Tragedie

Ieri tragedia sul Monte Maudit, la terza vetta piu’ alta del massiccio del Monte Bianco, sul versante francese, con una valanga che ha travolto una trentina di alpinisti europei e un bilancio definitivo di nove morti e 11 feriti. L’incidente e’ avvenuto a 4mila metri di altitudine, sul lato nord del massiccio “maledetto” (maudit, appunto, […]

Ieri tragedia sul Monte Maudit, la terza vetta piu’ alta del massiccio del Monte Bianco, sul versante francese, con una valanga che ha travolto una trentina di alpinisti europei e un bilancio definitivo di nove morti e 11 feriti.
L’incidente e’ avvenuto a 4mila metri di altitudine, sul lato nord del massiccio “maledetto” (maudit, appunto, in francese), lungo una delle vie piu’ battute dagli escursionisti.
La slavina, secondo una prima ricostruzione del prefetto dell’Alta Savoia, si e’ formata dal distacco di una placca “spessa 40 centimetri” e per il colonnello Francois Bertrand, potrebbe essere stato proprio uno degli alpinisti a staccare il blocco di neve.
Nella zona, tuttavia, a quell’ora del mattino (l’allarme è stato dato da uno dei sopravvissuti alla 5,45), tirava un forte vento e, secondo Oscar Taiola, veterano delle guide valdostane, la valanga può essere stata causata da un seracco, ovvero da un blocco di ghiaccio, che, staccandosi,avrebbe provocato una slavina larga piu’ di 150 metri.
Sempre ieri, in Siria, nuovo massacro di civili con, secondo gli attivisti anti-regime, oltre 200 persone, in gran parte civili inermi, uccise dall’esercito fedele al presidente Bashar al Assad nel villaggio di Treimsa, nella martoriata regione di Hama.
I Fratelli Musulmani accusano l’inviato di Onu e Lega Araba, Kofi Annan, Mosca e Teheran di essere responsabili, insieme al regime siriano, della strage.
”Non riteniamo il mostro Bashar al-Assad il solo responsabile di questo grave crimine – si legge in un comunicato – Lo sono anche Kofi Annan, i russi e gli iraniani e tutti i Paesi che pretendono di essere i guardiani della pace e della stabilità nel mondo e, invece, restano in silenzio”.
Dal canto suo il regime di Assad ha accusato quelli che definisce “terroristi” di aver causato la strage di Tremseh.
“E’ stata la popolazione del villaggio di Tremseh a chiedere l’intervento dell’esercito per la presenza di terroristi nel loro villaggio. Dopo l’arrivo dei militari ci sono stati nel villaggio violenti scontri a fuoco che hanno provocato la morte di decine di miliziani – ha spiegato una fonte alla tv satellitare ‘al-Maiadin’ – sono state sequestrate anche molte armi e tre militari dell’esercito sono morti, mentre altri sono rimasti feriti.
Tra le armi sequestrate ci sono alcune di fabbricazione americana e israeliana. Abbiamo anche arrestato 40 miliziani, alcuni dei quali avevano aperto il fuoco con forza contro la popolazione locale”.
Invece, secondo quanto denunciato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede in Gran Bretagna, le truppe siriane hanno bombardato con carri armati ed elicotteri il villaggio di Tremseh, uccidendo almeno 200 persone. Intanto gli attivisti siriani hanno diffuso su ‘Youtube’ un video che mostra decine di cadaveri, tutti di uomini giovani e alcuni dei quali con la barba lunga, sostenendo che si tratta delle vittime della strage di Tremseh.
Stamani, infine, l’ultima tragedia, di diversa natura ma non meno grave, con Moody’s che sforbicia ancora e stavolta declassa di due notch il rating sovrano dell’Italia, portandolo a ‘Baa2’ da ‘A3’, appena due gradini sopra il livello cosiddetto ‘junk, cioè spazzatura.
Inoltre, l’outlook sul rating italiano è stato mantenuto negativo, perché – rispetto a cinque mesi fa quando l’agenzia di rating aveva dato la sua ultima valutazione – è diventato più probabile che l’Italia sperimenti un ulteriore netto incremento dei costi di finanziamento, a causa di un clima di fiducia sempre più debole sul mercato, del rischio di contagio proveniente da Grecia e Spagna e dalla progressiva erosione della base di investitori non domestici.
E anche se, nel suo documento, l’agenzia parla di “forte impegno” dell’attuale governo sul fronte delle riforme strutturali e del consolidamento fiscale, che ha finora mitigato le pressioni al ribasso sui rating italiani, si dice che “’l’outlook economico a breve termine dell’Italia è prevedibilmente negativo, come si evidenzia dalla crescita più debole e dalla disoccupazione più alta, cosa che crea un rischio di fallimento nel raggiungimento dei target fiscali”.
