Vittorie sbiadite

Certo fa piacere la vittoria di un pilota spagnolo (Alonzo) a bordo di una macchina italiana (Ferrari), nel circuito tedesco di Hockenheim: una vittoria simbolica come quella agli europei di calcio, ma che sbiadisce di fronte ai problemi che attraversano la Spagna e l’Italia, emblemi di una crisi europea che non muta, nonostante le cure […]

Certo fa piacere la vittoria di un pilota spagnolo (Alonzo) a bordo di una macchina italiana (Ferrari), nel circuito tedesco di Hockenheim: una vittoria simbolica come quella agli europei di calcio, ma che sbiadisce di fronte ai problemi che attraversano la Spagna e l’Italia, emblemi di una crisi europea che non muta, nonostante le cure da cavallo erogate negli ultimi mesi.
Grazie a una gara perfetta alla guida e ai box, Fernando Alonso cala il tris in Germania, portandosi a casa una vittoria di forza e allungando in testa al Mondiale sul duo della Red Bull.
Una cosa stupenda ed una gioia per i “poveri” d’Europa, in casa della “ricca” ed “austera” Germania, ma che sfuma in pochi istanti, pensando alla riapertura dei mercati finanziari, dopo l’ennesimo venerdì nero per le piazze di Madrid e Milano, con i nuvoloni (non solo atmosferici) che di certo non si sono diradati, anzi.
Da Berlino nella giornata di ieri sono state fatte filtrare indiscrezioni che, se confermate, non potranno che alimentare la tempesta. Secondo il settimanale Der Spiegel, che cita non meglio identificate “fonti ufficiali” Ue, il Fondo monetario internazionale sarebbe intenzionato a bloccare gli aiuti alla Grecia così da spingere il Paese a un possibile default nel prossimo mese di settembre.
E anche se, ufficialmente, Berlino prende le distanze e Draghi interviene sulla ineluttabilità dell’Euro, l’incertezza cresce negli investitori e nei cittadini, con Olanda e Finlandia che cominciano ad allinearsi alla Germania circa l’insofferenza degli aiuti da dare ai paesi meno virtuosi e clima sempre più teso, con Paesi periferici sotto attacco speculazione.
I mercati difficilmente si accontenteranno delle dichiarazioni, per quanto importanti, del presidente della Bce, Mario Draghi, sull’”irreversibilità” della moneta unica.
In Spagna la situazione resta problematica: le regioni a rischio default sono diventate sei, la gente continua a scendere numerosa in piazza per protestare contro i piani lacrime e sangue che Rajoy è intenzionato a portare avanti, in cambio dei 100 miliardi di euro a cui l’Ue ha dato il via libera venerdì scorso per il salvataggio delle banche.
Come se non bastasse sono arrivate nel fine settimana anche le dichiarazioni del vice cancelliere tedesco, Philippe Roesler, che riferendosi ad Atene ha detto: “probabilmente non sarà in grado di adempiere alle condizioni della Troika”. E ha aggiunto: “Per me un’uscita della Grecia dall’Euro già da tempo non è più uno spauracchio”. Intanto domani la Troika torna ad Atene.
E in questo scenario sempre più incerto per l’Europa periferica arriva una nuova doccia fredda per la Spagna a i mercati. Dopo la regione di Valencia anche la Murcia potrebbe essere costretta a ricorrere agli aiuti del Governo per non fallire.
E, in Italia, si parla di elezioni a novembre, con sei mesi di campagna elettorale che renderebbero ancora più fragile il nostro Paese, mentre i di Bankitalia ci dicono che, lungi dal riprenderci, abbiamo un crescente rischio occupazione, con 8 giovani su 10, dei pochi fortunati che troveranno lavoro nel 2013, che avranno solo contratti a tempo determinato.
Le incertezze politiche interne, l’insolvenza greca e le difficoltà di Madrid, sono le cause che rendono incerto il nostro presente e opaco il nostro futuro.
Come ricordavamo, venerdì le Borse di Madrid e di Milano si sono inabissate, mentre gli spread hanno preso il volo: i Bonos sono arrivati a un differenziale con i Bund pari a 610 punti base, i nostri Btp sono tornati a quota 500.
