Fipe su Portella della Ginestra e mafia nei risotranti

«Dalla strage di Portella della Ginestra sono passati sessantacinque anni in cui la mafia ha subito una metamorfosi importante che bisogna arrestare definitivamente per arrivare a debellare il male alla radice e permettere che al suo posto crescano alberi sani e robusti come quello dedicato a Giovanni Falcone dove ieri si è diretto il corteo […]

«Dalla strage di Portella della Ginestra sono passati sessantacinque anni in cui la mafia ha subito una metamorfosi importante che bisogna arrestare definitivamente per arrivare a debellare il male alla radice e permettere che al suo posto crescano alberi sani e robusti come quello dedicato a Giovanni Falcone dove ieri si è diretto il corteo di imprese e studenti riuniti per celebrare in un percorso di legalità i venti anni dalle morti di Falcone, della moglie Morvillo, di Borsellino e degli uomini della scorta».
È questo il commento di Lino Stoppani, presidente Fipe, la federazione dei pubblici esercizi di Confcommercio in occasione della visita a Portella della Ginestra, dove il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deposto una corona dopo aver partecipato ai funerali di Stato per Placido Rizzotto, il sindacalista ucciso dalla mafia. Alle celebrazioni stanno partecipando come viaggio premio anche le due classi vincitrici del concorso ideato da Solidaria dedicato a Libero Grassi con il sostegno di Confcommercio-Imprese per l’Italia e con la collaborazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
«Un tempo – prosegue Stoppani – per identificare la mafia si parlava di coppola e lupara; la mafia era legata soprattutto alla lotta per il controllo delle rendite fondiarie e degli agrumeti. Ora, come se seguisse la filiera dell’agroalimentare, sta mirando anche al controllo delle attività commerciali, pubblici esercizi compresi, per fini di riciclaggio e non esita ad usare le tecniche più sofisticate, come il leverage buy out, per appropriarsi del capitale della società presa di mira».
Secondo un rapporto della Dia, il dipartimento investigativo antimafia, si tratta di un metodo di acquisizione di un’azienda e delle sue attività con fondi derivanti prevalentemente da capitale di debito, il cui rimborso è garantito dagli attivi patrimoniali dell’impresa acquisita ed è sostenuto da cash flow da essa generati. L’obiettivo di un leverage buy out trova il suo sostanziale riferimento polare nella capacità di credito dell’impresa da assorbire per finanziarne, anche in parte l’acquisizione.
«La messa in pratica di queste tecniche comporta il coinvolgimento di professionisti. Di fronte all’abilità di simili colletti bianchi – conclude Stoppani – si rimane spiazzati facilmente. Per questo è necessario alimentare una cultura della legalità fra i nostri ragazzi».

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