‘L’Impronta’ porta al Festival del Cinema Nuovo un pezzo dell’Aquila con ‘Lasciare Segni’

Scritturare e realizzare un film è uno dei tanti sogni che popolano nella mente di molti sordi. Sogno che si è tramutato nella realtà  con due cortometraggi girati nel capoluogo abruzzese con ragazzi sordi – “La realtà al contrario” e “Lasciare segni” – a conclusione di un Laboratorio per ragazzi sordi, condotto  grazie all’Associazione “L’Impronta”, con L’Ente Nazionale […]

Scritturare e realizzare un film è uno dei tanti sogni che popolano nella mente di molti sordi. Sogno che si è tramutato nella realtà  con due cortometraggi girati nel capoluogo abruzzese con ragazzi sordi – “La realtà al contrario” e “Lasciare segni” – a conclusione di un Laboratorio per ragazzi sordi, condotto  grazie all’Associazione “L’Impronta”, con L’Ente Nazionale Sordomuti e con il sostegno della Regione Abruzzo e della Provincia dell’Aquila.

‘Lasciare Segni’  con le straordinarie musiche dei Maxiata è stata ammesso, con sorpresa e gioia da parte dei protagonisti, alla fase finale della VIII edizione del Festival del Cinema Nuovo. Esso verrà proiettato il 20 ottobre 2012 presso il “Cine/Teatro Argentia” di Gorgonzola (Mi),  un pezzo dell’Aquila sarà in Lombardia.
Per i sordi, protagonisti e comparse, è stato faticoso realizzare questo cortometraggio in quanto essi stessi sono stati protagonisti in carne ed ossa del Terremoto che ha scombussolato la loro esistenza nel 2009.
Nel laboratorio, si è parlato molto del Terremoto e del tentativo di tramutare le emozioni, il dolore e la paura percepiti con gli occhi in scene con tecniche cinematografiche.
L’obiettivo del laboratorio è stato proprio quello di far conoscere al pubblico udente il modo di vivere visivo e di comunicare del Sordo attraverso le storie, una sull’amore tra due ragazzi sordi nella loro città, L’Aquila, colpita dal sisma del 2009, e l’altra sulla realtà al contrario vissuta da un udente in un mondo popolato dai sordi.
Il laboratorio è stato condotto dal regista Daniele Cini e dalla documentarista in collaborazione con Dario Pasquarella, un esperto sordo di cinema, ed Isolda Amati, un’assistente alla comunicazione.
Insieme al regista Cini, che vive in un mondo tutto sonoro, si è lavorato sulla produzione dei due cortometraggi che raccontano la sordità immersa nel sociale da due punti di vista differenti.
Perché si parla di punti di vista differenti? Perché nel laboratorio c’erano i sordi appartenenti a quelle che si potrebbero definire categorie sociali e culturali e che sono presenti nella società in cui si vive.
Esistono sordi che sono socialmente udenti con una propria cultura udente, ma clinicamente sordi, e che parlano in italiano e/o in altre lingue vocali.
Ci sono altri sordi bilingue, ossia coloro che conoscono l’italiano parlato e/o scritto e la lingua dei segni italiana, e portatori di due culture, udente e sorda in termini antropologici.
Ce ne sono altri ancora che conoscono la lingua dei segni italiana come madre lingua e l’italiano come seconda lingua.
Nel laboratorio, pullulavano queste categorie senza che i sordi ne fossero pienamente consapevoli e i docenti udenti, ignari di questo scenario linguistico e culturale, si trovavano in difficoltà comunicativa e relazionale.
In questo stesso scenario linguistico e culturale, fluttuavano due visioni in contemporanea, medica ed antropologica che andavano a scontrarsi silenziosamente.
Secondo la visione medica, il sordo è una persona da curare e da riabilitare con un iter logopedico e protesi acustiche o cocleari se possibile. Accanto a questa visione, si va pian piano affiancando quella antropologica secondo cui il sordo viene considerato non come un disabile in senso negativo, ma come un diverso, si potrebbe dire, anche sfiorando il paradosso e una provocazione, uno straniero, appartenente ad una minoranza culturale, con un bagaglio socio-culturalre e linguistico da valorizzare, da rispettare e da conoscere.
Per molti udenti e alcuni sordi, è incomprensibile sentire parlare di cultura sorda perché la sordità non ha affatto una componente culturale per diverse ragioni:
• per alcuni, il sordo è visto solo come un handicappato;
• per altri, poiché il sordo “parla”, è visto come un “udente” che vive e si rapporta all’altro come gli udenti.
La ricerca relativa alla cultura sorda, in realtà, è iniziata negli anni sessanta, negli Stati Uniti ad opera di linguisti come William Stokoe il quale dimostrò che i sordi avevano una loro cultura come tutte le minoranze linguistiche.
Finalmente, da più di 30 anni, l’Istituto di Psicologia del CNR di Roma studia l’esistenza di una cultura sorda, oltre quella della lingua dei segni italiana.
Quando si parla di cultura sorda, però, ancora molti udenti e alcuni sordi fanno delle obiezioni in quanto, non essendoci un luogo geografico popolato da soli sordi, è per loro impossibile pensare ad una cultura ed identità sorda. A tale obiezione, si può rispondere utilizzando le parole di Franz Boas: non vi è diretta relazione tra luogo geografico e cultura; forme di cultura diverse possono sorgere in uno stesso ambiente; forme di culture simili possono sorgere in ambienti diversi.
Per la studiosa Carol Padden, infatti, la cultura è ” un insieme di comportamenti appresi di un gruppo di persone che ha proprio il linguaggio, i propri valori, le proprie regole comportamentali e tradizioni [n.d.r.: Zuccalà A., in Cultura del gesto e cultura della parola: viaggio antropologico nel mondo dei sordi”.
Ritornando alle lezioni di cinema, alcuni sordi parlavano e altri segnavano e dopo parlavano.
Il laboratorio sembrava, allora, un’insalata linguistica con tante sfaccettature socio-culturali che partono dalla visione medica a quella antropologica e non si capiva più chi era la carota, chi pomodoro, chi prezzemolo e così via.
Identità mescolate.
Lingue parlate e segnate.
Culture amalgamate e non comprese immediatamente.
E’ stato difficile ritrovar-si ma è valsa la pena.
Scontrarsi, non capirsi, discutere e riflettere sono il sinonimo di integrazione, esperienza che ha permesso agli udenti di comprendere il significato della sordità e che saper parlare non significa essere totalmente autonomi nel mondo delle informazioni.
La conoscenza e il confronto con l’Altro sono da intendere, quindi, come condizioni indispensabili per combattere i pregiudizi e gli stereotipi che ancora influenzano i comportamenti nei confronti di chi, sordo od udente che sia, ha modi di pensare e di vivere diversi.
E’ stato meraviglioso spiegare al regista e alla documentarista come girare le scene dal punto di vista sordo, ossia vedere la realtà con gli occhi, anziché con le orecchie.
Invece di sentire, gli occhi catturano visivamente le parole e vedono che le mani eseguono i segni nello spazio, che le guance seguono un certo movimento, che la fronte si corruga e così via.
Per gli udenti, questi dettagli sono insignificanti o piuttosto normali senza un senso, mentre, per i sordi, rappresentano una parte della grammatica della lingua dei segni e della cultura sorda.
Dettagli che, per i sordi, non sono come tali.
Sono parte dell’esser-ci sordo ed, è questo il messaggio, che i cortometraggi vogliono dare al pubblico: la sordità è una ricchezza socio-culturale.
Il Festival del Cinema Nuovo è un bellissimo punto di partenza per questo messaggio.