Naturalmente i rendimenti sono schizzati in alto: 7,2% per i titoli spagnoli, 6,1% per quelli italiani.
Livelli che certamente non potranno essere sostenuti per lungo tempo. E, per questo, sono test importanti le aste che si terranno nei prossimi giorni., in base alle quali si capirà se c’è chi ancora è disposto a investire in questi paese e a quali rendimenti.
La Spagna partirà oggi con un’offerta di titoli a breve (tre e sei mesi) per circa 3,5 miliardi di euro, mentre il 2 agosto ha in calendario l’emissione di Bonos a 3 e 5 anni per circa tre miliardi.
L’Italia ha in programma ben tre appuntamenti nei prossimi giorni: giovedì, venerdì e poi ancora lunedì 30 luglio, con , tra titoli a breve e medio termine, il Tesoro che punta a raccogliere 18 miliardi di euro.
E le prime notizie di stamani dalle borse non sono acquietanti. In apertura, lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti vola a 517 punti per un rendimento del 6,32% e differenziale calcolato sui Bonos spagnoli ha aggiornato il massimo storico a 626 punti per un tasso record del 7,45%.
L’euro apre in calo sotto quota 1,21 dollari, per i timori delle crisi del debito europeo e della Spagna ed è la prima volta dal giugno del 2010 che la moneta unica scende sotto questo livello.
La moneta europea passa di mano a 1,2090 dollari. Euro/yen a 94,29 e dollaro/yen a 78,00.
E la crisi si allarga con la Borsa di Tokio che ha chiuso con un cedimento dello 1,86% e ai minimi delle ultime 6 settimane.
L’indice Nikkei ha subito la perdita più forte dell’ultimo mese e mezzo e si e’ attestato a quota 8.508,32. L’indice Topix, all’undicesima seduta negativa nelle ultime 12, ha ceduto l’1,79% arrivando a quota 720,62.
“L’economia mondiale, ma anche l’economia europea e’ in una situazione complessa, dentro l’eurozona i problemi non mancano. Tutto questo impegna l’Italia in un’azione di consolidamento di bilancio e di riforme strutturali e noi pensiamo che sia particolarmente importante in questa fase sviluppare anche le relazioni economiche con partenariati strategici e in questo senso il rapporto con la Russia e’ per noi di primaria importanza”.
Questo ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti nella sua dichiarazione, trasmessa da Sky Tg 24, al termine dell’incontro a Mosca con il Primo ministro della Federazione Russa, Dimitri Medvedev e prima di vedere il presidente Vladimir Putin, nella dacia di quest’ultimo, sul Mar Nero.
Certo, come ha scritto l’altro ieri l’agenzia Russa Interfax, le relazioni economiche e commerciali fra Italia e Russia sono in crescita malgrado la crisi e certo Monti ha dalla sua anche la componente religiosa del grande Paese (lo dimostra il clima dell’incontro con il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill); ma tutto questo non basta per le necessità della nostra Nazione.
Ciò che preoccupata, soprattutto, è la consapevolezza di una tutta italiana incertezza politica (elezioni sì ed elezioni no; riforma e quale del sistema elettorale, ecc.) e quella che il cosiddetto fondo Salva Stati, cui l’Italia partecipa con una quota assai consistente e al quale Monti per ora non intende ricorrere, non potrà essere utilizzato dai Paesi che ne hanno urgente bisogno.
Per la presenza di due ostacoli.
Primo, perché pendono alcuni ricorsi davanti alla corte Costituzionale tedesca, che si riunirà il 12 settembre prossimo; il secondo è che la Merkel non vuol sentire parlare di aiutare chicchessia senza alcun controllo preventivo sullo stato economico dei possibili richiedenti.
Le immagini dei telegiornali che aprono con gli scontri fra i dimostranti e polizia a Madrid ricordano quelle che abbiamo visto scorrere ad Atene qualche mese fa. Sembra si stiano manifestando i prodromi di una situazione fuori controllo.

Stando così le cose, sarà difficile scongiurare un’ondata speculativa che investirà ancora più pesantemente la Spagna e l’Italia, con una l’Eurozona, probabilmente, del tutto impreparata.
