Tre donne, un rogo e l’esempio di Calamandrei

Non se aveva certo bisogno ma, in questa Italia sempre pronta all’inutile, compare anche a destra un rottamatore (meglio rottamatrice): Daniela Santanchè, la “passioniara” uscita dal partito nel 2008 per andare con “la Destra” di Storace, poi rientrata, ma sempre in rotta di collisione col gran capo, che adesso spara a zero e vuole mandare […]

Non se aveva certo bisogno ma, in questa Italia sempre pronta all’inutile, compare anche a destra un rottamatore (meglio rottamatrice): Daniela Santanchè, la “passioniara” uscita dal partito nel 2008 per andare con “la Destra” di Storace, poi rientrata, ma sempre in rotta di collisione col gran capo, che adesso spara a zero e vuole mandare in pensione tutti i dirigenti che hanno occupato posizioni di primo piano, facendo infuriare Angelino Alfano (che non ha ètà da quiescenza), ma anche Quariarello, Cicchitto e Formigoni e mette in imbarazzo lo stesso Berlusconi,  che è costretto a mandare avanti il fido portavoce Bonaiuti a dire che lui con le esternazioni della rottamatrisce e “sfascita” non c’entra proprio nulla.

Dalla parte della fiera Santanchè vi è il Foglio di Ferrara, che chiede ha tutti coloro che hanno avuto incarichi di governo e ruoli di primo piano di fare un passo indietro, mentre la “passioniaria” grida dai microfoni di Città Futura  che “bisognerebbe abituarsi ad essere meno omertosi e a dire veramente e in maniera trasparente quello che succede nel nostro partito: io non ho difficoltà a dire che sarebbe opportuno sciogliere il Pdl e ripartire con una cosa nuova”.

Intanto Cicchitto, che resta per ora, almeno sulla carta, quello delegato a farlo, lavora sul rilancio del centrodestra e parla di ipotesi di alleanze: “Da Montezemolo all’Udc si rivolge quest’attività di rilancio. Siamo molto lontani dalla sinistra che coagula l’alleanza politica tra Bersani e Vendola. E’ evidente che si profila un’alleanza di sinistra molto radicalizzata che può vincere solo se i moderati rimangono divisi”. Su Casini aggiunge: ” Trattative né andate a buon fine né fallite”.

E rivolge un pacato invito anche alla rottamatrice infuriata  Santanché: ” a pensare e riflettere”, per poi infilarsi  anche sulla delicata questione lombarda dei rapporti tra Maroni e Formigoni, per augurarsi: ” che con l’intervento di Alfano si trovi una soluzione per procedere positivamente con la Lega verso le elezioni in Lombardia”.

E se una donna mina il partito (vecchio e già sfasciato) di Berlusconi, altre donne lo difendono e ne compongono, scrive oggi Il Tempo, il nuovo cerchio magico al potere.

Al primo posto la deputata Maria Rosaria Rossi, che, secondo Repubblica, dal giugno scorso, di fatto scrive l’agenda del Cavaliere.

Poi la Napoletana Francesca Pascale, che ultimamente appare spesso al fianco dell’ex premier in situazioni a metà tra il pubblico e il privato, che si è dimessa dall’incarico di consigliere provinciale di Napoli con la motivazione che non le piace il modo di fare politica che si fa in Campania e che ormai, pare, sia ospite fissa di Villa Certosa.

La bella Pascale, a luglio, era stata indicata come la nuova fiamma del cavaliere e certo il fisico lo possiede e lui, anche se over 70, è noto per le sue prodezze amatorie.

A parte dover stabilire se la Pascale abbia già un posto pronto in Parlamento o un posto in Mediaset, o se sarà la prossima signora Berlusconi; ciò che è certo è che non va d’accordo non le alte donne, La Rossi in prima fila, che compongono la prima linea di ascolto e di consiglio del cavaliere.

Ma la cosa divertente (ed amara), è notare come continua in Italia un malinteso e maligno matriarcato per procura, sicché, per un cerchio magico che tramonta, un altro si è insediato stabilmente all’apice della piramide berlusconiana e, come quello che ha blindato il Senatur, formato da poche paladine, con la sua “badante” Rosi Mauro, la moglie e le poche altre; ora anche Berlusconi gradisce la compagnia femminile e non solo nei dopo cena.

Passando ad altro argomento ed altra donna, scandalo ha destato, in molti e non solo del Pdl, (anche nelle file di Udc, Idv e Sel),  la nomina, recentissima, di Giovanna Melandri a presidente della Fondazione Maxxi, effettuata dal ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghie che per molti ha il sapore di un salvataggio nei confronti di un politico (o politica) di lungo corso che, come i colleghi Walter Veltroni e Massimo D’Alema, potrebbe trovarsi nelle condizioni di non essere candidabile alle prossime elezioni e, in questo modo,  fa nascere il sospetto di un vero e proprio riciclaggio di fronte allo spettro della disoccupazione.

Comunque lei non entra nella polemica e si limita a ringraziare Ornaghi e garantire che lavorerà ”con passione”, rivendicando a sua volta la sua scelta di istituire, nel luglio del 1999, ”il centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee, da cui il Maxxi prese le mosse”.

Mentre Ornaghi cerca di smorzare i toni dicendo che la scelta è caduta su chi nel Maaxi ha creduto fin dal primo momento, la nomina della esponente Pd pone fine alla gestione straordinaria del Maxxi,  decisa cinque mesi fa tra le proteste per la sostituzione di Pio Baldi, alla luce dei conti in rosso e del calo di visitatori (a fine anno e’ atteso un -22%).

Ora si tratterà di vedere se se la ex-politica sarà in grado di rimettere nella corretta direzione la sua creatura.

