Cattive notizie

Non servono le rassicurazioni di Monti e il + 6 di Piazza Affari di ieri: l’Italia si sente in crisi e l’italiano medio fortemente minacciato. Così, anche se il caldo è impietoso e l’atmosfera rovente, siamo costretti a  boccheggiare in città e, in questo agosto, si segnala un crollo delle partenze del 29,5%,  rispetto allo […]

Non servono le rassicurazioni di Monti e il + 6 di Piazza Affari di ieri: l’Italia si sente in crisi e l’italiano medio fortemente minacciato.

Così, anche se il caldo è impietoso e l’atmosfera rovente, siamo costretti a  boccheggiare in città e, in questo agosto, si segnala un crollo delle partenze del 29,5%,  rispetto allo stesso mese del 2011.

In una nota  Federalberghi  evidenzia anche un calo nel giro d’affari complessivo dell’estate 2012, pari al  22% rispetto allo scorso anno: a giugno le partenze hanno fatto segnare una contrazione del 21,5% (da 8,4 milioni del 2011 a 6,6 milioni), allo stesso modo di luglio (-13%, a 10,9 milioni) e, come si prevede in base ai dati, di settembre (-27,7%, a 3,6 milioni).

Ed arriva puntuale la nuova mazzata di Standard & Poor’s, che prevede per il pil italiano un calo del 2,1% nel 2012 e dello 0,4% nel 2013 e disegna una recessione “più profonda e lunga del previsto” per il Nostro Paese.

Confermando, poi, solo il rating di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Medio Banca, S&P  rivede al ribasso la propria valutazione su 15 banche, fra cui Monte dei Paschi di Siena.

“L’attuale stato dell’economia italiana sta aumentando la vulnerabilità della qualità degli asset delle banche italiane” mette in evidenza Standard & Poor’s, precisando che “l’insieme dell’aumento degli asset che presentano criticità e la riduzione delle riserve per la copertura delle perdite sui prestiti espone le banche a un possibile aumento delle perdite, soprattutto se il valore degli asset collaterali si deteriorasse”. Alla fine del 2011 gli asset con criticità rappresentavano il 51% del Tier 1 delle banche.

Alla fine del 2008 il rapporto era al 27% ma “alla fine del 2013 sarà vicino al 60%”. In ogni caso – precisa Standard & Poor’s – “i calcoli sono effettuati sulla media e quindi potrebbero mascherare performance diverse fra le singole banche”. L’agenzia di rating precisa di aver considerato, nell’assumere azioni su “32 istituzioni finanziarie italiane”, la previsione di un “calo moderato” in termine reali dei prezzi di real estate in Italia nei prossimi anni.

Standard & Poor’s mantiene comunque una valutazione del rischio dell’industria bancaria italiana a ‘4’, ovvero a rischio intermedio, anche se ha rivisto al rialzo – a 5 da 4 – il rischio di credito dell’Italia.

Inoltre, sempre l’agenzia americana, scrive nella sua nota, che ha preso azioni nei confronti di 32 istituzioni finanziarie italiane” e precisa che per 15 istituzioni è stato confermato il rating, per 15 è stato ridotto ed invece è stato  rivisto l’outlook di una banca (FGA CapitalSpa a BBB-/Negativo/A-3 da BBB-/Stabile/A-3).

E cattive notizie vengono anche dagli USA, che secondo vari economisti sono il vero centro della “infezione” che colpisce diffusamente gli altri Paesi.

Anche se in corsa contro Roonney e bisognoso di buone notizie, il presidente americano Barack Obama, commentando i dati del Dipartimento del lavoro che hanno evidenziato la creazione di 163.000 posti di lavoro a luglio, con un tasso di disoccupazione salito all’8,3%; ha detto che si sono ancora troppi disoccupati e persone che cercano lavoro negli USA.

“Sappiamo – ha aggiunto il presidente- che, da quando ho assunto l’incarico, ci sarebbe voluto del tempo ma sappiamo che se siamo persistenti e continuiamo a lavorare raggiungeremo” il punto in cui dovremmo essere dopo la “crisi economica più profonda e dolorosa dal 1930”. “Non arriveremo a quel punto se torniamo alle politiche del passato e l’ultima cosa che dovremmo fare è chiedere alla classe media di pagare più tasse. Ricostruire un’economia forte inizia con il ricostruire la nostra classe media e quello che ora dovremmo fare è dare alle famiglie della classe media e alle piccole e medie imprese la garanzia che le loro tasse non aumenteranno il prossimo anno”.

E non è rassicurante, per noi, la notizia secondo cui a l’Eurogruppo ha rimandato  a settembre la gestione della crisi.

Infatti,  i ministri delle Finanze dei 17,  si riuniranno lunedì 3 settembre a Bruxelles, la prima data utile della ripresa delle attività dopo la pausa d’agosto, per una riunione straordinaria dell’Eurogruppo.