E agosto, come ripetono tutti, è il mese più insidioso; come è capitato lo scorso anno, in cui si è toccato il punto più acuto della crisi economica, desta ulteriore allarme. P
Per questa ragione il nostro governo ha voluto presentarsi, all’incontro dell’Eurogruppo del 20 luglio, con i provvedimenti, già passati al Senato, definitivamente approvati.
Noi, come sempre, i “compiti a casa” continuiamo a farli con scrupolo.
Ma questo importa poco se poi, sottoposti ad un vertice europeo, ritenuto decisivo e celebrato come un grande successo politico per l’Italia, nel giro di pochi giorni arriva il declassamento del nostro debito sovrano da parte di Moody’s, cui fa seguito dopo una settimana il taglio del rating di dodici banche, dieci società e aziende importanti, come le Poste e la Acea, ventitré istituzioni fra enti locali e regioni del peso di Lombardia e Lazio. Poco importa se vengono compiuti sforzi estremi di risanamento, da tutti apprezzati. Malgrado tutto, il rischio di perdere l’accesso al mercato è concreto.
Tanto per rendere il nostro clima interiore più cupo, nella notte fra sabato e domenica, nuovi, violentissimo scontri in Val di Susa, fra No Tav e forze dell’ordine chiamate a difendere i cantieri della futura linea Torino-Lione, che ha provocato diversi feriti, fra le forze dell’ordine fra cui che il capo della Digos di Torino Giuseppe Petronzi, e una ferma di presa di posizione del ministro dell’Interno che ha dichiarato che “quel che è successo la notte scorsa in Valle di Susa non è una manifestazione di dissenso. E’ violenza. Violenza allo stato puro che non ha nulla a che fare con i problemi della costruzione della linea ferroviaria”. Cancellieri, “indignata” e solidale con le forze dell’ordine che fra i feriti della notte, ha parlato nel pomeriggio di ieri, quando l’ordine pubblico era ormai ristabilito e il traffico tornato regolare, con l’autostrada Torino-Bardonecchia riaperta e funzionante in entrambe le direzioni.
Ma lo stop all’escalation delle violenze non ha bloccato la riflessione della politica, che e in modo trasversale ha manifestato solidarietà alle forze dell’ordine e condanna per l’accaduto.
Il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Mario Ciaccia si è sentito telefonicamente con il questore di Torino per manifestare la vicinanza sua personale, del ministro Corrado Passera e dell’esecutivo al personale delle forze dell’ordine.
Da Bersani a Gasparri, e da Di Pietro a Casini, il mondo della politica si è fatto sentire per dire “basta alla violenza”.”Non si può più lasciare sotto silenzio sul piano politico – ha affermato il segretario del Pd Pier Luigi Bersani – ciò che accade in Valle di Susa. E’ tempo che la politica affronti e denunci questo problema, suscitando una presa di coscienza collettiva e una vigorosa reazione”. Di “violenza organizzata ed eversione squadrista” ha parlato il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, che non ha rinunciato a polemizzare sostenendo che “soltanto adesso a sinistra si accorgono che c’é qualcosa che non va”. E anche il vicepresidente dei deputati Pdl Osvaldo Napoli, originario delle valli piemontesi, chiedendo “dov’era Bersani negli ultimi 20 anni” ha invitato il segretario del Pd a compiere “una revisione storica del movimento No Tav” e “una assunzione di consapevolezza” per le presunte responsabilità passate del suo partito. Una condanna dell’accaduto “senza se e senza ma” è giunta dal leader dell’Idv Antonio Di Pietro, che ha invitato a “riportare il confronto nell’alveo democratico e in una dialettica civile”. “La condanna – gli ha fatto eco sul suo profilo twitter il leader Udc Pier Ferdinando Casini – sia ferma. Le violenze dei No Tav trovano legittimazione nelle prediche di troppi cattivi maestri”.
