I 100 anni dello scienziato “avvelenato”

Come per tutto il giorno ci ha ricordato Radio 3, si festeggiano domani i cento anni dalla nascita di Alan Turing, scienziato eclettico, papà dell’informatica, crittografo, filosofo, tecnologo visionario, morto suicida a soli 41 anni e certamente una delle menti più brillanti della fine del II Millennio. Concepito in India durante uno dei frequenti viaggi […]

Come per tutto il giorno ci ha ricordato Radio 3, si festeggiano domani i cento anni dalla nascita di Alan Turing, scienziato eclettico, papà dell’informatica, crittografo, filosofo, tecnologo visionario, morto suicida a soli 41 anni e certamente una delle menti più brillanti della fine del II Millennio.
Concepito in India durante uno dei frequenti viaggi del padre, Julius Mathison Turing, membro del Indian Civil Service, sia lui che sua moglie, Ethel Sara Stoney, decisero che il piccolo dovesse però nascere sul suolo inglese.
Fin dalla più tenera età Turing diede segno di quella genialità che negli anni futuri lo renderà famoso in tutto il mondo, accademico e non.
Tuttavia a seguito della sua enorme passione per le materie scientifiche divenne inviso ai professori del St. Michael College, la sua prima scuola, i quali avevano sempre posto più enfasi agli studi classici.
Durante i primi anni di scuola ebbe quindi grosse difficoltà, ottenendo il diploma a stento. Poco appassionato al latino e alla religione, preferiva letture riguardanti la teoria della Relatività, i calcoli astronomici, la chimica o il gioco degli scacchi.
Oltre ad inventare la “macchina”, realizzata nel 1936, considerata la capostipite dei moderni computer, Turing fu uno dei più brillanti decrittatori del governo britannico, aiutando con il suo genio gli Alleati a violare i segreti dei tedeschi.
A quel tempo l’Asse ,per assicurare la riservatezza dei propri messaggi, si affidava ad una evoluzione della macchina Enigma chiamata Lorentz.
Turing si era messo a sviluppare un’evoluzione della macchina polacca BOMBA. Sui suoi studi venne poi sviluppato Colossus, che, nel ’43, permise di decodificare Enigma e venire a conoscenza di importantissime comunicazioni di tipo strategico.
“E’ stato il primo a formalizzare il concetto di algoritmo e di elaborazione dei dati”, ha spiegato Luca Reduzzi, curatore della mostra che aprirà i battenti domani, allestita presso il Museo della scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano.
La sua macchina si basava su un sistema di stringhe ancora oggi utilizzato negli studi probabilistici e statistici e, in un importante scritto pubblicato nel ’50, descrisse un processo che prese il nome di “Test di Turing“ e fu il punto di partenza per lo studio dell’intelligenza artificiale.

