Italia da riformare ed informare

Forse Mario Monti è in contatto con un discendente di John Dee o con uno che ne ha eredito la smisurata biblioteca, perché solo così si comprendono i suoi vaticini che, contrariamente a quanto ci dicono dati ed esperti, vedono, secondo lui, il 2013 come anno di ripresa; certo fioca e lenta e senza Pil […]

Forse Mario Monti è in contatto con un discendente di John Dee o con uno che ne ha eredito la smisurata biblioteca, perché solo così si comprendono i suoi vaticini che, contrariamente a quanto ci dicono dati ed esperti, vedono, secondo lui, il 2013 come anno di ripresa; certo fioca e lenta e senza Pil positivo, ma, comunque: “con profilo ascendente” e con un motore economico che, anche se a fatica, sia avvierà a ripartire.

Alla presentazione del piano Ocse, oggi Monti ha dichiarato che  Il governo ha fatto delle riforme anche strutturali e che “gli italiani stanno dimostrando di non essere particolarmente ostili nei confronti di coloro che le hanno fatte”, perché si sono ormai persuasi “che le riforme sono nel loro interesse”.

Non mi pare di cogliere, però, altrettanto ottimismo leggendolo il rapporto che sull’Italia dice che: “Il relativo declino del Pil pro-capite registrato dal 1995 può essere ascritto in larga parte ad una scarsa crescita della produttività” e aggiunge che: “mentre la produttività relativa del lavoro e’ migliorata in altri Paesi dell’Europa del Sud in seguito alla crisi, tale dato e’ praticamente rimasto invariato in Italia”, con una debole crescita della produttività che è generalizzata e colpisce la maggior parte dei settori dell’economia.

Nel suo commento Monti ha detto che “Il decreto salva Italia, adottato nel momento più acuto della crisi, è stato necessario per mettere in sicurezza i conti pubblici e rovesciare una deriva che stava portando il nostro Paese vicino ad una situazione molto critica, in fondo alla quale vi sarebbero state l’insolvenza del debito sovrano, l’incapacità di fare fronte ai pagamenti dello Stato e la perdita della sovranità economica e la cessione di fatto della responsabilità della politica economica a istituzioni sovranazionali a come il Fondo monetario, la Banca centrale europea e la Commissione europea”.

Ed ha poi criticato, dove aver ribadito di non essere intenzionato a ricandidarsi alla guida del governo, l’inerzia della politica, definita “comprensibile ma non giustificabile”.

Nell’intervento del premier largo spazio è stato dato al problema della corruzione nella Pubblica amministrazione italiana, da tempo al centro dell’attenzione dell’Ocse, che anche oggi è tornata a raccomandare “l’adozione del Ddl anticorruzione, il rafforzamento degli strumenti per la
lotta contro la corruzione e per l’integrità della amministrazione pubblica”.

Monti nel suo intervento, ha confermato l’intenzione del governo di fare “ogni sforzo” perché il ddl anticorruzione “sia portato a termine” all’interno di “un pacchetto equilibrato” in materia di giustizia, ma il suo dire appare generico e senza termini o scadenze.

Ha parlato anche di Fiat e detto che la casa torinese (non so però se si può ancora chiamarla così), “non ha chiesto aiuti né cassa in deroga” che, fra l’altro “non sarebbero stati concessi” e poi, citando José Angel Gurria, segretario generale della’Ocse, che ha invitato l’Italia ad “agire in fretta per stimolare la competitività, favorire l’innovazione, garantire un’istruzione di alta qualità, migliorare la coesione sociale e modernizzare la pubblica amministrazione”; ha aggiunto che dobbiamo anche combattere l’evasione fiscale, lottare contro la corruzione e aumentare l’integrità del settore pubblico.