E anche dal fronte No Tav di Sel, la consigliera regionale piemontese Monica Cerutti, esponente della segreteria nazionale del partito di Vendola, ha sottolineato che “la violenza danneggia chi dissente pacificamente dall’opera”. Perfino Alberto Perino, leader del movimento contro il supertreno, ha ammesso: “mi dispiace che il capo della Digos sia rimasto ferito”. Ma “se vogliono sgomberare il campeggio di Chiomonte (base logistica in quota per le scorribande del movimento, ndr) – ha detto – facciano pure, tanto lo ricostruiremo in un altro posto”.
Tradurre in possibili azioni le parole è il compito che si sono assunte le istituzioni locali e il sindacato di polizia Sap, che pur con sfumature diverse hanno tutti chiesto un rinforzo di uomini e mezzi in Valle di Susa. Il governatore del Piemonte, Roberto Cota, ha esortato a cacciare dalle valli olimpiche protagoniste dei Giochi Invernali di Torino 2006 “i turisti della violenza”.
Il sindaco di Torino, Piero Fassino, ha esortato a “non sottovalutare la gravità dell’accaduto” e ha chiesto all’esecutivo Monti di “garantire un dispiegamento adeguato di forze dell’ordine”. Il presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, ha domandato al ministro Cancellieri di “mandare rinforzi ai nostri agenti, che si trovano ad affrontare avversari addestrati”.
E il segretario generale del Sap Nicola Tanzi, intervistato a Radio 24, ha invitato il Governo ad “avere coraggio e inviare l’esercito”.
Va comunque ricordato che, lo scorso 12 luglio, il governo francese aveva detto che la Torino-Lione ha ”un’importanza maggiore”, ma la prosecuzione dell’opera avrebbe bisogno di maggiore finanziamenti Ue. Un’ipotesi scartata il giorno dopo dal commissario ai Trasporti Siim Kallas, che aveva detto cge quello dell’alta velocità Torino-Lione è “anzitutto un progetto franco-italiano e i fondi devono arrivare soprattutto da Italia e Francia, il ruolo della Commissione europea può essere veramente modesto”. “Se i Paesi membri ci danno molti più soldi per le infrastrutture per i trasporti, lo possiamo prendere in considerazione – ha detto Kallas con una battuta, riferendosi alla richiesta francese – ma non possiamo distribuire soldi che non abbiamo”.
Il giorno dopo, rettifica dell’Eliseo e dichiarazioni forti del ministro Passera, che disse, durante un suo intervento all’Assemblea dell’Ance: “Ho appena parlato col ministro francese – afferma Passera – e non c’è in nessuna delle loro ipotesi alcuna modifica agli impegni già presi a livello nazionale quindi il progetto Torino-Lione così importante della rete dei corridoi europei è totalmente confermato sia da parte nostra che da parte del governo francese”.
Comunque sul rapporto costo/beneficio della Tav Torino-Lione, in un momento in cui gli scambi su rotaia sono fortemente ridotti, presenta non pochi punti oscuri.
Come oscure sono le ricadute economiche di una linea che, secondo alcuni, oggi non ha più senso immaginare.
Il 14 luglio, su Il Fatto Quotidiano, Paolo Balocco riportava le dichiarazioni di Sandro Plano, presidente della Comunità Montana Val Susa e val Sangone, a commento dell’espulsione dal PD degli amministratori che si sono schierati in campagna elettorale contro l’opera inutile, affermando, in parte ha ragione, che “il partito è ossessionato dall’opera (la TAV).
E, sosteneva con molte ragioni il giornalista del Fatto, che, mentre dietro alle spinte del Pdl vi sono interessi singoli ed economici, dietro al sì del Pd vi sono forze non indifferenti che chiedono a gran voce di fare o non fare certe scelte.
Succedeva già nel vecchio Partito Comunista, con tutto che ruotava intorno ad interessi privati legati all’asse PCI – PSI.
Esemplare è la circostanza che vede il rappresentante PD Stefano Esposito autore autore dell’unico del libro a favore dell’opera; quello Stefano Esposito che, appena saputo che la Francia potrebbe rinunciare all’opera inutile, ha scritto nel suo blog: “si verifichi subito le fondatezza delle notizie riportate dalla stampa francese”, esprimendo più che un stato di malessere, un vero e proprio malore.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *