta ma di gran lunga superata da quella dell’Italia, che si attesta intorno all’84%. Il nostro paese ha, quindi, allo stesso tempo i redditi da pensione più bassi in Europa e il costo della vita più alto, peraltro sempre di più in crescita. Sotto la media, invece, la Germania dove solo il 43% del reddito viene destinato al costo della vita, la Spagna con il 58%, la Francia con il 60% e la Svezia con il 66%. E’ un sistema flessibile quello che regola la previdenza degli altri paesi europei, contraddistinto nella maggior parte dei casi dalla possibilità di andare in pensione prima o dopo l’età stabilita attraverso un meccanismo di incentivi e disincentivi. Il pre-pensionamento con conseguenti disincentivi è possibile in Belgio, Danimarca, Germania e Spagna. In Francia, invece, è previsto a 56 anni in caso di lavoratori precari e a 55 anni in caso di grave disabilità. Il pre-pensionamento non è previsto nel Regno Unito e in Svezia. Molto più complesso è il quadro che riguarda i pensionamenti posticipati. Sono ammessi, infatti, in tutti i paesi Ue ma con diverse articolazioni. In Germania, Finlandia, Regno Unito e Spagna ad esempio non hanno alcun limite d’età. In Belgio è possibile, fatta eccezione per i dipendenti pubblici mentre in Danimarca è possibile per la pensione pubblica di vecchiaia fino ad un massimo di 10 anni dopo l’età pensionabile e fino a 75 anni per la pensione integrativa. Anche la Francia fa storia a sé. In questo caso il pensionamento posticipato è possibile dopo i 60 anni per aumentare l’importo della pensione o dopo i 65 anni se non si hanno sufficienti requisiti assicurativi. In Svezia, infine, è possibile continuare a lavorare anche dopo i 67 anni purché vi sia una contribuzione con il datore di lavoro.

Popolazione anziana in crescita. In Europa si contano circa 87 milioni di persone over 65 anni, il 60% delle quali sono donne e il restante 40% uomini. Il dato, però, è destinato ad aumentare nei prossimi 30 anni segnando il progressivo invecchiamento della popolazione europea. In Italia, ad esempio, nel 2010 gli over 65 anni erano 15 milioni. Nel 2020 invece saranno 16 milioni, nel 2030 19 milioni e nel 2040 arriveranno a toccare quota 21milioni. Il dato subirà un calo nel 2060 quando il numero di anziani arriverà a quota 20 milioni. Le stesse dinamiche si registreranno negli altri paesi Ue. In Germania, infatti, si passerà dai 20 milioni registrati nel 2010 ai 25 milioni del 2040.  Anche in questo caso il dato è previsto in calo nel 2060 quando gli anziani tedeschi saranno circa 23 milioni. In Francia, invece, gli over 65 ad oggi sono 15 milioni e diventeranno 21 milioni nel 2040 e 22 milioni nel 2060. In Spagna, infine, gli anziani registrati nel 2010 hanno toccato quota 8 milioni e arriveranno a 15 milioni nel 2040 e a 16 milioni nel 2060.

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