La notizia trova conferma mentre il Fmi accusa la Ue di non avere fatto abbastanza per impedire il contagio della crisi e il premier spagnolo Rajoy per la prima volta ammette che Madrid potrebbe chiedere aiuti per fare calare la febbre dei rendimenti dei bonos.

Il 3 settembre sarà a Bruxelles anche il presidente della Bce Mario Draghi,  che prima del vertice con i ministri terrà un’audizione davanti alla Commissione economica del Parlamento europeo.

Per Draghi, sarà il primo confronto pubblico dopo il consiglio dei governatori che giovedì ha sancito, con la sola opposizione della Buba tedesca, la possibilità di un intervento dell’Eurotower in tandem con la Ue per raffreddare gli spread di Spagna e Italia.

E non ci piace leggere, in questa ridda di notizie allarmanti e negative che, così come riferito dal quotidiano ‘Jornal de Brasilia’, il giudice federale Alexandre Vidigal, presidente del Tribunale Distrettuale numero 20 di Brasilia, con un’ordinanza,  ha chiesto alla polizia di accertare dove si trovi Cesare Battisti: ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo, condannato all’ergastolo in contumacia per omicidio plurimo e al centro di una disputa per l’estradizione dal Brasile sfociata quasi in incidente diplomatico tra l’Italia e il Paese sud-americano, che risulterebbe  irreperibile, come ribadito per iscritto dallo stesso magistrato.

Battisti non e’ stato trovato all’indirizzo di Rio de Janeiro che aveva dovuto comunicare alle autorità, entro trenta giorni dall’elezione di domicilio, per consentire i periodici controlli previsti dalle leggi brasiliane. Vidigal ha fissato dunque un termine di cinque giorni per la localizzazione del 58enne ex terrorista: qualora le ricerche non sortissero alcun risultato, scatterebbe automaticamente un’inchiesta formale per l’individuazione dell’attuale di Battisti, da concludersi entro un mese. In caso di perdurante irreperibilità, la presenza del latitante italiano in territorio brasiliano diverrebbe irregolare, con i conseguenti provvedimenti del caso, eventuale estradizione compresa.

Battisti si è sottratto in vario modo e con vari appoggi, per quasi tre decenni alla giustizia italiana, fin dall’evasione risalente al 1981, seguita dalla fuga in Francia, Messico e infine in Brasile, dove fu arrestato nel 2007. Due anni più tardi ottenne lo status di rifugiato politico, revocato nel 2009 quando però l’allora presidente Luiz Inacio ‘Lula’ da Silva, al suo ultimo atto da capo dello Stato, oppose il proprio rifiuto all’estradizione. Condannato successivamente a due anni di reclusione per uso di passaporto falso, seppure da scontarsi in regime di semilibertà’, un anno fa Battisti ha infine ottenuto dalla Corte Suprema Federale del Brasile la definitiva conferma del non doversi procedere all’estradizione in Italia, con immediato rilascio: una conferma che la sua sparizione potrebbe tuttavia mettere una volta di più in discussione.

Ci fa infuriare, infine,  vedere come la vera protagonista delle trasmissioni olimpiche sia Sky, che, tra i 12 canali dedicati in HD e un canale 3D completamente dedicato ai Giochi (canale 150), garantisce giornalmente una copertura di oltre 2.000 ore di programmazione e il 100% delle competizioni degli azzurri; mentre la Rai (Rai 2) ha una programmazione di sole 12 ore.

E questo leggendo (sul Messaggero), che Sky ha acquisito i suoi diritti a tempo debito per 80 milioni e noi abbiamo acquisito dal gruppo di Murdoch la nostra piccola fetta pagandola ben  200 di milioni.

Come si ricorderà, il 1° maggio scorso, Rupert Murdoch, il magnate australiano proprietario di Sky, accusato di avere permesso che i giornalisti del suo gruppo spiassero famosi personaggi dello spettacolo invadendone la privacy., era stato “ritenuto inadatto a guidare un grande gruppo industriale”, dalla speciale Commissione del Parlamento Britannico.

Ora ci chiediamo, a conti fatti, cosa aspetti il nostro Parlamento per chiedere spiegazioni alla dirigenza Rai.

Dallo scorso 10 luglio, dopo mesi di bagarre politica, la RAI ha un nuovo consiglio d’amministrazione, ma i suoi problemi rimangono tutti.

Anzi, per amore di verità,  va detto che questi problemi sono usciti amplificati dalla surreale vicenda del voto della commissione parlamentare di Vigilanza.

Nello sbloccare la situazione di stallo ha pesato più la minaccia di commissariamento (concretizzatasi sotto forma di ipotesi di decreto legge), che la necessità di una scelta accurata.

Sul terreno rimangono i cocci della legge Gasparri e del suo meccanismo consociativo di nomina dei vertici del servizio pubblico radiotelevisivo, il calo della pubblicità e le operazioni “economicamente discutibili” della televisione di Stato.