Roberta Masci

4 risposte a “‘L’Impronta’ porta al Festival del Cinema Nuovo un pezzo dell’Aquila con ‘Lasciare Segni’”

  1. A. M. ha detto:

    Voglio cominciare dalla fine dell’articolo: la sordità è una ricchezza socio culturale. E’ cosi. Deve essere cosi in tutti gli ambiti, a partire da quello familiare dove purtroppo ci sono barriere linguistiche e dove e’ necessario cambiare l’approccio socio-educativo. la sordità non e’ una malattia incurabile, e’ una diversità che può diventare un’occasione di arricchimento culturale per il sordo stesso e per il contesto socio- culturale in cui interagisce. e’ un’opportunità di crescita e confronto fra esperienze diverse in cui si ritrova la vera identità linguistica e personale. Come se ci si trovasse in un ambiente multiculturale, dove le varie etnie si possono incontrare. È un approccio socio educativo anche e soprattutto nelle aule scolastiche, secondo luogo importante dopo la famiglia, dove molto spesso i bambini sordi subiscono traumi nella fase delicata dello sviluppo delle loro abilità cognitive, linguistiche e sensoriali, con possibili ricadute psicologiche che alimentano comportamenti di impulsività, bassa autostima e aggressività. Purtroppo a volte vengono brevemente diagnosticati anche un po’ ritardati a livello cognitivo ed altre presupposizioni che non sto qui ad elencare. Mi auguro che negli anni a venire ci sia una migliore informazione aperta e capillare, anche attraverso i vari media, affinché le nuove generazioni e perché no, anche quelle precedenti, possano vivere e godere appieno la vita senza dover stare “attenti” a superare le “barriere linguistiche e socio culturali” che attualmente ce ne sono ancora abbastanza da rendere la vita quotidiana misurata, studiata e poco serena.

  2. Konkilai(laura S.) ha detto:

    Robi sei fantastica!Baci Laura!

  3. Ninodiben ha detto:

    Le musiche sono sololo dei Maxiata o c’è qualche altro autore???

  4. Ospite ha detto:

    Anche Giuseppe Di Benedetto…

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