Mai gioie piene

Non riusciamo a gioire neanche nel giorno dello spread in riduzione, che ridiscende sotto 500, con interessi sui titoli di stato poco sopra il 6% e Milano che si impenna, chiudendo la seduta con un balzo del 5,62%. Non possiamo gioire anche se Draghi dichiara, dopo la richiesta congiunta di Spagna e Francia, sostenuta anche […]

Non riusciamo a gioire neanche nel giorno dello spread in riduzione, che ridiscende sotto 500, con interessi sui titoli di stato poco sopra il 6% e Milano che si impenna, chiudendo la seduta con un balzo del 5,62%. Non possiamo gioire anche se Draghi dichiara, dopo la richiesta congiunta di Spagna e Francia, sostenuta anche da Monti, che la Bce ha attivato tutte le procedure di intervento rapito a tutela dell’Euro ed aggiunge che l’area euro è più forte di quanto non gli venga riconosciuto, affermando che: “n egli ultimi sei mesi l’area euro ha mostrato progressi straordinari” e ancora che: “stanno funzionando meglio che in passato”.

Certo le sue parole sollevano, fanno schizzare le Borse e sprofondare lo spread e determinano a proseguire nell’azione di governo.

E certo dovrebbe rallegrarci il fatto che Mario Monti,nel giorno in cui la Bce scende con forza in campo a difesa della stabilità dell’euro, rassicuri sul  fatto che non intende chiedere altri sacrifici, anche perché il temuto “agosto caldo” non sembra preoccuparlo più di tanto.

Ed anche stamani lo spread, in apertura, scende ancora: con un differenziale sotto 460 e titoli tutti in salita.

Ma non c’è pace per noi italiani e per la nostra tranquillità, dal momento che si legge che un ordine di sequestro mette in forse i lavoratori dell’Ilva, il siderurgico più grande d’Europa, che da lavoro e sostiene l’economia dell’intera area tarantina e che, secondo il giudice, è sempre stato gestito “con totale  noncuranza dei gravissimi danni provocati”, con un impatto “devastante” sull’ambiente e sui cittadini e lo sviluppo di un inquinamento che “ancora oggi” provoca disastri nelle aree più vicine allo stabilimento.

Nelle circa 600 pagine che compongono i due provvedimenti cautelari (di sequestro dello stabilimento e di arresto per 8 dirigenti) il gip fa a pezzi tutti coloro che nei decenni hanno guidato l’impianto siderurgico.

E, soprattutto, afferma che lo stop alle acciaierie deve essere immediato “a doverosa tutela di beni di rango costituzionale” come la salute e la vita umana “che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta”.

Da ieri i lavoratori del siderurgico sono in sciopero e, in una nota, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, preannunciando per oggi assemblee per attivare le iniziative a tutela del lavoro, scrivono: “la drammatica situazione occupazionale dell’Ilva di Taranto, che rischia di compromettere anche gli altri siti di Genova e Novi Ligure, e’ oggetto di grande preoccupazione per tutto il sindacato italiano”.

Di fronte alla gravità della situazione, con devastanti ricadute occupazioni, è intervenuto immediatamente il governo, per firmare un protocollo d’intesa con Regione ed Enti Locali, al fine di impegnare risorse pubbliche per la bonifica e il riassetto del territorio sull’intera area tarantina.

Ma, come scrive la triplice, occorre anche un impegno della proprietà,  ad investire risorse adeguate per la messa a norma degli impianti, dimostrando così la volontà di superare con azioni concrete il provvedimento emesso dalla Magistratura e dando così sostegno e forza al ricorso in Tribunale del riesame del provvedimento.

Ieri mattina si è svolta l’assemblea, già convocata in precedenza, tra gli operai dello stabilimento siderurgico ed i rappresentanti nazionali dei metalmeccanici di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil,  che hanno di nuovo assicurato il loro impegno affinché il governo centrale mantenga alta l’attenzione sulla situazione dei circa 12mila operai che rischiano il posto di lavoro.

L’invito è stato quello a rimanere uniti. Gli operai, che già da ieri hanno bloccato la statale 7 Appia, (prolungamento della statale 100 per Bari), oggi stazionano davanti all’ingresso principale dello stabilimento, quello nei pressi della direzione e sono intenzionati ad attivare presidi e blocchi a seconda del turno sulla via per Statte, sulla statale 106 jonica per Reggio Calabria, in città sul ponte girevole e sulla strada per San Giorgio.

Intanto il prefetto Claudio Sammartino ha convocato nuovamente per stamane i sindacati nella sede del palazzo di governo.

Questa mattina è prevista anche la conferenza stampa del procuratore capo di Taranto Franco Sebastio,  per chiarire alcuni aspetti de provvedimento che, oltre a sequestrare gli impianti, ha sottoposto agli arresti domiciliari otto dirigenti dell’Ilva.

E, ancora e in altri luoghi, non si può gioire quando, anche nel nostro Abruzzo in forte ambascia in quanto a  crescita ed occupazione, il gruppo Micron, nella centra di Confindustria, a Monza, annuncia a sorpresa (sempre ieri), che per il fab di Avezzano, la multinazioonale avrebbe deciso di procedere ad una nuova cessione di ramo di azienda,  al fine di liberare lo stabilimento e renderlo appetibile per una sua vendita o una partnership.