Niente di nuovo sotto al sole (dirà, in sintonia con la stagione, più di un lettore): restano le lottizzazioni e gli sbagli di programmazione, la perdita di appeal e la incapacità di rinnovamento.

Per risanare la Rai è stato scelto Luigi Gubitosi che, dai tempi di Wind, si porta dietro la fama di “uomo delle forbici”.

Prima sfida sarà una “spending review” in versione radiotelevisiva, anche per verificare la congruenza dei conti della gestione di Lorenza Lei, su cui in parecchi avanzano dubbi.

Gubitosi dovrà andare a toccare, con l’appoggio del nuovo presidente, l’oscura  Anna Maria Tarantola, scelta dal vicecapo di gabinetto del Tesoro, Marco Pinto, i santuari ancora intatti della televisione pubblica e scontrarsi con resistenze politiche e sindacali, dall’Usigrai dei giornalisti, al potentissimo Adrai dei dirigenti.

Nel frattempo però bisognerebbe fare tesoro delle brutte esperienze e mettere mano al meccanismo di governante del servizio pubblico.

Se e si perderà anche questa occasione e ci si limiterà a riduzioni di prebende per presidenti e direttori generali,  la RAI continuerà il suo declino boccheggiante in una china discendente che ogni giorno in più assomiglia a quella dell’Alitalia.

Con l’aggravante che la percentuale di colpa dei partiti qui è infinitamente superiore e di rabbia dei cittadini che pagano il canone, infinitamente più alta.

Ancora più cupo il mio umore da aquilano, che legge ancora della mancanza di un master plan per la ricostruzione, con infiniti rimpalli di responsabilità e vede ancora fumose contorsione nella mente dei maggiorenti, per la celebrazione, fra pochi giorni, della Perdonanza Celestiniana numero 718: una edizione, ha detto il sindaco Massimo Cialente,  in linea con quella degli anni precedenti, orientata molto di più verso l’aspetto spirituale che a quello di natura più pagana.

Ed è questo un modo per dire che soldi per grandi manifestazioni non ve ne sono ed occorre adattarsi ad iniziative interne e a poco prezzo.

Il che va benissimo per coinvolgere e far vivere la città, a patto non dissipino i pochi denari nelle solite iniziative di basso tono (anche si di richiamo) e che poco a che vedere con un evento unico e solenne, che ebbe inizio nel 1295, contro la volontà di Bonifacio VIII, pontefice in carica, che tentò di annullare l’indulgenza celestiniana con una bolla emanata il 18 agosto 1295, cioè a soli dieci giorni di distanza dalla prima occasione che i pellegrini avevano per poterla lucrare.

Allora, i fedeli, i monaci di Collemaggio e l’autorità civile non si curarono del provvedimento del nuovo papa e, rifiutandosi di consegnargli la Bolla, così come era stato loro ordinato, si adoperarono da subito perché la cerimonia avesse il risalto che le si confaceva.

Un corteo solenne, al quale per disposizione statutaria dovevano prendere parte ogni anno il vescovo e il clero, vestiti con paramenti convenienti, con croci e vessilli, accompagnò la Bolla alla basilica di Collemaggio, affinché fosse letta e mostrata ai fedeli.

Ecco, mi sento di raccomandare ora, un tale atteggiamento, anche in forma di spettacoli ricreativi, ma senza reboanti e costose pop star che nulla hanno a che fare con la città e con la cerimonia.

La “nostra” Perdonanza (in tempi più antichi “Perdono”), precursicre del Giubileo, istituito da papa Bonifacio VIII, in concorrenza nel 1300, è stato nel tempo accompagnato da numerose altre manifestazioni di carattere civico e storico che si svolgono durante tutta l’ultima settimana di agosto, ma che, nelle sue edizioni migliori, hanno esaltato lo spirito e la cultura della città, orgogliosa del suo passato e delle sue eccellenze.

In altri e migliori periodi, si sono succeduti artisti del calibro di Biagio Antonacci, Franco Battiato, Goran Bregovic, Carmen Consoli, Pino Daniele, Fiorella Mannoia, Ennio Morricone, Massimo Ranieri, Zucchero; ma ora è bene riflettere che siamo in tempi diversi.

E siccome,  già a fine giugno, mancando una copertura economica per l’evento, le  associazioni culturali aquilane esposero le loro proposte all’assessore Stefania Pezzopane,  sarà bene ci si ricordi di queste, già allora definite dalla stessa “input interessanti”.

Bisogna davvero rivedere interamente la materia con il contributo culturale di tutti: musicale, teatrale, cinematografico o di altro tipo, studiandone impatto e fattività con razionale programmazione e senza le dubbie sperequazioni del passato anche recente.

Ed occorre sostenere, molto più intensamente, la creazione di un forum stabile (e non occasionale), fra associazioni culturali, istituzioni, operatori, intellettuali, sul tema “La nuova Perdonanza”, per discutere cosa e come, il messaggio celestini ano debba essere conservato e trasmesso e sul confronto tra religioni.

 Carlo Di Stanislao

 

 

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