Coltivò anche molto altri interessi: per la botanica, le reti neurali e la fisica quantistica, sviluppato idee assolutamente innovative anche in questi campi.
Morto suicida nel ’54 in seguito alla condanna per omosessualita’ che non gli permise più di lavorare con il governo, Turing è stato riabilitato solo di recente, nel 2009, con le scuse ufficiali del governo britannico.
Turing si era reso conto di essere gay sin dalla prima adolescenza e in questo non aveva trovato nulla di sbagliato. Se la società nella quale viveva criminalizzava l’omosessualità, era la società a sbagliare – così credeva – non certo gli uomini e le donne che della società erano vittime. Fece pochi sforzi per mascherare o reprimere il proprio desiderio di altri uomini e, quando all’inizio degli anni Cinquanta intraprese un rapporto continuativo con un giovane che aveva rimorchiato a Manchester, la sua opinione di come doveva essere il mondo si scontrò con la dura realtà di com’era in effetti.
Sospettando che il suo compagno avesse commesso un furto, chiamò la polizia a casa sua. La polizia arrivò e finì coll’arrestare lo stesso Turing in virtù della cosiddetta blackmailer’s charter, che sanciva la perseguibilità di tutti “gli atti di palese indecenza” tra uomini adulti, in pubblico come in privato. Fu in base alle clausole di quella medesima legge – abrogata soltanto nel 1967 – che Oscar Wilde fu condannato ai lavori forzati nel carcere di Reading Gaol. Per evitare il carcere, Turing acconsentì a essere sottoposto a un ciclo “terapeutico” a base di estrogeni, che avrebbe dovuto “curare” la sua omosessualità: in seguito a tale cura divenne impotente e iniziò a crescergli il seno.
Anche al termine del cosiddetto “trattamento”, la polizia gli rimase sempre alle costole, interrompendo ogni tentativo di vivere liberamente, perfino nei suoi viaggi all’estero.
Si uccise mangiando una mela che aveva cosparso di cianuro di potassio e, si dice, fu trovato con la mela addentata rotolata al suo fianco, sicché, secondo alcuni, fu in suo onore che Steve Jobs fece edella mela mangiucchiata il simbolo della Apple.
Pertanto, secondo molti, la mela morsicata e multicolore venne adottata come simbolo dell’azienda informatica Apple in onore di quello che è considerato il padre dell’informatica moderna e della sua tendenza che al suo tempo lo ha portato al suicidio.
L’omosessualità, infatti, in America è rappresentata dalle bandiere multicolore (6 colori), molto simili a quelle che in Italia sono note come “bandiere della Pace” (7 colori).
Nel film “A beatiful mind” si parla di uno scienziato, John Nash, con molti punti in comune con Turing. Inoltre, in un altro thriller inglese diretto nel 2001 da Michael Apted, si ricostruisce lo scenario umano davvero allucinante e paranoideo di Bletchley Park: il castello non lontano da Londra, dove si insediarono i massimi cervelli inglesi (fra cui Turing), per decifrare il codice tedesco Enigma.
Quest’anno, per i 100 anni dalla sua nascita, la Royal Mail ha dedicato a Turing un francobollo.
E’ però, solo leggendone l’iscrizione (“Alan Turing 1912-1954 Mathematician and WWII code breaker”) che si può risalire all’identità del commemorato, dato che il francobollo non ne ritrae il volto bensì mostra la macchina Bomba britannica di cui Turing sviluppò il progetto.
In una lettera scritta verso il termine della sua vita all’amico Norman Routledge, Alan Turing compose il seguente sarcastico sillogismo: “Turing crede che le macchine pensino. Turing giace con gli uomini. Di conseguenza le macchine non sanno pensare”.
Ciò che Turing temeva maggiormente, in altre parole, era che il suo arresto sarebbe stato preso a pretesto per invalidare le sue idee.
Grazie a Dio, almeno in questo, ebbe torto.
“È difficile credere che in tempi ancora alla portata della memoria di chi è ancora vivo oggi, la gente potesse essere così consumata dall’odio – dall’antisemitismo, dall’omofobia, dalla xenofobia e da altri pregiudizi assassini – da far sì che le camere a gas e i crematori diventassero parte del paesaggio europeo tanto quanto le gallerie d’arte e le università e le sale da concerto che avevano contraddistinto la civiltà europea per secoli. […] Così, per conto del governo britannico, e di tutti coloro che vivono liberi grazie al lavoro di Alan, sono orgoglioso di dire: ci dispiace, avresti meritato di meglio”
Con queste parole nel 2009 Gordon Brown aveva ricordato Turing, facendo pensare alla possibilità di un simbolico ma significativo perdono postumo.
Poco tempo dopo son state raccolte oltre 23mila firme per chiedere che la persona di Alan Turing fosse totalmente riabilitata.
Ma, nel febbraio scorso, il ministro della giustizia McNally ha ufficialmente respinto la richiesta dichiarando: “È una tragedia che Turing sia stato condanno in un modo che a noi appare così crudele e assurdo, soprattutto se si considera il suo decisivo apporto alla vittoria in guerra. Nonostante tutto, però, le leggi dell’epoca prevedevano che fosse condannato e la posizione ufficiale è quella di accettare tali condanne e senza voler alterare il contesto storico e porre rimedio a quanto, in realtà, non può essere rimediato, fare in modo che non si torni più a tali tempi.”.
Insomma Turing continua, nonostante tutto, a dover mangiare la sua mela avvelenata.
Forse ci vorrà, per la sua riabilitazione, lo stesso tempo impiegato dalla chiesa per riabilitare Galileo Galilei.

Carlo Di Stanislao

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