Le prime notizie del taglio sono arrivate nella notte, mentre il premier Mario Monti atterrava in Idaho, Stati Uniti, per recarsi alla Allen Conference di Sun Valley, dove sono riuniti molti big della finanza e del mondo dei media Usa.
Lì il premier – che interverrà nelle prossime ore intervistato (a porte chiuse) dal noto anchorman della Cbs, Charlie Rose, ha come obiettivo principale quello di convincere ad investire in Italia.
Obbiettivo che si fa, a questo punto, più lontano, evanescente e difficile.
E, naturalmente, il declassamento ha subito causato strascichi negativi, con il differenziale di rendimento tra i Btp decennali e Bund tedeschi ampliato in avvio di borsa fino a 481 punti base, contro i 466 della chiusura di ieri e Piazza affari in leggero rialzo in avvio, ma che poi infila la via del ribasso, con note che assomigliano ad una vera e propria caduta.
Forse gli analisti di Moody’s pensavano al “percorso di guerra” citato ieri dallo stesso Monti o forse hanno ben chiari in testa i problemi di un Paese in recessione, in cui aumenta costantemente il peso dell’austerity e delle riforme, che porta le forze politiche a frenare, in qualche modo, l’azione del governo, con una recessione che incombe e fa sì che raggiungere gli obiettivi di risanamento dei conti resti ancora una enorme sfida, con il pareggio già slittato di due anni.
Ed è tragico pensare, in tutto questo, a Berlusconi che vuole ritornare in politica, con, per nuovo simbolo, un aquilone tricolore, in modo da poter giocare la prossima campagna elettorale facendo leva su uno spirito fortemente patriottico, che lo avrebbe indotto a prendere in esame anche alcuni simboli di partiti nazionalisti europei.
E non meno tragico (o tragico comico), pensare al Pd che, domani, avrebbe dovuto portare a termine una assemblea nazionale nella quale celebrare l’accordo sulla legge elettorale, annunciare le nuove regole per le primarie e presentare il documento del comitato sui diritti presieduto da Rosy Bindi.
Invece, dell’intesa sulla legge elettorale non c’è ancora traccia e le regole sulle primarie saranno rinviate a settembre.
Così, invece di occuparsi di regole precise, a tenere banco, nella sinistra, resta l’irritazione di Pier Luigi Bersani per l’incontro dell’altra sera a Palazzo Chigi che ha sbloccato l’impasse sulla presidenza Rai. “Mentre la gente sta vivendo i problemi che abbiamo, ho visto che l’intero gruppo dirigente del Pdl è stato ricevuto a Palazzo Chigi per discutere di Rai. Se il Pdl ritiene di essere il padrone della Rai, vorrà dire che il canone lo pagherà lui”.
Parole sacrosante se anche lui, nel pensarle e pronunciarle, non si stesse distraendo da problemi di ben altra portata.
E distratti sono anche gli altri membri del Pd, agitati sul fronte interno dal documento sui diritti, che chiede l’approvazione di una legge per la regolarizzazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, senza equipararle al matrimonio.
Un pò poco come piatto forte in una situazione nazionale tanto difficile.
Sicché, a mettere sale sarà i la lettera dei 15 parlamentari Pd che hanno chiesto che i democratici facciano propria l’agenda del governo Monti: “perché il partito che approva il fiscal compact — ragiona uno di loro, il senatore Stefano Ceccanti — deve porsi il problema della continuità nella prossima legislatura”.
È una posizione lontana da quella dei ‘giovani turchi’ Stefano Fassina e Matteo Orfini, ma anche da quella maggioritaria del segretario Pier Luigi Bersani.
Più disponibile la componente vicina a Matteo Renzi, contrario ad un ‘Monti 2’ (ha detto a tal proposito: “Se vuole guidare il governo si deve presentare alle elezioni e prendere i voti. In una democrazia è così”,), definita aperturista sul documento dei 15, intravedendo in esso elementi di continuità con il suo “Lingotto”, liquidato da quasi tutti quelli che nel Pd contano, come “istanze di destra”.
Come, alcuni giorni fa, scriveva su l’Unità Giuseppe Provenzano, mettiamola così: poiché il futuro non esiste, ma esiste l’immaginazione del futuro e persino la curiosità di scoprirlo in un baleno, o piuttosto la volontà di costruirlo cambiando lo stato delle cose, speriamo che qualcuno fra quelli che contano, in Italia, si accorga che il futuro si immagina ragionando su fatti concreti e con serietà.
Altrimenti sarà una tragedia.

Carlo Di Stanislao

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