Del ruolo delle riforme per il rilancio italiano ha parlato anche Daniele Franco, direttore centrale della Banca d’Italia, che, sempre alla conferenza Ocse, ha posto l’accento sull’importanza di poter contare su “una massa critica di riforme per cambiare il modo in cui gli operatori economici italiani e stranieri percepisco il futuro dell’Italia. Perché la crescita si fa nelle imprese e sono fondamentali le aspettative che le imprese hanno sul futuro del Paese e del sistema produttivo”. L’Italia deve anche fare i conti con la perdita di “quasi un quarto della produzione industriale”, e con “fenomeni rilevanti di migrazione di capitale umano di alta qualità”.

Ma, come scrive Il Fatto Quotidiano, in nove mesi di governo, Monti ha più annunciato che fatto riforme, con un atteggiamento sempre pronto ad aprire “tavoli”, “cantieri”, “laboratori”, “summit”, “vertici”, “commissioni” di “esperti”, “patti”, a elaborare “piani”, “mosse” e “cabine di regia”, a escogitare “rivoluzioni”, “pacchetti”, “manovre”, “riforme epocali”; con in mano “forbici”, “cesoie” o “mannaie” per i decisivi “tagli”, “strette”, “giri di vite” e “tetti” alle spese e agli sprechi, pronto ad approntare “scudi” anti-questo e anti-quello, a tracciare “road map”; a reclutare “task force” per lanciare “blitz” e “sprint”, dettare “agende”, “memorandum” e “priorità”, a intimare “alt”, “altolà”, “stop”, “No”, anche con “rabbia”, con “gelo” e con “ira”, se del caso, a nominare “commissari” anzi “super-commissari”; a tracciare “assi” internazionali ora con Sarkozy prima e poi con Hollande, con la Merkel, Cameron, Rajoy, con Obama e Draghi (l’altro “Super-Mario”), perscandire “start up”, “cronoprogrammi” e soprattutto a inaugurare la fatidica “fase 2”, quella della “crescita” e dello “sviluppo”; continuamente annunciata, ma mai davvero avviata o anche solo abbozzata.

E siccome da trenta anni siamo abituati alla politica delle chiacchiere, adesso, dopo nove mesi, di chiacchiere ne abbiamo davvero abbastanza ed anche di vaticini favorevoli (o quasi), non basati altro che su speranze, tanto vaghe quanto prive di dati e fondamenti.

A giudicare dai titoli di certa stampa pro-Monti, a nove mesi dalla entrata del governo tecnico, con tanti bravi Cincinnati disinteressati al potere e al gioco politico, chini sulle carte, curvi sui dossier, sempre tesi al bene comune, virili, atletici, scattanti come gazzelle; l’Italia dovrebbe navigare nell’oro, rivoluzionata e resa moderna ed europea da mille riforme e senza neanche un autentico problema.

Ma la realtà ci dice ben altro e ci insegna che, a furia di gridare al miracolo tecnico, si sono solo seminate illusioni spropositate, a cui ora cominciano a corrispondere delusioni altrettanto smisurate. Per colpa, ancora una volta, dell’“informazione” più conformista e servile del mondo, che ha seguitato a tradire la sua missione di informare i cittadini e di controllare il potere e a fungere da megafono, trombetta, cassa di risonanza del potere, a rilanciare le parole d’ordine del governo senz’alcun filtro critico, indipendente dal governo.

Siano avvertiti i nostri giornalisti e commentatori che, ad esempio, la luna di miele fra Monti e il suo governo e la stampa anglosassone era già finita a luglio quando il Times arrivava ad avvertire: “Meglio le elezioni anticipate che l’impotenza” e, in un’analisi firmata da Bill Emmott, scriveva che Monti è troppo cauto e cresce il rischio che i populisti euroscettici possano approfittarne.

Insomma dovremmo tutti, chi scrive o si sente di scrivere soprattutto, che restare in carica impotente non aiuta né l’Italia né l’Euro e che, come comincia a suggerire anche il Financial Times, ora è tempo di passare dalle parole ai fatti.

Carlo Di Stanislao

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