Guai anche, nell’altro campo, per la già molto inguaiata Polverini, ripresa in un video in macchina contromano,  per andare a fare shopping, pizzicata da una motociclista che l’avrebbe seguita di senso vietato in senso vietato, da via del Corso fino a Testaccio, sulla soglia di Boccanera, un negozio specializzato in scarpe delle griffe più prestigiose e non proprio a buon mercato

Si difende la governatrice dimissionaria del Lazio, già nella bufera da settimane per la questione delle elezioni seguito allo scandalo Fiorito e dice “era la mia auto di scorta non un’auto blu e deve garantire la mia sicurezza tutto il giorno”, aggiungendo tuttavia che, “considerate le ultime notizie, ne ha richiesto la sospensione”.

Una sospensione di lucidità, invece, causata dalla disperazione, ha indotto, nelle stesse ore, un rumeno a darsi fuoco di fronte al Quirinale, dopo essersi cosparso di alcool e riducendosi in fin di vita, perché esasperato dal non potere garantire alla sua famiglia neanche il necessario per vivere, in quanto  disoccupato da tempo.

Lavorava come camionista per una grossa ditta di autotrasporti che, tempo addietro, lo aveva licenziato. L’uomo, sposato e padre di una bambina, era autista di tir per la una azienda trentina e, a quanto si è appreso, aveva tentato molte strade per essere riammesso al lavoro; ma tutte rivelatesi inutili.

L’episodio si aggiunge a una serie di gesti estremi che si sono verificati negli ultimi mesi; gesti in cui troppo spesso l’esasperazione prevale su ogni alto sentimento.

Secondo una statistica elaborata dalla Coldiretti sarebbe almeno 120 le persone che si sono suicidate a causa della crisi economica dall’inizio  dell’anno,   ma è probabilmente un dato sottostimato,  visto che al momento non esiste un osservatorio su questo dramma autentico ed in espansione,  che colpisce a tutte le latitudini persone anche di differente estrazione sociale.

Una tragedia che riguarda  lavoratori ed imprenditori che non vedono più prospettive e sono angosciati per il proprio futuro e quello delle proprie famiglie.

Comportamenti estremi che riflettono una situazione di sofferenza economica che riguarda un numero elevato di famiglie e imprese,  spesso aggravata dalla stretta creditizia e che non trova risposte in una politica in tutt’altre faccende affaccendata ed invischiata e in tecnici che si preoccupano solo di far quadrare i conti di Banche e grandi gruppi finanziari.

A giugno del 2012, quando era ancora sottosegretaria del governo Berlusconi, la Santancé dichiarò alla stampa: “Io sono Giovanna D’Arco, che prima è stata messa al rogo e poi fatta santa, anche se io santa lo sono già di nome. La caccia alle streghe è stato un periodo oscurantista, e io non mi sento ne’ una strega ne’ una santa, ma una donna che si pone il problema degli elettori che ci hanno abbandonato. Basta con le menate, con i congressi, le correnti, con i parrucconi che parlano al loro ombelico”.

Bene! E’ ora di dire a lei e a quelli come lei (maschi e femmine): basta per davvero. Come ha scritto su Testimonianze Vannino Chiti tempo fa, la politica, quella buona, deve tenere stretta la relazione tra il dire e il fare: i valori che si assumono, i progetti che si costruiscono, le attuazioni che di essi si riesce a realizzare.
Gli ideali, ciò che fonda una cultura politica e la rinnova, non nascono né crescono e si diffondono come i funghi, per annate di sole o di pioggia. Richiedono confronto, messa a punto rigorosa, impegno per costruirvi consenso e partecipazione attiva. L’assenza di questi riferimenti forti produce sempre  esiti clamorosi.

Oggi, e non solo in Italia, ma da noi in modo comunque acuto, viviamo una crisi profonda, che scuote non un ciclo economico ma gli assetti di una specifica e datata organizzazione capitalistica del mercato, quella della finanziarizzazione dell’economia, del suo predominio sulla produzione; quella che vede il mercato espandersi e tentare di conquistare l’intera società; quella infine che produce dissesto ecologico e rischi di distruzione della casa comune dell’umanità, il nostro pianeta.

Sicché, come disse Piero Calamandrei in un  discorso straordinario del 1955, un anno prima di morire, tenuto a Milano agli studenti universitari e medi, per cambiare l’Italia e restituire grandezza alla politica, oltre a tutti gli altri valori occorre conservare l’impegno e l’indignazione e respingere l’indifferenza , perché essere disimpegnati non è una virtù ed anche scrivere un piccolo pezzo che in pochi leggeranno, può servire a rendere migliore la vita dei singoli e della comunità.

Si ricorderà che, tornato libero, Kesselring sostenne di non essere affatto pentito di ciò che aveva fatto durante i 18 mesi nei quali tenne il comando in Italia ed anzi dichiarò che gli italiani, per il bene che secondo lui aveva loro fatto, avrebbero dovuto erigergli un monumento.

In risposta a queste affermazioni Piero Calamandrei scrisse la celebre epigrafe, dedicata a Duccio Galimberti, “Lo avrai, camerata Kesselring…“, il cui testo venne posto sotto una lapide ad ignominia di Kesselring stesso, deposta dal comune di Cuneo e poi affissa anche a Montepulciano, in località Sant’Agnese, a Sant’Anna di Stazzema, ad Aosta, all’ingresso delle cascate delle Marmore e a Borgo San Lorenzo, sull’antico palazzo del Podestà.

Ora siamo chiamati noi a scrivere nei nostri cuori e pronunciare a voce alta, l’ignominia nei confronti di coloro che, per salvaguardare se stessi, rovinano una intera Nazione, la sua reputazione e credibilità, la sua spinta propulsiva, affermando,  in sovrappiù, che sono anche meritori.

Carlo Di Stanislao

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