I sindacati naturalmente protestano,  ma intanto i lavoratori tremano, anche dopo l’altro annuncio della direzione aziendale di Micron Italia Tech, che h deciso di effettuare la ferma dello stabilimento dal 13 al 20 agosto, periodo anomali in quanto generalmente di forte produzione.

La cessione riguarderebbe 90 dipendenti, un numero enorme se si considera l’area su cui insiste.

Sono in molti, sul web e nelle cronache locali, che commentano la doppia notizia, affermando che, leggendo le poche righe della nota dell’azienda,  sembra  che per lo stabilimento marsicano, dove sono impiegate 1800 persone, la strada intrapresa sia quello della vendita.

Dopo che il 3 luglio la Micron Technology aveva acquisito Elpida Memory, con una operazione da  2,5 miliardi di dollari, volta a creare un nuovo fortissimo attore sulla scena della produzione di memorie (DRAM, ROM, NOR, ecc.); si pensava che  lo stabilimento marsicano fosse al sicuro.

Ma, come si vede, da noi, in ogni luogo e soprattutto a Sud, davvero “non c’è pace fra gli ulivi”.

Sempre all’inizio di questo mese,   due delle maggiori fabbriche abruzzesi hanno manifestato venti di crisi. La Pilkington di San Salvo, seconda azienda abruzzese per numero di occupati (1700 dipendenti), ha annunciato esuberi per circa un terzo della manodopera.

E se ad essi si aggiungono i 300 interinali ai quali non viene rinnovato il contratto a tempo determinato, abbiamo la dimensione drammatica del problema.

Contemporaneamente la Honda, la fabbrica del Sangro con 700 dipendenti e circa 1500 nell’indotto, ha annunciato un esubero di 303 dipendenti,  ai quali se ne aggiungono varie centinaia nell’indotto.

l senatore abruzzese del Partito Democratico Giovanni Legnini, il 5 luglio, ha scritto che:  “L’Abruzzo ha il diritto ed il dovere di reagire subito con forza e determinazione, perché aziende come Honda, Pilkington, Burgo e le tante altre che già sono entrate nella fase di crisi, trovino le ragioni e la convinzione di restare nella nostra regione, mantenere i livelli occupazionali e tornare ad investire”.

E consigliato di partire subito dalla proposta di Camillo d’Alessandro sul Consiglio regionale straordinario e la rimodulazione dei Fas, chiedendo con forza di ricorrere al nuovo strumento previsto nel decreto Passera (numero 83 del 22 giugno 2012), titolato, appunto:  “Piano di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa”.

Non è stato ascoltato, come inascoltato il suo appello di ricorrere alle risorse per il credito alle piccole e medie imprese, che senza l’ossigeno del credito bancario rischiano di aggiungersi alla lunga catena di crisi silenziose.

José Jiménez Lozano, nei suoi romanzi di taglio fortemente orale, scritti nel linguaggio caldo e corporeo della gente umile, La salamandra (1973), Duelo en la Casa Grande (1982), La boda de Ángela (1993), Teorema de Pitágoras (1995), Las sandalias de plata (1996), Los compañeros (1997), Ronda de noche (1998), Las señoras (1999) e Un hombre en la raya (2000), in cui si mescolano dolore e speranza, miseria e consolazione, risentimento e pietà;  ci ricorda che mai gli umili e non garantiti, possono gioire, neanche quando tutti gli altri lo fanno.

Ha un bel dire Alessandro Baricco: “Aveva la bellezza di cui solo i vinti sono capaci. E la limpidezza delle cose deboli. E la solitudine, perfetta, di ciò che si è perduto.” Ad essere eternamente umiliati e vinti, i si finisce per rinunciare interamente alla gioia e alla vita.

Nell’immaginario di molti italiani, non solo del settentrione, il Mezzogiorno è qualcosa di simile a ciò che di Napoli diceva Benedetto Croce: “un paradiso abitato da diavoli”.

L’attualità ci racconta di emergenza rifiuti, di malavita, di regioni intere che non riescono a scrollarsi di dosso secoli di arretratezza economica e rimangono al di sotto della media nazionale in molte classifiche.

Ma, leggendo Marcello Veneziani (“Sud”) e Pino Aprile (“Giù al Sud. Perché i terroni salveranno l’Italia),  la massima crociana andrebbe rovesciata: il Sud è un inferno, abitato da persone che spesso si salvano nella loro singolare umanità, lasciate sole come comunità ed abbandonate da tutti e da chiunque.

Mentre tutti guardano al Nord, ricco e potente, alle loro spalle, al Sud, cerca di nasscere l’Italia di domani, un’Italia migliore, più solidale ed umana, ma che ha bisogno di essere aiutata.

Arrigo Petacco, in una intervista rilasciata il 27 aprile 2010 dichiarò che il Regno delle Due Sicilie era, nel 1860, lo stato più ricco ed evoluto della Penisola e non solo, ma che la supposta eroica resistenza degli studenti toscani a Curtatone e Montanara, fu invece effettuata  da un reparto napoletano,  che resistette eroicamentre impedendo così l’accerchiamento dell’esercito di Carlo Alberto.

Due fatti, fra i tanti, ignorati dal Nord e che lasciano il Sud, in momenti di crisi, nella più profonda delle disperazioni.

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