Spending review: tiro al bersaglio sui dipendenti pubblici

I dipendenti pubblici sopravissuti (ormai ne restano solo 3 milioni compresi i dipendenti del SSN, della scuola, delle forze dell’ordine, degli enti locali etc.) sono di nuovo in prima linea a sostenere i tagli del Governo. Per loro nuove regole e leggi speciali malgrado la consistenza numerica e le loro retribuzioni siano le più basse […]

I dipendenti pubblici sopravissuti (ormai ne restano solo 3 milioni compresi i dipendenti del SSN, della scuola, delle forze dell’ordine, degli enti locali etc.) sono di nuovo in prima linea a sostenere i tagli del Governo. Per loro nuove regole e leggi speciali malgrado la consistenza numerica e le loro retribuzioni siano le più basse d’Europa. Il che evidentemente non è noto ai professori. Questo il commento della COSMED, la Confederazione dei medici e dirigenti sanitari, alle misure sul pubblico impiego contenute, stando alle anticipazioni di stampa, nel decreto sulla spending review. Si parla di blocco delle retribuzioni quando queste sono già congelate con la legge 122/2010 dal 2009 fino al 2013 con la soppressione di un intero rinnovo contrattuale. Si parla di blocco del turnover che già esiste da anni tant’è che in quattro anni si sono persi 300.000 posti di lavoro nel settore pubblico. Si minacciano mobilità selvagge e tagli delle tredicesime, cassa integrazione e licenziamenti. Nella maniacale ricerca su come tagliare i diritti e le retribuzioni dei dipendenti pubblici ci si spinge nei particolari più minuti: dal buono mensa, al pagamento delle ferie non godute. Dopo il sequestro delle liquidazioni fino a 51 mesi dei dipendenti pubblici si ipotizzano altri differimenti di pagamenti. Siamo poi al paradosso: il Governo pare aver capito che la brutale riforma pensionistica, che ha discriminato i dipendenti pubblici rispetto ai privati, risulta di inciampo per la loro eliminazione fisica. Di pari passo vanno i tagli ai servizi dei cittadini in particolare per sanità servizi locali e scuola. Se si vuole privatizzare sanità e servizi pubblici lo si dica apertamente senza procedere al progressivo strangolamento sul personale e sulle risorse. Si va verso la chiusura di migliaia di posti letto, nonostante l’ISTAT abbia certificato una drammatica carenza di posti rispetto alla media europea. La distruzione dello stato sociale non si può conciliare con la cosiddetta “crescita”. In questo modo crescono solo il malcontento e il disagio sociale. La mobilitazione della COSMED non ha alternative per invertire una deriva iniqua e distruttiva.

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